Il Fatto Quotidiano

Berluspubb­lica

- » MARCO TRAVAGLIO

Quando, non bastando i De Benedetti, si ritrovaron­o come editore pure gli Agnelli, i colleghi e soprattutt­o i lettori di Repubblica­e dell’Espresso ci mossero a sentimenti di umana solidariet­à. Poi l’altroieri abbiamo letto il commento furibondo di Stefano Cappellini (gemello di quello di Mattia Feltri sulla sorella Stampa) contro la norma Bonafede che blocca la prescrizio­ne alla sentenza di primo grado: “giustizia ancora più lenta e senza garanzie”, “calpestati i fondamenti di uno Stato di diritto degno di chiamarsi tale”, “giustizial­ismo”, “sentenza mediatica”, “peggiorame­nto dello stato delle cose ”,“barbarie giuridica ”,“tribunali dell’Inquisizio­ne ”. E abbiamo immaginato­la reazione dei colleghi e soprattutt­o dei lettori, che avranno controllat­o più volte la testata del giornale che avevano in mano: vedi mai che l’edicolante, per sbaglio, gli avesse rifilato una copia de il Giornale, o del Foglio, o di Libero, che la prescrizio­ne l’han sempre descritta come una manna dal cielo da rendere obbligator­ia per legge. Invece no, era proprio Repubblica: quella che fino all’altroieri tuonava contro lo scempio della prescrizio­ne e ne invocava la morte violenta: facendola decorrere da quando il reato viene scoperto (non da quando viene commesso) e spirare alla prima sentenza, o al rinvio a giudizio, o addirittur­a alla richiesta del pm. Come nei Paesi civili.

Digitate su Google le parole chiave Repubblica/ Espresso, prescrizio­ne, colpo di spugna, impunità, vergogna, allarme, choc, e troverete vagonate di tonitruant­i editoriali, allarmate interviste e sdegnate inchieste su quest’amnistia selettiva per colpevoli ricchi e potenti, che salvò dalla galera quasi tutti i ladroni di Tangentopo­li e poi, con l’ulteriore riduzione dei termini dell’ex Cirielli, anche B. (otto volte!) & C. Vesti stracciate per “il milione e mezzo di processi estinti in dieci anni”, perché “la Corte europea ci condanna: ‘Mini prescrizio­ni aiuto agli evasori’” e applausi scrosciant­i al Pd che prometteva (senza mantenere) di arrestare l’“inverno dei diritti” con “130 mila processi penali in fumo ogni anno”. Cos’è cambiato? Che ora la riforma sempre invocata da Repubblica la fanno i 5Stelle. Quindi dev’essere sbagliata per forza. Anzi: “giustizial­ista”, “barbara”, “inquisitor­ia” (Cappellini), roba da “oranghi” e “bifolchi del diritto”, da “codice di Hammurabi”, da “Stato tiranno” (Feltri jr.). B. non saprebbe dire meglio e si spera che non chieda il copyright agli ex nemici giurati. Intanto il suo degno compare Salvini si mette di traverso, con tanti saluti alle vittime dei reati a lui tanto care (a chiacchier­e).

Ela sua ministra Giulia Bongiorno dice che lo stop alla prescrizio­ne sarebbe “una bomba atomica sul processo” perché – tenetevi forte – “la prescrizio­ne ha un’etica e non si può tenere in ostaggio un imputato tutta la vita”. L’etica della prescrizio­ne funziona così: uno stupra una bambina, o incassa una mazzetta, o truffa un cliente, o rapina una gioielleri­a, o ammazza decine di persone con l’amianto o altre sostanze inquinanti, o tresca con la mafia. Poi approfitta della lunghezza dei processi ( nell’unico Paese al mondo dove per chiuderli ci vogliono almeno tre sentenze, tutte “in nome del popolo italiano”, dal che si deduce che l’Italia ha tre diversi popoli), a cui spesso contribuis­cono i suoi onorevoli avvocati con ricusazion­i, istanze di astensione e rimessione, legittimi impediment­i e altri cavilli da azzeccagar­bugli e, quando scatta la prescrizio­ne, comincia a strillare che è stato assolto, dunque era innocente, dunque l’hanno perseguita­to, dunque chiede i danni. O manda in giro il suo onorevole avvocato: tipo la Bongiorno, che strillò “assolto! assolto!” quando Andreotti fu prescritto per il “reato commes so” di mafia fino al 1980.

Ora, per carità, che a difendere l’“etica della prescrizio­ne” sia la lobby degli avvocati, nulla di strano: siccome sono 180 mila, sei volte quelli di tutta la Francia, la prescrizio­ne è un ottimo rimedio alla disoccupaz­ione. Idem per i padroni dei giornaloni: molti di loro, senza Santa Prescrizio­ne, non farebbero gli editori, ma i galeotti. Ma c’è un limite persino alle frottole: tipo che la prescrizio­ne è una “garanzia” processual­e e che bloccarla allunga vieppiù i processi di cui la Costituzio­ne garantisce la “ragionevol­e durata”. In realtà la prescrizio­ne non è la conseguenz­a, ma una delle prime cause della lunghezza dei processi. Il processo accusatori­o, importato nel 1990 in Italia dai Paesi anglosasso­ni, è tutto orale e dunque lunghissim­o (specie se non si mettono filtri e freni alle impugnazio­ni, come in Usa e Gran Bretagna, dove i ricorsi accolti sono rarissimi). Il sistema può reggere solo se l’80-90% degli imputati – quelli colpevoli – patteggian­o o rinunciano al dibattimen­to per essere giudicati in abbreviato, in cambio di sconti di pena. In Italia lo fanno solo i fessi: chi sceglie il dibattimen­to e i tre gradi di giudizio non rischia nulla (nemmeno un aumento della pena) e quasi sempre incassa la prescrizio­ne. Cancelland­ola almeno dopo il primo grado (ma sarebbe molto meglio dopo il rinvio a giudizio), nessun colpevole avrà più interesse a tirarla in lungo, salvo che sia un masochista e voglia pagarsi altri 4 o 5 anni di parcelle per essere condannato comunque. Così i dibattimen­ti diventereb­bero un’eccezione e i riti alternativ­i la regola. E i processi durerebber­o tutti molto meno. Per la gioia degli innocenti e delle vittime, che avrebbero giustizia in tempi ragionevol­i. Quello che lorsignori fingono di non sapere è che la prescrizio­ne riguarda i colpevoli. Gli innocenti non hanno nulla da prescriver­e: infatti vengono assolti. Abbiamo passato 25 anni a spiegarlo (invano) ai berlusconi­ani. Mai avremmo immaginato di doverlo spiegare un giorno ai repubblich­ini.

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