La guerra totale Lega-5 Stelle tocca il reddito di cittadinanza
Dura polemica tra Giorgetti e Di Maio e soci: un pezzo del governo (e il Colle) vuole rinviare tutto all’autunno, quota 100 compresa, per avere un deficit 2019 più basso
Sarà forse il primo effetto dei sondaggi che, per la prima volta da mesi, sono in calo; o l’inevitabile scontro tra due forze politiche molto diverse (almeno a livello di classe dirigente), ma ormai tra i “non alleati” 5 Stelle e Lega c’è un clima da guerricciola civile permanente che è arrivato a toccare il feticcio “reddito di cittadinanza”.
Sui provvedimenti in materia di giustizia lo scontro era atteso: il partito di Matteo Salvini ha nel suo dna i decreti securitari contro piccoli criminali e marginalità sociale, i grillini la lotta ai reati dei “colletti bianchi” (i quali sono però un pezzo della base sociale leghista). Fatale lo scontro pure sui soldi di partiti e fondazioni: dalla Tanzania alle recenti dichiarazioni di Luca Parnasi, il fu Carroccio qualche problema sul tema ce l’ha. Pure le grandi opere, checché se ne pensi nel merito, erano attese essere un elemento di frizione nell’applicare il “contratto di governo”.
QUAL È IL PROBLEMA allora? Che queste frizioni arrivino al pettine tutte insieme e lo facciano, per di più, durante una complessa sessione di bilancio nella quale l’Italia, alle prese con un rallentamento della crescita mondiale e interna, ha osato mettere in discussione i precetti del cosiddetto Fiscal compact, operazione che le ha guadagnato il sospetto dei mercati e l’ostilità fino all’autolesionismo di una Commissione Ue quasi al termine del suo mandato.
È fatale che ora, come Gadda diceva dei crimini, tutte le concause soffino addosso alla legge di Bilancio “come i sedici venti della rosa dei venti quando s’avviluppano a tromba in una depressione ciclonica” finendo per stritolare nel vortice delle polemiche non “la debilitata ragione del mondo”, ma più modestamente la ragione sociale gialloverde, che è semplice: ognuno pianta le sue bandierine.
E qui si passa dalla guerriglia di posizione al conflitto aperto e pericoloso perché conduce dritto alla campagna elettorale per le Europee. Giancarlo Giorgetti – potente sottosegretario a Palazzo Chigi e numero 2 leghista dall’agenda non necessariamente salviniana – ha evidentemente deciso che bisogna cambiare la manovra a colpi di condizionamenti esterni e fendenti sui 5 Stelle. Ieri, per dire, Bruno Vespa ha diffuso l’ennesima anticipazione del suo libro di Natale e guarda caso riguardava Giorgetti. Il sottosegretario, nell’occasione, ha voluto ribadire un’imprecisione che ripete da tempo: “Le banche hanno investito molto in Bpt” e “l’aumento dello spread fa diminuire il valore dei titoli che hanno in pancia: se questo valore diminuisce si verifica uno sbilancio patrimoniale che costringe gli istituti a cercare capitali”. Perché servano nuovi capitali, però, lo spread dovrebbe essere circa tre volte quello attuale e a quel punto il problema del governo sarebbe solo molto tangenzialmente il mondo del credito: se uno con le responsabilità di Giorgetti, però, interviene così in un mercato in fibrillazione, spargendo cioè ulteriore insicurezza, avrà i suoi buoni motivi.
Dentro i 5 Stelle sono convinti che il motivo sia questo: cambiare la manovra e cambiarla fregando loro. Dice il sottosegretario: “Per un naturale bilanciamento abbiamo dovuto portare avanti la quota 100 sulle pensioni, rinunciando così a una flat tax più estesa. Se l’avessimo fatta al posto delle pensioni, l’a t t eg g i amento dell’Europa e dei mercati sarebbe stato diverso”. Par di capire che il Fiscal compactnon valga per i tagli di tasse ai più ricchi, ma quel che rileva è l’affondo successivo: “Il reddito di cittadinanza ha complicazioni attuative non indifferenti. Se produrrà posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso”.
Complicazioni attuative subito negate da Giuseppe Conte (che aveva già rimbrottato Salvini - “con l’Ue parlo io”- e in serata ha avuto un colloquio proprio con Giorgetti) e Luigi Di Maio, secondo cui “a Natale o subito dopo si fa un decreto con le norme per reddito e pensioni di cittadinanza e riforma della Fornero”. L’attacco diretto al numero 2 di Salvini arriva invece dal numero 2 di Di Maio, Riccardo Fraccaro: “Le complicazioni nascono quando si insinuano dubbi sui punti del contratto”.
LE COMPLICAZIONI in realtà nascono sulla manovra. Giorgetti – come Tria e altri tipo Mattarella – tifa per l’appeasement con l’Ue offrendo un’ulteriore riduzione del deficit 2019: quale la via più facile che rinviare o depotenziare i due provvedimenti simbolo, cioè reddito di cittadinanza e quota 100? Basterebbe partire nell’ultimo quadrimestre (da settembre) e i circa 14 miliardi di spesa appostati diventerebbero cinque o sei e il disavanzo dello Stato potrebbe essere ridotto attorno al 2%. Questo ammesso che Bruxelles accetti questo modello “dico-non dico” di tagliare il deficit e che le minori spese non abbiamo un effetto ancor più deprimente sulla crescita già allegra prevista per il prossimo anno. E poi c’è il problema vero che fa di questa manovra un azzardo pericoloso: il M5S, in crisi nei sondaggi, non può arrivare alle Europee senza portare a casa nulla.
Mossa pericolosa
Il M5S, già in flessione nei sondaggi, non può arrivare alle Europee senza incassare nulla