IL MATTEO-SHOW CON BUSTA GIALLA
“L’appuntamento con la Rivoluzione è rinviato”
(da un tweet di Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della Stampa)
Quando si parla della Rai, la più grande azienda culturale… eccetera eccetera, si rischia sempre di restare delusi di fronte all’invadenza della politica, di qualunque colore essa sia, con qualunque maggioranza e qualunque governo. Già all’epoca del centrodestra, sembrava di aver toccato il fondo con la famigerata “riforma Gasparri”. Poi arrivò la “riformicchia” di Matteo Renzi che trasferì il controllo della tv pubblica dal Parlamento al governo e accentrò i poteri nelle mani del direttore generale, incarnato in successione dalla premiata coppia Campo Dall’Orto-Orfeo. Ma ora neppure la maggioranza gialloverde ha saputo sottrarsi alle sirene della lottizzazione, spartendo le direzioni dei telegiornali fra la Lega e il M5S. Tre erano le posizioni scoperte: la Testata Giornalistica Regionale, il Giornale radio e Rai Sport. Ma il “governo del cambiamento” non s’è limitato alle prime due, senza intervenire per ora sulla terza. Ha voluto mettere sotto controllo i tg, insediando professionisti ritenuti evidentemente più sicuri e affidabili, al di là dei rispettivi profili professionali. E per di più, ha deciso di non attribuire più all’azienda radiotelevisiva il 50% dell’extra-gettito derivante dal canone, destinato dal governo Renzi al “pluralismo dell’informazione” (altre tv e giornali) soltanto per tre anni, indebolendo così la sua autonomia economica e gestionale.
Siamo, insomma, all’ultima replica di un antico copione. Più che a uno spoils system, tradotto letteralmente dall’inglese “sistema delle spoglie” o “sistema del bottino”, quest’ultimo turn over ai vertici del nostro benamato servizio pubblico assomiglia per la verità a un vaudeville, una commedia dei candidati, delle nomine e delle poltrone. Con buona pace della trasparenza e della meritocrazia, Di Maio e Salvini hanno siglato un armistizio al ribasso a carico dei cittadini telespettatori, esponendo la Rai a un logoramento interno ed esterno che non potrà non incidere sulla sua immagine e sulla sua credibilità.
Uscita (a parole) dalla porta del “cambiamento”, la politica è rientrata (nei fatti) dal portone principale. Mai come oggi il “Cavallo morente”, scolpito nel bronzo da Francesco Messina davanti all’ingresso di Viale Mazzini, simboleggia la crisi dell’azienda: e non solo delle antiche comunicazioni umane che soccombono di fronte alle nuove tecnologie, ma anche delle nuove tecnologie che soccombono di fronte alla vecchia politica.
Quanto alle future nomine al vertice delle reti, nel segno della nuova lottizzazione in corso, tutto è rimesso all’esito del braccio di ferro fra Matteo Salvini e il nuovo amministratore delegato, Fabrizio Salini. Si sa che il vicepremier leghista vorrebbe imporre alla guida di Rai1 Casimiro Lieto, autore della Prova del cuoco, la trasmissione portata al successo da Antonella Clerici e ora condotta con esiti più modesti dalla “pur brava” Elisa Isoardi. Ma per ora l’opposizione dell’amministratore delegato, motivata ufficialmente con il fatto che Lieto è un collaboratore esterno e ispirata verosimilmente da una scarsa considerazione per il candidato alla guida della rete ammiraglia, ha bloccato il valzer delle poltrone.
Avremo tempo e modo per valutare tutte le nomine in base ai comportamenti e ai risultati. Ma per il momento si può dire che il metodo non si differenzia tanto da quello in auge ai tempi del monopolio democristiano. Se questo doveva essere il “cambiamento”…