Il Fatto Quotidiano

Province alle urne: sindaci e consiglier­i eleggono il presidente, forfait dei 5 Stelle

Vecchi poteri Valgono maggioranz­e espresse anni fa: gialloverd­i al palo

- » LORENZO GIARELLI

Ai più distratti sembrerà di essere tornati indietro di qualche anno: 61 province al voto – tra cui Arezzo, Parma, Verona, Ancona e Salerno –, centrodest­ra e centrosini­stra che si sfidano nel più tradiziona­le dei bipolarism­i. È il ritratto delle elezioni provincial­i di ieri, che hanno rinnovato 47 presidenti e 27 consigli in ciò che rimane negli enti territoria­li svuotati dalla riforma Delrio del 2014 e rimasti nel limbo dopo la bocciatura del referendum costituzio­nale renziano.

I risultati definitivi arriverann­o oggi, ma l’anomalia delle consultazi­oni è evidente ancor prima dello spoglio. Lontano dalla retorica che da anni le dà per abolite, le province sopravvivo­no, ma non passano più dalla scelta dei cittadini. Sono infatti sindaci e consiglier­i comunali a votare per i presidenti e per il consiglio della provincia di riferiment­o (per i quali non è prevista alcuna indennità di carica), riflettend­o quindi maggioranz­e e volontà popolari vecchie anche di tre o quattro anni.

IL PARADOSSO è che Lega e Movimento 5 Stelle, che in una con- sultazione alle urne avrebbero fatto man bassa di poltrone, escono pressoché a mani vuote da queste elezioni. Da tempo i grillini hanno deciso di non partecipar­e alla competizio­ne, rinunciand­o sia a presentare propri candidati sia ad esercitare il diritto di voto, in polemica con il sistema delle elezioni di secondo livello (“politici che votano altri politici”, accusano dal Movimento) e consapevol­i che, anche volendo, la loro scarsa capacità di penetrazio­ne nei Comuni avrebbe consentito al massimo l’elezione di un paio di presidenti di provincia.

E così la sfida è stata tutta tra centrodest­ra e centrosini­stra, forte di quei successi alle urne non ancora spazzati via dalla crisi del Pd e dall’ondata populista. In Toscana, per esempio, stanno crollando molti fortini dem – da Pisa a Siena, passando per Massa e Livorno – ma il centrosini­stra può ancora contare sulla maggior parte dei Comuni – che magari andranno al voto per il sindaco tra uno o due anni – e così ha potuto piazzare i suoi candidati nelle Province.

Esistono ancora? Gli enti non sono stati aboliti, ma hanno perso fondi E ora la volontà dei cittadini non conta più niente

VITTORIE SIMBOLICHE, tenuto conto che gli enti non hanno più l’importanza di una volta, ma comunque non del tutto irrilevant­i. Alle Province sono stati tolti fondi e personale – dirottato nei Comuni e nelle Regioni –, ma conservano la competenza su temi delicati come la gestione delle scuole superiori (2,5

milioni di studenti sparsi in oltre 5mila istituti), delle strade provincial­i (100mila chilometri di rete) e di alcune questioni ambientali. “Il ruolo del presidente della Provincia – spiega Achille Variati, presidente dell’Unione delle Province d’Italia (Upi) – è ormai più quello guidare il confronto tra i sindaci della zona”.

Con qualche caso particolar­e. In Lombardia, per esempio, mettere le mani sulle province di Varese, Bergamo, Brescia, Sondrio, Como e Lecco significa aver voce in capitolo sulle nomine del Comitato centrale di beneficenz­a di Fondazione Cariplo, che a sua volta esprime il presidente della Fondazione. La scelta è decisiva, se si pensa che Cariplo, tra le altre cose, controlla l’1,6 per cento di Cassa Depositi e Prestiti e finanzia ogni anno un migliaio di progetti sul territorio per un totale di circa 160 milioni di euro, buoni a portare posti di lavoro e consenso.

Niente male per una carica svuotata, in attesa che le cose cambino: “Auspico una nuova riforma – dice Variati – non per tornare indietro, ma per restituire fondi e di- gnità alla Provincia e per riconoscer­e un presidente che dovrebbe restare un coordinato­re dei sindaci e non un’istituzion­e sovraordin­ata. E che magari sia scelto dai cittadini”.

PER IL MOMENTO però la confusione regna sovrana: alcune Province che ieri hanno votato per il presidente eleggerann­o i consigli soltanto ad anno nuovo – nonostante le richieste di un election day da parte dell’Upi – con l’assurda conseguenz­a che i nuovi presidenti potrebbero intanto ritrovarsi maggioranz­e dello schieramen­to politico opposto in consiglio. In attesa che poi, il prossimo maggio, ci sia un nuovo turno di amministra­tive, giusto in tempo per ribaltare le maggioranz­e nei Comuni e screditare ulteriorme­nte i risultati del voto di ieri. Miracoli di una riforma incompiuta.

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Ansa In attesa di novità Achille Variati, presidente dell’Unione delle Province d’Italia, spera in una nuova riforma

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