“Voto di scambio, così avrebbe fatto Falcone”
Il senatore M5s: “Su mafia e politica ripariamo agli errori del 2014, un favore ai boss”
“Il nuovo testo della legge sul voto di scambio politico-mafioso (416 ter) ha una volontà generale: raccogliere gli insegnamenti di Giovanni Falcone che per primo, nel 1992, la pensò e la volle fortemente”. Mario Giarrusso, senatore del Movimento 5 Stelle e relatore del nuovo provvedimento, non ha dubbi su questo.
Falcone, 26 anni dopo...
In particolare il legame che impose con il 416 bis (associazione mafiosa), modulando così le pene che devono essere le stesse per l’affiliato e il politico che beneficia dei voti. Senza politica la mafia non esisterebbe e per questo Falcone diceva che la mafia ha la sua forza fuori di essa.
Leggo: “Chiunque accetta, direttamente o a mezzo intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'ar ticolo 416 bis”. Critiche sono arrivate dal termine “appartenenza”, per alcuni troppo restrittivo.
Non è così. Prima cosa: per esserci l’ipotesi del 416 ter è necessario che il politico si interfacci, direttamente o meno lo vedremo, con un mafioso, altrimenti il reato non c’è. Ma qui il punto è un altro: l’appartenenza non è un dato a priori ma una circostanza che si dimostra nel processo. Quindi le critiche hanno un vizio di base e cioè di non comprendere che l’appartenenza è un’ipotesi di reato che vale anche per chi, allo stato incensurato, è intraneo al clan. Altri criticano la legge perché lascerebbe fuori tutti coloro che non sono affiliati ma che ruotano attorno agli interessi del clan. Tradotto: manca la zona grigia.
Chi lo dice forse non ha letto il testo e la parola ‘intermediari’. Parola che significa questo e che raccoglie quelle figure che favoriscono l’accordo politico-mafioso. Figure che così rientrano nel 416 ter. Terzo elemento di critica, il fatto che la mafiosità di chi porta voti deve essere nota al politico.
Le associazioni mafiose non sono segrete, ma visibili e lo devono essere per la necessità di controllare il territorio. È evidente che il politico non si impegna in astratto, ma in concreto con chi sa essere mafioso.
La nuova legge elimina la necessità di dimostrare il metodo mafioso, cosa che invece fu introdotta nel 2014 dal governo Letta.
Quello fu un vero favore fatto ai mafiosi. Con quelle modifiche si imponeva di dimostrare che ogni singolo voto fosse stato raccolto con metodo mafioso, come se i clan avessero anche un altro metodo. Assurdo. Tanto che la giu- risprudenza negli anni ha superato l’ostacolo derubricando il metodo mafioso a elemento implicito. Noi lo togliamo del tutto.
C’è poi il tema delle pene, parificate a quelle previste per il 416 bis e aumentate della metà se il politico viene eletto.
È un reato nel reato. Quando un politico viene eletto si concretizza uno degli obiettivi previsti dal 416 bis. Questo punto avrà poi un effetto devastante per la democrazia. Andrà a colpire tutti coloro, delinquenti normali, che si candidano con liste a sostegno di un sindaco. Se saranno eletti rischieranno fino a 15 anni di galera e, mi creda, i criminali i conti con i reati se li fanno eccome.
Torniamo a Falcone: scrivete nel testo “interessi ed esigenze dell'associazione”
È il passaggio sulle utilità che un mafioso può ricevere e, come Falcone già aveva fatto, noi non includiamo solo denaro ma tutti quegli atti che una pubblica amministrazione può fare per favorire un elemento criminale. Falcone resta la nostra bussola per questa legge che potrà essere migliorabile ma non criticabile da chi in passato, e mi riferisco alla riforma del 2014, ha favorito realmente la mafia.
L’appartenenza a una cosca non è un dato a priori, ma una circostanza che si dimostra nell’inchiesta e poi nel processo