“Fondi trasparenti ai partiti Evasori, pene come ai ladri”
Intervista al presidente Anac sulle norme che dividono M5S e Lega
■ Siamo a uno snodo culturale decisivo sul tema del finanziamento alla politica. Dobbiamo scegliere se vogliamo avvicinarci agli Stati avanzati o se vogliamo preservare l’opacità”, dice il magistrato
“Siamo a uno snodo culturale decisivo sul tema del finanziamento alla politica. Dobbiamo scegliere se vogliamo avvicinarci agli Stati avanzati o se vogliamo preservare l’opacità”. Raffaele Cantone da magistrato, ma soprattutto da presidente dell’Autorità anticorruzione, segue da vicino la triplice partita in Parlamento su prescrizione, trasparenza dei finanziamenti a fondazioni e partiti e revisione delle soglie di punibilità e delle pene per i reati fiscali. Presidente Cantone, è d’accordo a fermare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado come propone il governo con un emendamento al disegno di legge Anticorruzione?
Il tema va affrontato. Pochi Stati prevedono la prescrizione che da noi è spesso quasi un’amnistia, visto il numero di processi che si chiude così. Il ministro Orlando aveva fatto uno studio: in alcune Corti d’appello e tribunali i numeri delle prescrizioni erano particolarmente alti senza alcuna correlazione con il numero di reati commessi sul territorio. E questo dimostra che il problema della prescrizione è prima di tutto di organizzazione degli uffici giudiziari.
La soluzione Bonafede la convince?
No. Il principio della ragionevole durata del processo cozza con l’idea che questo possa non avere più limiti di tempo dopo una sentenza di primo grado. Se il problema della prescrizione è prima di tutto organizzativo, una norma del genere non rende più efficienti gli uffici giudiziari, ma anzi tranquillizza, perché non c’è più alcuna urgenza di chiudere il processo.
Ma oggi gli avvocati hanno incentivi a tattiche dilatorie che sovraccaricano gli uffici.
I numeri bassi di alcuni uffici di prescrizione, a parità di tattiche dilatorie, dimostrano che è soprattutto un problema organizzativo. Se la tattica è quella di portare avanti i processi senza limiti, per neutralizzarla bisogna prima intervenire su alcune norme del codice per togliere gli appigli normativi. Non basta bloccare la prescrizione. Poi ho un’obiezione di tipo ideologico: un soggetto deve essere condannato per quello che è in quel momento. Che senso ha condannare un impiegato pubblico per corruzione 20 anni dopo il fatto quando sarà già in pensione?
Un altro emendamento dei 5Stelle al disegno di legge Anticorruzione vuole alzare le pene e abbassare le soglie di punibilità per i reati fiscali. È d’accordo?
Sono favorevole, nel nostro Paese l’evasione deve essere considerata una cosa grave. L’evasore fiscale è un ladro di risorse pubbliche e come tale va trattato. Chi evade un milione di euro deve essere trattato come chi ha fatto un furto da un milione di euro. Con il decreto Sicurezza si sono ampliate le pene per i furti in abitazione, non vedo per- ché non dovrebbe essere così anche con chi ruba a tutti.
Una stretta che arriva però in parallelo all’ennesimo condono fiscale.
Il condono riguarda il passato. È vero che a ogni nuovo provvedimento di clemenza i contribuenti maturano l’aspettativa che presto ne arriverà un altro e gli onesti si sentono sempre più danneggiati. Ma la modifica delle soglie di punibilità dei reati fiscali riguarda il futuro. È anche un contrappeso al condono. La Lega invece propone un emendamento per fermare le nuove norme sulla trasparenza delle donazioni a partiti e fondazioni, cancellando anche il divieto di ricevere fondi da Stati stranieri. La trasparenza va mantenuta. Fondazioni e associazioni devono essere trattate come i partiti politici. E un soggetto pubblico straniero che fa una donazione a un partito tramite una fondazione interferisce con la politica di uno Stato. Potrebbe essere invece un eccesso impedire ai privati stranieri di fare donazioni, ma serve comunque trasparenza. La parte della legge Anticorruzione sulle fondazioni è un grande salto culturale che prende atto che è cambiato il finanziamento alla politica e quindi sale la necessità di controllo.
Rimpiange il finanziamento pubblico?
Abolirlo è stato un errore. C’erano stati abusi inaccettabili ma bisognava intervenire sugli abusi, con controlli in entrata e in uscita sui bilanci dei partiti. Si sarebbe potuto salvare un importante meccanismo democratico.
Avete indagato sul sistema delle concessioni. Che avete scoperto? Abbiamo voluto capire, già prima della tragedia di Genova, lo stato delle concessioni per emanare poi linee guida su quante attività i concessionari devono appaltare all’esterno. Siamo rimasti stupiti dalla quantità di concessioni su cui neppure i concedenti avevano informazioni, per esempio sul gas. Le proroghe durano da tempo immemorabile, senza gare. Alcuni concessionari si sono rifiutati di collaborare e sono arrivati a impugnare il provvedimento con cui chiedevamo gli atti, in particolare i concessionari aeroportuali.
Anche Adr dei Benetton? Certo, fa parte dell’associazione dei concessionari aeroportuali che ha impugnato con ricorso straordinario al presidente della Repubblica il provvedimento con cui chiedevamo informazioni. I concessionari sono soggetti che utilizzano beni pubblici. Lo Stato decide di far gestire questi beni ai privati, ma alcuni si considerano ormai i veri proprietari. Abbiamo segnalato tutto a Palazzo Chigi e ai ministeri competenti. Speriamo intervengano.
La prescrizione deve essere l’eccezione, non la regola ma il problema si risolve organizzando meglio gli uffici
Molti concessionari si sono rifiutati perfino di comunicare i dati sulle concessioni, come Adr dei Benetton
Giuste le sanzioni più elevate e le soglie più basse: chi ruba allo Stato va trattato almeno come gli altri ladri