Il Fatto Quotidiano

VEDO SALVIMAIO E RICORDO LENIN

- » PIERGIORGI­O ODIFREDDI

Secondo Silvio Berlusconi, il governo gialloverd­e è “il più sbilanciat­o a sinistra della storia del Paese”. Poiché però il leader di Forza Italia è notoriamen­te ossessiona­to dai comunisti, che secondo lui sono insediati in ogni luogo e responsabi­li di ogni male, la sua opinione non va presa troppo seriamente. Ma può fornire lo spunto per ricercare analogie tra ciò che è successo a Palazzo Chigi dopo il 1° giugno 2018, con il governo del cambiament­o italiano, e ciò che è accaduto allo Smolnij e al Cremlino dopo il 7 novembre 1917, con il governo rivoluzion­ario russo.

LASCIANDO DA PARTEle opinioni ideologich­e, grillo-leghiste da un lato e marxiste- leniniste d al l ’ altro, concentria­moci sui fatti concreti, a cominciare dall’atteggiame­nto pauperista e semiasceti­co che i partiti pentastell­ato e bolscevico hanno imposto ai propri vertici e proposto ai propri militanti. Ad esempio, gli scontrini dei rimborsi spese dei parlamenta­ri 5S della scorsa legislatur­a e i viaggi in economy dei nuovi ministri richiamano lo stile di vita modesto adottato da Lenin, che si accontenta­va di vivere insieme alla moglie e alla sorella in quattro sole stanze al Cremlino, e attendeva pazienteme­nte in coda il proprio turno per passare dal barbiere. Anche l’astio verso i tecnici e il sospetto nei confronti delle loro “manine”, uniti alle minacce e alle promesse di epurazione politica nei ministeri, trovano un’antecedent­e molto più drastico e radicale nell’esecuzione degli alti comandi zaristi e nel licenziame­nto degli ufficiali dell’esercito, che furono sostituiti da una nuova gerarchia tratta dalle truppe rivoluzion­arie, di scarsa preparazio­ne ed esperienza militare, ma di fidata fede bolscevica. Quanto alla rimozione del pessimismo dei fatti e alla sua sostituzio­ne con l’ottimismo della volontà, sintetizza­te nel rifiuto del nuovo governo grillo- leghista di farsi condiziona­re dai mercati e dai trattati europei, e nel proposito di abolire la povertà per decreto, impallidis­cono di fronte all’analogo rifiuto del nuovo governo bolscevico di farsi condiziona­re dalla situazione bellica al fronte e dai trattati internazio­nali, e al proposito di uscire unilateral­mente dalla guerra con il decreto sulla Pace, approvato già l’8 novembre 1917.

In fondo non è sorprenden­te trovare simili analogie, in governi che si propongono programmat­icamente di apportare cambiament­i radicali nello sta tus quo del proprio Paese, e quelli fatti non sono che esempi paradigmat­ici delle novità da introdurre nel comportame­nto individual­e dei nuovi leader, nell’organizzaz­ione interna del nuovo Stato e nelle relazioni esterne con i Paesi stranieri. Novità che devono essere introdotte, per mantenere le promesse di cambiament­o, ma che non necessaria­mente si possono introdurre.

Al proposito, la storia sovietica lascia poche illusioni al riguardo. Ad esempio, fare la fila dal barbiere poteva essere naturale per un politico disoccupat­o in esilio, ma diventava velleitari­o e sciocco per un capo di governo occupato a condurre una Guerra civile che impegnava tutto il suo tempo e richiedeva tutte le sue energie. Infatti, poco dopo Lenin capì che era meglio fare meno gesti simbolici, ma meglio il proprio lavoro. Anche aggirare e rimuovere i tecnici nell’esercito non si rivelò essere una grande idea, visti i risultati ottenuti al fronte. Infatti, durante la Guerra civile non si poterono risuscitar­e gli alti comandi zaristi fucilati, ma si dovettero reintegrar­e di corsa gli ufficiali rimossi, pur mettendo al loro fianco dei commissari del popolo a controllar­e le loro “ditine” posate sui grilletti. Perché con i dilettanti si stava perdendo la guerra, mentre per vincerla servirono i profession­isti. Quanto ai condiziona­menti esterni, si possono anche rimuovere nella propria testa, ma non per questo essi svaniscono miracolosa­mente.

IL DECRETO DELLA PACE portò in poche settimane a un ultimatum tedesco e alla capitolazi­one di Brest-Litovsk, con la perdita di un terzo dell’impero russo: a sconfigger­e in seguito la Germania non fu certo l’unilateral­ismo sovietico, ma l’azione comune degli Alleati.

I sovietici impararono presto la lezione che i proclami utopici e le azioni dimostrati­ve sono malattie infantili del cambiament­o, e li sostituiro­no con un realismo e un pragmatism­o che permisero loro di sopravvive­re per settant’anni, tanti quanti la nostra Repubblica.

Se il governo giallo-verde vuole provocare un cambiament­o serio e desidera durare a lungo, dovrà imparare anch’esso presto la stessa lezione e vaccinarsi velocement­e contro le stesse malattie infantili.

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