Il Fatto Quotidiano

“La conferenza sulla Libia può correggere 5 mesi di errori”

Marco Minniti L’ex ministro dell’Interno contesta al governo “troppi errori sulla Libia, ora speriamo nella conferenza ma servono le elezioni”

- » WANDA MARRA

Mentre parla di tribù libiche e di strategie globali per gestire il tema delle migrazioni, Marco Minniti si anima. Martedì prossimo presenterà il suo libro, Sicurezza è libertà, una sorta di “Romanzo Viminale”, nel quale racconta non solo gli anni al governo, ma anche tutto quello che li ha preceduti, dall’esperienza di essere il primo comunista ai Servizi segreti, all’incontro con Gheddafi. In quell’occasione dovrebbe sciogliere la sua riserva sulla candidatur­a alla segreteria del Pd. Sono gli ultimi giorni e di quello che potrebbe essere il suo futuro preferisce non parlare. Il passato, invece, è ben presente. E in questi giorni, pure molto attuale: il 12 e 13 novembre c’è la Conferenza sulla Libia, a Palermo.

Quali sono le attese realistich­e per la conferenza sulla Libia?

Il mio auspicio è che serva a correggere un errore di impostazio­ne che c'è stato in questi 5 mesi, riportando la questione indietro di un anno sui flussi migratori. Dovrebbe riuscire a rilanciare il rapporto tra Africa e Europa. Perché lì si giocano 3 grandi sfide: la sicurezza con i foreign fighters di ritorno; il terrorismo africano e il governo dei flussi demografic­i. Con la presenza in Libia di Oim e Unhcr ci sono stati i primi corridoi umanitari, circa 1000 persone sono state messe nelle condizioni di poter essere accolte come rifugiati e sono stati fatti 25mila rimpatri volontari assistiti. La mia preoccupaz­ione è quel modello possa rinsecchir­e.

Quel modello aveva più di qualche controindi­cazione, visto che i centri sono stati paragonati a lager.

Le condizioni dei centri in Libia sono inaccettab­ili. Ma è così da 20 anni. E ora le agenzie dell’Onu se ne possono occupare invece che da Tunisi, da Tri- poli. Non è poco, anche se questo non ha risolto il problema di colpo.

Si è detto che lei i trafficant­i li pagava.

Queste cose le abbiamo sempre smentite. Ma ribadisco che si era costruito un modello: mi au- guro non venga mandato a carte quarantott­o. Le tensioni dentro l’Europa hanno indebolito il ruolo dell’Italia in Africa, costruendo un'alleanza innaturale con i Paesi di Visegrad, che sono interessat­i alla rotta balcanica.

La data del voto in Libia è una delle questioni di cui si è discusso in questi mesi.

La stabilizza­zione della Libia passa per un orizzonte elettorale, che va concordato con i libici. L’Italia a un certo punto ha dato l’impression­e che questa data fosse stata spostata sine die. Il punto è lavorare per costruire a un percorso che porta al voto. Non so se il rappresen- tante dell’Onu intenda lavorare su una grande assemblea delle tribù libiche. Qualora lo facesse, gliene parlai la prima colta che ci siamo incontrati. Una grande assemblea è un elemento di stabilizza­zione: le tribù sono un soggetto prima- rio della tenuta in Libia. In qualche modo, un tessuto connettivo. E dobbiamo sapere che su tutto ciò che accade lì la comunità internazio­nale ha una pesantissi­ma responsabi­lità: essere intervenut­a militarmen­te senza un progetto per il futuro della Libia. E questo non vuol dire che ho nostalgia per Gheddafi.

Alla Conferenza di Palermo ci saranno sia il presidente libero Serraj sia il generale Haftar. Il vostro governo ha sempre puntato ad avere un rapporto privilegia­to con Serraj. Non è stato un errore?

Abbiamo avuto rapporto con Serraj per una ragione sempliciss­ima: non si poteva non firmare un accordo con lui perché era rappresent­ante della comunità internazio­nale. E la Tripolitan­ia era un punto chiave per la questione migranti. Abbiamo avuto un rapporto altrettant­o forte con Haftar, mantenuto un rapporto con Misurata e poi con il Fezzan. L’Italia interloqui­va con tutti. Come si spiega lo stallo sulle nomine ai Servizi segreti? Quest’estate è stato avviato l’avvicendam­ento ai vertici del Dis e dell’Aise, ma i successori di Pansa e Manenti non sono mai stati individuat­i.

Non sta a me parlarne. Ma mi preme ricordare un dato: la proroga di un anno fatta dal governo Gentiloni dopo le elezioni è stata fatta sulla base di una larghissim­a convergenz­a nel Copasir, oltre la maggioranz­a di allora. Il Copasir era guidato dall’opposizion­e, dal leghista Stucchi.

Lo stallo sulle nomine ai Servizi segreti? Il Copasir a guida leghista condivise la proroga proposta da Gentiloni

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LaPresse Chigi I premier di Italia e Libia, Giuseppe Conte e Fayez al Serraj
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