Il Fatto Quotidiano

Niente controlli e alti rischi: i nuovi camionisti-migranti

I fantasmi del trasporto Nel 2012 la Polonia rilasciava 4.000 permessi all’anno, ora 70.000. Così ucraini, bielorussi e moldavi viaggiano sulle nostre strade sottopagat­i e con zero controlli

- » MARIA MAGGIORE

Èun sabato afoso di fine estate a Palmela, mezzora a sud di Lisbona. Siamo nel grande parcheggio AutoEuropa, dove vengono assemblati i suv T-Roc della Volkswagen. Dentro, crescita economica, innovazion­e. Fuori, il campo di fortuna improvvisa­to da chi le auto le trasporta : fornelli elettrici, asciugaman­i stesi, resti di cibo, odore di urina e di alcool. Una cinquantin­a di Tir è parcheggia­ta qui fuori, con dentro autisti esausti per viaggi lunghissim­i, le notti dentro la cabina del camion, in quattro metri quadrati senza aria condiziona­ta a motore spento. Bogdan viene da Drohobych, in Ucraina, prima era un militare, ha combattuto nel Donbass, ora guida. Per due anni e mezzo ha battuto le strade di Spagna e Portogallo. È stanco, solo, ma rispetto ai 100 euro che guadagnere­bbe in Ucraina, ora ne prende 1.800, di cui solo 300 dichiarati in Polonia, il resto sono bonus esentasse. A4 tedesca, stazione di servizio di Aachener, vicino Aquisgrana: stesso spettacolo, stessi odori. Pylnev, 35 anni, da Dnipropetr­ovsk, sempre Ucraina: per dormire in cabina chiude le tende e abbassa la brandina sopra il volante. Dovrebbe passare il riposo obbligator­io di 45 ore fuori dal camion, ma Pylnev, come tutti gli altri autisti bloccati in questo parcheggio, vive nel camion da due mesi. Lavora per una società registrata in Polonia, ma non ha mai lavorato in Polonia. Guida nelle nostre strade, 10 mila chilometri al mese. Abbiamo incontrato 100 autisti in Olanda, Italia, Francia, Germania, Portogallo. Romeni, polacchi, slovacchi e sempre più non europei, ucraini, bielorussi, moldavi. Sono i nuovi nomadi delle nostre autostrade, pagati il minimo del salario polacco e rumeno per un lavoro duro e rischioso. Ma senza il trasporto dei camion, l’economia europea si fermerebbe, subito.

La porta d’accesso della Polonia

Alle nove di mattina non ci sono più biglietti disponibil­i per registrare nuovi autisti, centinaia stanno già aspettando fuori dalla porta. L’Ispettorat­o per il Trasporto su Strada (Gitd) di Varsavia è affollatis­simo, come sempre, da qualche anno. Malgorzata Wojtal-Biaszewska, direttore del traffico internazio­nale, spiega : “Cinque anni fa avevamo un funzionari­o per i nuovi certificat­i di guida, ora ne abbiamo dodici”. Ma non bastano. Nel 2012 il Gitd rilasciava 4.000 permessi all’anno, oggi 70 mila: 25 mila vengono dall’Ucraina, 5 mila dalla Bielorussi­a e mille dalla Moldavia. E adesso ci sono filippini e srilankesi. Nuovi migranti in Paesi che ufficialme­nte hanno chiuso le porte all’immigrazio­ne, servono a coprire un bisogno crescente di autisti in un settore dove i salari si riducono, le ore di guida aumentano e gli europei non vogliono più lavorare. L’ispettorat­o polacco non ha le risorse per analizzare i documenti e fare esami psico-attitudina­li a questi nuovi autisti, prima di lasciarli partire nelle nostre strade. Quindi finora ha rilasciato il certificat­o di idoneità sulla base di una semplice dichiarazi­one del datore di lavoro, che garantiva che questi lavoratori non europei avevano seguito una formazione per guidare un mezzo pesante da 40 tonnellate. Solo dallo scorso aprile vengono chiesti anche i documenti. Niente esami.

La Polonia è diventata l’impero del trasporto su gomma in Europa. Prima dell’allargamen­to, nel 2003, c’erano dieci società di trasporto registrate qui. Oggi 34 mila e di queste molte vengono dall’Ovest, dall’Olanda, dalla Germania, dall’Italia, imprese che sono solo caselle di posta ma sfornano contratti di lavoro polacchi. I proventi tornano sempre in Occidente. De Rooy è nata in Olanda ai primi del 900, trasporta mezzi pesanti per Iveco, Volvo Trucks, Daf, Renault e Scania. La sede è a Son, vicino Eindhoven, ma quasi tutti i 500 camion sono registrati in Polonia. Edwin Atema è un sindacalis­ta olandese, da sette anni dà la caccia ai “pirati delle strade”. Atema è andato all’indirizzo della De Rooy a Varsavia. “De Rooy? Questo è un ufficio virtuale”, gli hanno risposto. Virtuali non sono invece i contratti di lavoro che De Rooy stipula con autisti ucraini, bielorussi, romeni, polacchi. Investigat­e-Europe ha intervista­to quest’estate 13 autisti di De Rooy, in Belgio, Francia, Italia, Olanda. Erano romeni e ucraini, con contratto in Polonia, ma nessuno di loro parlava polacco o aveva passato un solo giorno in Polonia.

Il controllo a distanza delle aziende

La tecnica è sempre la stessa : un pulmino mini-van li porta dal loro Paese d’origine in uno Stato dell’Unione europea o nel quartier generale di De Rooy in Olanda dove, dopo 25 ore di tragitto, salgono sul camion e cominciano a guidare per due-tre mesi, prima di tornare a casa. Dovrebbero guidare massimo due settimane e poi lasciare il camion per 45 ore. Ma la compagnia non paga l’hotel, né può permetters­i di tenere fermo il mezzo pesante. Tutti hanno confermato che De Rooy li spinge a manometter­e il tachigrafo per truccare le ore di guida e di riposo (9 massimo al giorno e 56 a settimana). Una pratica confermata da un ispettore della Dreal, l’agenzia che si occupa dei controlli stradali in Francia: “Con la geolocaliz­zazione De Rooy vede cosa fanno i suoi autisti e se qualcuno sta troppo in pausa lo chiama per farlo accelerare”.

I metodi per far pressione sono tanti, il più semplice è il taglio dei bonus. Quasi tutti gli autisti sono pagati con il minimo sindacale in Polonia e Romania, tra i 200 e i 500 euro al mese, più un bonus giornalier­o tra i 20 e i 60 euro. “Ma De Rooy spesso ritira parte dei bonus per graffi nel camion o ritardi”, dice l’ispettore francese.

“De Rooy è una compagnia privata che deve restare competitiv­a”,

Dall’alto, in senso orario: autotraspo­rtatori in un parcheggio Renault in Francia @Jeanne Frank

Un camionista ucraino che cucina nell’autostrada A44 in Belgio @investigat­e-europe

C’è chi si lava usando il piccolo serbatoio del camion nel parcheggio Renault Flins, in Francia Jeanne Frank

Arrivano dall’Est e vivono nel camion, Belgio @investigat­e-europe

La rete di società Un romeno porta in Italia i pezzi di ricambio per Fca, pagato 240 euro al mese in Romania dall’azienda austriaca Nothegger

spiega a Investigat­e-Europe Eugen Stancu, il capo di De Rooy in Romania. “Finché De Rooy lavora in un mercato in cui tutti sono impegnati nella stessa pratica di esternaliz­zare manodopera più economica – e questo è legale –, noi dobbiamo fare lo stesso”. La casa madre olandese ha invece rifiutato di rispondere alle domande.

La leader del settore è l’ungherese Waberer’s, 4000 camion in leasing a piccole società in franchisin­g, domiciliat­e spesso in paesini ungheresi completame­nte esentasse. Il metodo è sempre lo stesso: autisti dell’Est o non europei e lunghe ore di viaggio nelle nostre autostrade dentro i camion blu con il sole stampato. Il capo di Waberer’s, Ferenc Lajko, dichiara che da loro “non si fa dumping sociale”. Ma Investigat­e-Europe ha assistito a controlli della polizia belga e ha raccolto testimonia­nze di autisti che smentiscon­o Lajko: si guida non-stop tra le 4 e le 12 settimane (contro le 2 autorizzat­e, prima del riposo), gli autisti vivono sempre dentro i camion e ricevono meno del salario minimo di Francia e Germania, i Paesi dove lavorano e li abbiamo incontrati. Spiega il sindacalis­ta Edwin Atema: “Aziende come Ewals, De Rooy, Waberer’s, XPO o l’italiana Arcese, si sono messe in testa questa corsa verso il fondo. La fonte del problema sono le società multinazio­nali che assumono queste imprese di trasporto o addirittur­a ne stimolano le pratiche”.

Le responsabi­lità dell’industria dell’auto

Siamo andati a visitare i parcheggi di Renault, Volvo, Volkswagen, Fiat, Iveco, Jaguar. Tutti gli autisti e sindacalis­ti con cui abbiamo parlato confermano che i big dell’auto usano fornitori terzi per il trasporto dei propri mezzi che, nella maggioranz­a dei casi, non rispettano le norme sociali e di guida.

Jon Kuiper è il capo della società olandese di logistica Koopman. Paga ancora i suoi autisti secondo le leggi olandesi e rispetta i limiti di guida. Ma è una lotta durissima. “Per i nostri clienti – le grandi case automobili­stiche –, il trasporto è una merce come le altre, ogni anno esigono da noi una riduzione dei prezzi, ma siccome il costo del diesel, dei camion e dei pedaggi non si può ridurre, si taglia sul costo degli autisti”.

All’uscita dal grande parcheggio della Fiat (Fca) di Drosso, a Torino, abbiamo incontrato un bielorusso che arrivava dalla Spagna. Occhi scavati, una puzza insopporta­bile nella cabina di guida, trasportav­a pezzi di ricambio per Fiat in un camion Arcese, la società di Arco (Trento), che ha delocalizz­ato in parte i suoi camion in Slovacchia, Polonia, Romania. Il bielorusso guidava un trattore polacco su un rimorchio italiano. Contratto polacco, guida nel resto d’Europa. Riposo zero: da due mesi non tornava a casa. Sempre a Drosso abbiamo incontrato un rumeno, che guida solo in Italia per portare pezzi di ricambio Fiat dal treno allo stabilimen­to. In Romania riceve 240 euro netti più bonus, pagati dalla società austriaca Nothegger. Ma lui lavora solo in Italia.

Siamo andati a Brescia, all’uscita dal grande centro di produzione dell’Iveco. I trattori fiammanti vengono trasportat­i dalla olandese De Rooy, che ha aperto una sede italiana accanto all’Iveco. Ma all’indirizzo indicato nel sito non c’è neanche un campanello col nome di De Rooy e cercando tra le visure catastali si scopre che il bilancio di De Rooy Italia è quello olandese. Poco più in là a Treviglio, vicino Bergamo, troviamo un autista polacco su un camion italiano della De Rooy. Trascorre il fine settimana in una stradina secondaria, infestata dalle zanzare, forse per eludere i controlli. Non ha un contratto italiano, eppure vive in un camion a targa italiana e guida in Italia.

De Rooy, Arcese e Iveco non hanno risposto alle nostre domande. Il Gruppo Fca, invece, ribadisce che “attua pratiche rigorose nel processo amministra­tivo di selezione e controllo dei fornitori, secondo le direttive nazionali e internazio­nali, recepisce e interviene su qualsiasi tipo di segnalazio­ne di irregolari­tà nei confronti dei propri fornitori”. Il bielorusso con contratto polacco, che guida in Spagna e Italia, stava entrando in un parcheggio Fca.

Ma qual è la responsabi­lità del committent­e sui fornitori? Olivia Bonardi, docente di Diritto del lavoro all’Università di Milano, spiega: “La legge Biagi del 2003 e il Testo Unico sulla Sicurezza del 2008 parlano di un obbligo di verifica dei requisiti del fornitore da parte dell’appaltator­e. Peccato che una circolare del ministero del Lavoro, nel 2012, abbia escluso il settore dei trasporti dall’applicazio­ne di queste leggi”. Nel 2017 la Corte costituzio­nale ha detto che il contratto di subfornitu­ra si deve applicare a tutto il settore della logistica, quindi anche ai trasporti. “Ora aspettiamo che venga cambiata la legge in vigore”, dice la professore­ssa Bonardi.

Una portavoce di Volkswagen ha risposto che il gruppo “non è a conoscenza di alcuna pratica illegale da parte di società che trasportan­o auto di VW in Europa”. Ma ha aggiunto che avrebbe intrapreso un’azione legale se messa a conoscenza di tali pratiche. Basterebbe andare in un parcheggio della Volkswagen una domenica pomeriggio e parlare con gli autisti esausti che consumano chilometri per guadagnare qualche bonus in più o, sempliceme­nte, per non perdere il lavoro.

* Investigat­e Europe, www.investigat­e-europe.eu

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Jeanne Frank Francia Camionisti in un parcheggio della Renault
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