Gli studenti contro i sindaci: “Scuole chiuse pure col sole”
Insulti a chi le riapre dopo la pioggia
Diciamolo.Da quando esistono i social network, fare i sindaci è un lavoro molto più complicato di una volta. Ora, qualsiasi buca su strada, qualsiasi busta de ll ’ immondizia su un marciapiede, qualsiasi cespuglio sradicato o topo sorpreso in città, “è colpa del sindaco”.
Diciamolo. Da quando esistono i social network, fare i sindaci è un lavoro molto più complicato di una volta. Ora, qualsiasi buca su strada, qualsiasi busta dell’immondizia abbandonata su un marciapiede, qualsiasi cespuglio sradicato o topo sorpreso a vagabondare in città, “è colpa del sindaco”.
Basta fare una foto a un tombino intasato dalle foglie del salice davanti casa, pubblicarla su qualche profilo Facebook accompagnata da una frase che suggerisca cocente indignazione e nel giro di 15 minuti accadono le seguenti cose: 1) la foto diventa virale 2) qualcuno realizza un meme sulla foto virale 3) tutti danno la colpa al sindaco 4) qualcuno trova un vecchio tweet del sindaco che quando non era sindaco scriveva “è scandaloso che questo sindaco non provveda a far liberare i tombini dalle foglie” 5) l’opposizione chiede le dimissioni del sindaco 6) il sindaco dà la colpa all’a mmi nistrazione precedente 7) Studio Aperto dice che è tutta colpa della Raggi 8) La Raggi risponde che il tombino era a Pescara 9) il sindaco di Pescara dice “Non siamo la vergogna dell’Italia” 10) Matteo Salvini, via Twitter, esprime solidarietà alle forze dell’ordine.
COME SE non bastasse, c’è poi una questione tutta nuova con cui i sindaci devono fare i conti da un po’, ovvero il maltempo e la decisione sulla chiusura delle scuole.
Basta una leggera nevicata, un po’ di vento forte, una rotonda allagata, che immediatamente plotoni di studenti pretendono la chiusura delle scuole e guai se il sindaco si azzarda a sottovalu- tare il problema. Guai se il sindaco non si convince che quelle raffiche di vento a dieci chilometri orari non faranno sbandare gli scuolabus o che quei sei millimetri di pioggia annunciata non allagheranno le aule del liceo provocando morie di studenti per annegamento.
Del resto, da quando è arrivato il registro elettronico e i genitori controllano in tempo reale se i figli vanno a scuola, “ieri è morta nonna” non funziona più, per cui una bella grandinata è rimasta l’unica speranza degli studenti per fare un giorno di vacanza non previsto. Se il sindaco li delude, quello che accade è nelle cronache degli ultimi giorni e più in generale dell’ultimo anno. Siccome il maltempo non ha convinto alcuni sindaci a chiudere le scuole, su Facebook sono stati investiti con insulti, minacce, bestemmie e offese assortite da ragazzini in larga parte minorenni e pure da commenti di genitori che li spalleggiavano.
IL 29 OTTOBRE, il sindaco di Ladispoli, Alessandro Grando, scrive su Facebook che riapriranno le scuole. Nel giro di un’ora, un’orda di studenti chiaramente turbati al l’idea di dover sfidare i monsoni il giorno dopo, lo seppelliscono di “Mortacci tua”, “Spero che te casca un albero in testa”, “Pezzo de merda” e così via. Il sindaco non ci sta. Fa fotografare gli insulti, prende nota dei nomi e poi scrive un altro post in cui invita i ragazzi che l’hanno insultato a chiamare in Comune, prendere appuntamento e presentarsi con i genitori. Verrà offerta loro la possibilità di “effettuare lavori socialmente utili in segno di risarcimento simbolico nei confronti della comunità di Ladispoli”. Se non si presenteranno saranno denunciati.
Stessa sorte è toccata ad altri sindaci laziali, da quello di Guidonia a quello di Civitavecchia Antonio Cozzolino, a cui sono arrivate centinaia di messaggi della serie “Spa rati ”, “I nfam e”, “Dimettiti stronzo”, “Se ci succede quarcosa sai che ti fa cc ia mo! ” e via dicendo. Frastornato dalla valanga di offese, il giorno dopo scrive un post sull’i m p o rtanza di usare il cervello quando si comunica con il cellulare. Naturalmente, alla prima tramontana, gli toccherà lo stesso identico trattamento.
Due settimane fa, il sindaco di Reggio Calabria, Giu- seppe Falcomatà, con una perturbazione in arrivo, decide di non chiudere le scuole. Gli arriva una pioggia di insulti tra il minatorio e lo sgrammaticato che lui ha poi commentato così: “Qualcuno mi ha augurato ‘cancro, tumore ed elseimer’ messi insieme. Senza sapere, tra l'altro, che cancro e tumore sono di fatto la stessa cosa e che ‘e ls eim er’ si scrive alzheimer. Qualcuno, più audacemente, ha promesso di fare il ‘pizzio’, altri di ‘menarmi con la sciunettà e qualcun altro di ‘stuprarmi’. Qualcun altro, invece, in tutta onestà, ha dichiarato che l'allerta va messa perché ha sonno o perché vuole giocare alla play. Qualcuno, infine, cultore della teoria della superiorità della razza, pretende di non essere trattato come un ‘nero’. È evidente che questi vostri compagni avrebbero bisogno di non perderne neanche uno di giorni di scuola, anche perché credo che qualcuno di loro, come chi scrive ‘all'erta’ o ‘la letta meteo’, in classe non ci sia mai entrato.”
STESSA SORTE, negli ultimi tempi, è toccata ai sindaci di Faenza, Angri, Udine, Campobasso, Parma, Jesi, Civita Castellana, Francavilla Fontana, Castellammare di Stabia, Potenza e di moltissime altre città, a dimostrazione che l’allerta meteo può durare qualche giorno, ma l’allerta culturale è al livello massimo tutto l’anno. E che no, non è problema di maltempo, ma di mala tempora.
“SPERO CHE TE CASCA L’ALBERO IN TESTA” Il primo cittadino di Ladispoli dopo le ingiurie su Facebook ora pretende scuse o servizi sociali, altrimenti denuncia
“ALL’ERTA METEO” O“LA LETTA METEO”
A Reggio Calabria le minacce degli studenti tradiscono una scarsa frequentazione di aule e grammatica