Il Fatto Quotidiano

Il colonnello della Cri scrisse al tecnico contro la riforma: “E lui comprava casa”

“Fu un errore finanziari­o e un’umiliazion­e per il personale”

- T. MACK.

“Sono

rimasto amareggiat­o, ma non sorpreso. In troppe occasioni abbiamo trovato muri di gomma sulla gestione della Croce Rossa. Abbiamo scritto pagine di storia di questo ente che era motivo di vanto nel mondo, all’epoca di Scelli. Io mi sono anche ammalato per le missioni. Poi leggi queste cose e dici: per che cosa l’abbiamo fatto? Perché buttano via tutto?”. Il colonnello Emerico Maria Laccetti era e resta un pezzo importante di Croce Rossa. Ha svolto missioni d’emergenza in mezzo mondo e ha dato un nome e una scossa alla battaglia dei militari per il riconoscim­ento delle vittime da uranio impoverito.

QUESTO FINCHÉ la “r io rg anizzazion­e” avviata da Mario Monti nel 2012, assistita dall’ alto dal Tesoro e dalla Ragioneria dello Stato, ha travolto anche lui, facendolo transitare – dopo 32 anni – nei ruoli del Viminale, a occuparsi degli stipendi dei poliziotti.

Il caso vuole che Laccetti, un anno fa, si fosse rivolto proprio al capo di Gabinetto del Mef, Roberto Garofoli, con una lettera molto accalorata nella quale chiedeva che il ministero dell’Econ omia desse parere favorevole agli emendament­i al decreto fiscale allora in discussion­e, che avrebbero ristabilit­o la natura pubblica dell’ente e mantenuto il patrimonio immobiliar­e e le profession­alità della Croce Rossa. La lettera inviata il 30 novembre 2017 non ebbe risposta, gli emendament­i in merito furono bocciati dopo il parere contrario di via XX Settembre.

Ieri Laccetti aprendo il Fatto Quotidiano resta di sasso. Scopre che proprio nei giorni in cui lui e diverse forze politiche (e molti eletti del Pd, allora maggioranz­a) si appellavan­o al supertecni­co del Mef per “salvare” il patrimonio della Croce Rossa, lui stava concludend­o coi suoi ver- tici la risoluzion­e di una lunga controvers­ia per l’acquisto di un immobile donato a scopi sociali che diventerà invece parte del suo B&B di lusso a Molfetta. “Quando l’ho letto – dice Laccetti – ho pensato che abbiamo toccato il fondo, ormai non sono i ricchi e i forti a finanziare la Croce Rossa, ma il contrario”.

IN QUELLA LETTERA, l’ex colonnello che al primo giorno da civile al Viminale si presentò ancora in mimetica, chiedeva a Garofoli di guardare bene i conti: “Le procedure di alienazion­e degli immobili per abbattere il debito della Croce Rossa non hanno dato risultati apprezzabi­li” sotto il profilo finanziari­o. “Pensando che Garofoli possa aver fatto un affare su quella vendita mi sento anche un po’ ingenuo”, dice ora il colonnello Laccetti.

Ma peggio, assicura, si sentiranno quei colleghi trasferiti dove capita per motivi di presunto risparmio. “C’è un maresciall­o che è finito a fare il bidello, un gruista che era un vero fenomeno col bilico e ora fa il cancellier­e alla Cassazione, suscitando imbarazzo in sé e negli altri. Come per migliaia di colleghi finiti dall’oggi al domani dietro una scrivania, a compilare scartoffie di cui quasi nulla sanno, mentre le loro competenze sono state buttate al vento per un’operazione di finto risparmio. Spero di non esserci il giorno in cui arriverà l’emergenza che ci mostrerà sguarniti di quelle profession­alità”.

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E. Laccetti è finito al Viminale

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