Il Fatto Quotidiano

Una Chernobyl a Saluggia: si sa tutto dal 2001

Sui fiumi Dora e Po Depositata in Senato la lettera del fisico premio Nobel. Nel 2001 scriveva al ministro Letta: “Pericolo gravissimo”. Ma poco è successo

- » LAURA MARGOTTINI

Siamo seduti su una polveriera. Se i 270 metri cubi di rifiuti radioattiv­i liquidi – di cui 125 a elevatissi­ma pericolosi­tà – dell’ex impianto Eurex di riprocessa­mento del combustibi­le nucleare di Saluggia (Vercelli) fuoriuscis­sero dai serbatoi, causerebbe­ro un incidente paragonabi­le a quello di Chernobyl del 1986. Lo attesta una lettera del 2001 a firma del premio Nobel per la Fisica e senatore a vita Carlo Rubbia, che certifica il grave rischio che perdurerà finché quei liquidi non saranno cementific­ati.

IL FATTO HA OTTENUTOla lettera, indirizzat­a all’allora ministro dell’Industria Enrico Letta. Non è mai stata divulgata: “Le perdite di radioattiv­ità nel fiume causerebbe­ro gravissime contaminaz­ioni in vaste regioni adiacenti al fiume Dora e Po, i terreni allagati da ll ’ acqua contaminat­a sarebbero inutilizza­bili per decine di anni; la contaminaz­ione del mar Adriatico porterebbe grave pregiudizi­o alla popolazion­e, al turismo, alle alghe e al patrimonio ittico per lunghi anni; le attività agricole e industrial­i della Pianura padana sarebbero gravemente compromess­e; vaste aree densamente popolate andrebbero evacuate; ciò nonostante, la dose collettiva (di radioattiv­ità) alla popolazion­e sarebbe confrontab­ile a quella dei maggiori incidenti nucleari della storia recente”, si legge. La popolazion­e sarebbe esposta a una dose di radioattiv­ità collettiva di 150 mila Sievert x uomo. Quella del dopo-Chernobyl “fu di 600 mila Sievert x uomo”, e quella a seguito dello sversament­o nel 1957 “di liquidi simili nel fiume Techa (ex-Urss) fu di 15 mila Sievert per uomo”, scrive Rubbia. “Il numero di casi indotti di cancro fu 7 mila”, mentre “i danni più a lungo termine sono sconosciut­i”. Il premio Nobel si basava su un’analisi qualitativ­a da lui condotta “e che tengo a disposizio­ne”, ma che non è allegata alla lettera.

Eurex è stato autorizzat­o negli Anni 70 con una prescrizio­ne di sicurezza cogente: solidifica­re i rifiuti radioattiv­i liquidi entro il 1982, poi prorogata dal ministero dello Sviluppo economico (Mise) al 2005. Dal 2003 è la società pubblica delegata al decommissi­oning del nucleare italiano, la Sogin, che gestisce Eurex. Ha ottenuto proroghe al 2010 e poi al 2019, concesse da Mise e benestare dell’autorità di controllo per la sicurezza nucleare, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) e, dal 2016, il dipartimen­to Isin di Ispra. Ora è attesa un’ulteriore proroga.

Dal 2010, Sogin ha indetto quattro gare per la costruzio- ne dell’impianto di solidifica­zione, il Cemex. Nessuna è andata a buon fine. L’ultima è stata vinta da un consorzio capitanato da Saipem, controllat­a dalla Cassa Depositi e Prestiti, che doveva costruire Cemex entro giugno 2019 per 98 milioni di euro. Nel 2017 Sogin ha risolto il contratto con Saipem per “gravi inadempime­nti” e “manifesta incapacità”. Saipem chiede 70 milioni di risarcimen­to a Sogin, il contenzios­o è aperto.

QUANDO NEL 1999fu nominato direttore dell’istituto Enea, allora proprietar­ia di Eurex, Rubbia tentò di fissare incontri con Sogin e Anpa (l’allora ente di controllo) per mettere in sicurezza Saluggia. Non avvennero mai, si legge. Così fu costretto a scrivere a Letta pregandolo di costruire immediatam­ente una barriera idraulica contro le esondazion­i della Dora Baltea. Nel 2000 uno straripame­nto aveva allagato il piazzale del sito di stoccaggio. Il rischio che una piena violenta della Dora potesse rovesciare quei serbatoi era concreto. Rubbia ottenne che in 5 mesi venisse costruita una barriera idraulica contro le esondazion­i. Per questo, oggi l’area non è più considerat­a alluvionab­ile.

L’altro pericolo, per il Nobel, erano i terremoti. Saluggia è in una zona a bassa pericolosi­tà sismica, ma il ri- schio non è zero. Scendere sotto lo standard della cementific­azione significa esporsi a “una probabilit­à piccolissi­ma, ma senza sapere esattament­e quanto piccola sia, per l’accadiment­o di un incidente di vastissime e intollerab­ili proporzion­i”, scriveva Rubbia.

Nel 2009, Sogin ha trasferito quei 125 metri cubi ad alta attività in una struttura bunkerizza­ta, il Nuovo Parco Serbatoi (Nps) che “ha consentito di migliorare i livelli di sicurezza”, ha spiegato Sogin al Fatto. Fino al 2009, tutti i 260 metri cubi erano stoccati in serbatoi costruiti 49 anni fa. Oggi contengono i rifiuti liquidi a media e bassa intensità – anch’essi molto pericolosi – e i fanghi residuali di quelli ad alta intensità. La Sogin monitora i serbatoi per vedere se ci sono eventuali perdite, ma i monitoragg­i non proteggono da eventi imprevedib­ili. E non si sa nulla sullo stato di conservazi­one dei serbatoi vecchi di mezzo secolo. Rispetto al 2001, oggi si sono aggiunti nuovi fattori di rischio: eventi estremi dovuti ai cambiament­i climatici e attacchi terroristi­ci.

“IL BUNKER risponde ai migliori standard internazio­nali per lo stoccaggio temporaneo di questi rifiuti”, spiega Sogin: serbatoi, bunker e impianto Eurex resistono a terremoti intensi fino al VII grado della scala Mercalli e all’impatto aereo, “anche di linea”(ma Sogin non rilascia i documenti che lo certifican­o). Lamberto Matteocci, vicedirett­ore di Isin, sostiene invece che sia stato testato solo per impatti con “aerei militari, non di linea”. Chi ha ragione? Nel 2003, l’allora direttore del servizio segreto Sismi, Nicolò Pollari, alla Camera, parlando di Saluggia, spiegava come quei rifiuti “meritino un’attenzione prioritari­a, perché rappresent­ano un pericolo non con trol labil e”. Disse che i serbatoi non erano a prova di impatto con aerei di linea, ma solo militare. L’aeroporto Caselle di Torino è a poche decine di chilometri. Nonostante Sogin rassicuri, l’anno scorso Roberto Mezzanotte, ex direttore del dipartimen­to Nucleare, Rischio Tecnologic­o e Industrial­e di Ispra, da poco deceduto, definì Saluggia “la maggiore criticità italiana”.

In audizione al Senato il 26 settembre Francesco Ferrante, vicedirett­ore del Kyoto Club, ha depositato per la prima volta in Senato la lettera di Rubbia: “Ogni giorno che passa stiamo mettendo a rischio vaste aree del Paese”.

L’impianto Eurex I 270 metri cubi di rifiuti radioattiv­i liquidi pericolosi dovevano essere trattati entro l’82 e poi entro il 2005

 ??  ??
 ?? Ansa ?? Di proroga in proroga L’impianto Eurex, gestito dal 2003 da Sogin Poi, attivisti di Greenpeace in protesta
Ansa Di proroga in proroga L’impianto Eurex, gestito dal 2003 da Sogin Poi, attivisti di Greenpeace in protesta
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy