Bettino “lo statista” e la vulgata di Silvio su Mani pulite
Bisogna difendere Craxi dai craxiani. Ogni mesto raduno in suo onore si trasforma in una triste messinscena che, invece di riconoscere quello che di buono c’era in lui e nella Prima Repubblica (il primato della politica sugli affari, che c’erano, ma che poi nella Seconda hanno preso il sopravvento), finiscono per ridurlo a una macchietta santificata da nostalgici inguaribili e pasticcioni. L’ultima imbarazzante cerimonia si è tenuta a Milano qualche giorno fa, per presentare un volume che raccoglie scritti di Bettino Craxi sotto il titolo, non proprio originale, Uno sguardo sul mondo.
Protagonisti: la figlia Stefania, che dovrebbe imparare da suo fratello Bobo come si onora il padre; e l’amico Silvio Berlusconi, che con la sola sua presenza, in verità ormai appannata dagli anni, ricorda il peggio di Craxi. Il decreto per far sopravvivere le tv oscurate dai pretori che, poverini, volevano far rispettare la legge. La legge Mammì costruita su misura della Fininvest dopo anni di far westtelevisivo che hanno permesso l’affermazione monopolistica del Berlusconi imprenditore. E la più grande tangente mai pagata a un singolo uomo politico, 21 miliardi di lire con cui Silvio ha ringraziato Bettino, via conto All Iberian. Per non ricordare queste minuzie della storia, Berlusconi ha dimenticato per una volta anche se stesso e ha vaneggiato di un “Craxi che, dopo De Gasperi, è l’unico politico italiano che meriti la definizione di statista”.
“SIAMO QUI”, ha scandito il vecchio amico Silvio, “in memoria di un grande”. Vittima, come lui, “dei comunisti che ce la fecero pagare”. Dimenticando che le sue tv nel 1992-’93 inneggiavano a Mani pulite e che proprio grazie all’implosione della politica provocata da quella inchiesta la sua Forza Italia riuscì a vincere le elezioni del 1994, oggi Berlusconi dice che Mani pulite fu “il primo colpo di Stato dei cinque che negli anni successivi hanno fatto cadere i governi di centrodestra”.
Il Corriere della Sera ci informa che gli scritti di Craxi raccolti nel nuovo volume “mettono in luce la sorprendente visione profetica del leader socialista”. Ci toccherà leggerli per vedere se è vero, certo che, a giudicare da quello che fece negli anni di Mani pulite, non seppe neppure vedere la fine sua e del suo sistema politico e tangentizio. “Mai si è arricchito con la politica”, ripete Berlusconi, il quale ricorda che “nella casa di Hammamet i letti erano su fondamenta di cemento, non c’erano armadi e i vestiti si appendevano a delle canne”. Ha lasciato ai figli “solo una casa di tre stanze e quando morì la famiglia non sapeva come pagare i funerali”. Per forza: era latitante e il suo tesoro milionario lo aveva sottratto alle casse del partito per affidarlo a “cassieri” di fiducia (l’amico d’infanzia Giorgio Tradati, l’assicuratore Gianfranco Troielli, l’ultimo assistente Mauro Giallombardo, infine lo scavezzacollo playboy Maurizio Raggio) che lo hanno nascosto – o dissipato? – nei più riservati paradisi fiscali del pianeta. Non si trattiene, il vecchio Silvio, e racconta di quando Bettino rifiutò sdegnosamente l’offerta dell’allora Cavaliere di pagargli i debiti del Psi: “Se lo fai, non ti guardo più in faccia”. Infatti i debiti restarono al partito e i 21 miliardi di All Iberian andarono a Craxi e ai suoi cassieri segreti. Come “i 7 o 8 miliardi di tangentiMmche portai nel suo ufficio di piazza Duomo”, racconta un altro amico, Silvano Larini. Conclusione politica: “Oggi”, dice Berlusconi, “ci sono i Cinquestelle, che sono più pericolosi dei comunisti di Achille Occhetto. Hanno portato al governo ideologie di sinistra rozze, stataliste e ferocemente giustizialiste. Ci manca un Bettino in grado di contrastarli”. Vero. Quelli si contrastano da sé.