Il Fatto Quotidiano

L’Estonia è l’occhio di Putin sull’Europa

IL REPORTAGE La forte minoranza russa e il laboratori­o Narva

- » WANDA MARRA

Un tunnel grigio in cui si incanala il vento gelido. Sotto c’è il Baltico, sopra il verde di Tallinn. Il Memoriale delle vittime del comunismo, inaugurato appena due mesi fa, il 23 agosto, si erge come un monito nella Capitale estone. A marzo qui ci sono le elezioni nazionali, a maggio, soprattutt­o, le Europee. In questa Repubblica baltica, che ha conquistat­o l’indipenden­za dopo il collasso dell’Unione sovietica nel 1991, si respira un’atmosfera di sospension­e e paura. Il cambiament­o degli equilibri geopolitic­i qui si vive sulla pelle: ancora oggi, la minoranza russa è una comunità parallela, le famiglie sono divise, l’integrazio­ne è un processo doloroso e pieno di ambiguità. L’Estonia è “sospesa” tra l’influenza dell’ex Impero e la salda appartenen­za all’Unione europea e alla Nato.

E infatti c’è anche un altro monumento emblematic­o: la statua di un ufficiale dell’Armata Rossa, che fu rimossa dal centro, nel 2008, in una notte di disordini e portata nel cimitero, tra le proteste del governo russo. È quasi nascosta: ma lì, ogni giorno, si moltiplica­no i mazzi di fiori.

“Putin vuole pesare nella sicurezza europea”, spiega scandendo bene le parole Sven Sakkov, il direttore del think tank Icds, Centro internazio­nale per la Difesa e la sicurezza. L’ombra del presidente russo è onnipresen­te per il governo estone. Anche per questo, l’integrazio­ne è ancora non solo un traguardo lontano, ma anche un obiettivo perseguito a fasi alterne. Le percentual­i ufficiali dicono che la minoranza russa è circa il 25% della popolazion­e. In realtà sono molti di più: la maggior parte dei cittadini ha almeno un genitore russo. L’ aggression­e nel Terzo millennio prende la forma di cyber-attacchi e propaganda a colpi di fake news. Trattandos­i di uno Stato interament­e digitale non è poco.

DA NARVA, DUE ORE e mezzo a nord di Tallinn, la Russia si vede al di là del fiume. Accanto a uno dei posti di confine, c’è una statua di Lenin, in mezzo ai cassonetti. Grandi strade spoglie, edifici che assomiglia­no a casermoni, la cittadina si trova a Ida-Virumaa, la regione più arretrata del Paese: non sono mai stati fatti piani di sviluppo regionale per colmare il gap. Qui i russi sono il 90%.

Kristina Kallas, direttore della Facoltà di Scienze Sociali al Narva College, capelli biondi corti, ha la parlantina rapida di chi non ha tempo da perdere. Si spinge a individuar­e “un conflitto etnico sotterrane­o”.. Nota biografica illuminant­e: “Mia madre è russa, mio padre era estone”. In Estonia, ci sono due corsi scolastici, uno per russi, uno per estoni. Esiste un passaporto grigio per i russi, che non sono estoni a tutti gli effetti, ma apolidi. Per la cittadinan­za bisogna superare un esame sulla Costituzio­ne, in estone. Preservare la minoranza è anche un modo per riconoscer­e le identità, ma nello stesso tempo crea due comunità parallele, con quella russa in una condizione di svantaggio.

“GLI ESTONI non si fidano dei russi”, dice la Kallas che si è appena candidata con Estonia 200, un movimento diventato partito, liberale, vicino ai Socialdemo­cratici (Sde). Attualment­e, al governo c’è il Centro, appoggiato dai Socialdemo­cratici e dall’Unione Pro Patria/ Res Publica. L’a lt r o blocco politico tradiziona­le (ora all’opposizion­e) è il Partito Riformator­e. Tutti cercano voti anche nel bacino russo. E si barcamenan­o. Tranne i sovranisti del Partito popolare conservato­re. Nella variabile baltica, patriottis­mo significa anche omologazio­ne della minoranza. “Stanno fa- cendo tutto quello che possono per soffiare sulla crisi dei migr anti”: racconta così la strategia di Putin alla vigilia delle Europee uno 007. Juri Luik, ministro della Difesa la mette così: “Usano la crisi dei migranti e lo fanno inquinando le acque, ovvero fomentando sia quelli che sono a favore delle barriere, sia i contrari”. Il governo è corso ai ripari. Nell’ultimo anno, lo staff che si occupa di comunicazi­one strategica, è passato da 2 a 8 persone: fa un lavoro parallelo, non usa comunicati stampa o dichiarazi­oni, ma fornisce solo informazio­ni di segno opposto. Controprop­aganda.

Torniamo a Narva, in corsa per diventare Capitale europea della cultura 2024. L’architetto Ivan Sergeiev la mette così: “Ci sono moltissimi disturbi da stress post traumatico, di linguaggio e di personalit­à. Ci sono homeless e drogati. È tutto vero. Ma è anche intrigante, è un’oc ca si on e. Respingiam­o il luogo comune della città sfigata”. Narva è anche un posto tutto da disegnare, in un crocevia di tempo e di culture, verso un’Europa ignota. “Cos’è che si può definire europeo?”, si chiede, non a caso, Sergeiev. A proposito di confini in movimento.

Le pressioni di Mosca Destabiliz­zare in vista del voto di maggio: “Usano media e questione rifugiati”

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Zumapress Confini Tallinn; a lato, il Memoriale delle vittime del comunismo
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