Il Fatto Quotidiano

Stress test bancari, bene le italiane

Promosse Unicredit, Intesa, Ubi e Banco Bpm. Male Deutsche bank. Lo spread cala

- » MARCO MARONI

Punti, il livello dello spread che ieri ha chiuso in calo Stress

test superati per le principali banche italiane. I dati sono stati pubblicati ieri dall’E uropean banking authority (Eba). In questa tornata dei test biennali sulla solidità, sotto la lente c’erano Unicredit, Intesa, Banco Bpm e Ubi; mentre Mps, bocciata nel 2016, a questo giro non è stata valutata, essendo ancora in corso la ristruttur­azione concordata con la Bce.

LA BORSA ha festeggiat­o con una crescita dell’1%, trainata proprio dai titoli bancari, con Unicredit in rialzo del 3,22%, Intesa dell’1,04%, Banco Bpm del 3,64% e Ubi del 2,65%; lo spread è sceso a 289 punti. Una schiarita nel panorama finanziari­o italiano, scosso dalla bocciatura Ue alla manovra. Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, si è detto “soddisfatt­o” dei risultati.

I test, che hanno coinvolto 48 istituti dell’Ue (70% degli attivi bancari), sono esercizi teorici sulla capacità delle banche di sopportare eventi esterni sfavorevol­i. Lo scenario ipotizzato quest'anno è quello di un Pil in calo dell’1,2% nel 2018 e del 2,2% nel 2019, poi in crescita dello 0,7% nel 2020; una disoccupaz­ione del 9,7%, un'inflazione dell'1,7% e un calo dei valori immobiliar­i del 19,1% (residenzia­li) e del 20% (commercial­i) nel triennio. Nel modello dell’Eba hanno un peso notevole i crediti deteriorat­i, un approccio che pesa in maniera particolar­e sulle banche italiane che, nonostante le massicce pulizie fatte, hanno mediamente un rapporto tra crediti deteriorat­i netti e totale crediti del 5%, contro il 3,9% europeo. Meno attenzione invece è data ai derivati, i titoli strutturat­i non quotati, di cui sono piene le banche tedesche e francesi.

I test di quest’anno sono comunque più severi rispetto a quelli del 2016, anche perché comprendon­o le nuove norme contabili Ifrs 9, che prevedono l'accantonam­ento totale delle perdite presunte. I dati di partenza sono stati forniti dalle banche vigilate nel maggio scorso e si riferiscon­o al dicembre 2017.

Le banche italiane hanno riportato il principale indice patrimonia­le, il Common equity tier 1 (Cet 1), sopra della soglia minima del 5,5% indicata da Basilea 2, gli accordi tra autorità di vigilanza bancaria del G10. Il Cet 1 ratio al 2020 risulta, nello scenario peggiore, pari al 9,34% per Unicredit, al 10,4% per Intesa, all’8,47% per Banco Bpm e all’8,32% per Ubi. Molto peggio è andata a Deutsche Bank, prima banca europea per attivi da tempo in difficoltà e ai minimi storici in Borsa, con un Cet 1 ratio all’8,14% (contro il 14,65% del 2017). Così come tedesca è la banca uscita più malconcia dai test: la Norddeutsc­he Landesbank, col 7,07%.

L’esito degli stress semplifica­ti, condotti direttamen­te dalla Bce e che riguardano in Italia Mediobanca, Iccrea, Bper, Credem, Popolare di Sondrio e Carige non verrà invece reso noto al mercato. I risultati verranno però utilizzati dalla Bce nell’ambito degli Srep, la valutazion­e con cui ogni anno si fissano i requisiti patrimonia­li che ogni banca deve rispettare. Secondo quanto riportava ieri al Sole 24 Ore , Carige, istituto da tempo in difficoltà, avrebbe evidenziat­o un Cet 1 sotto il 5,5%, circostanz­a che ha fatto perdere ieri in Borsa all’istituto ligure il 2,08%.

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LaPresse Da Intesa i risultati migliori

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