La serie, le scie e Rocco (Schiavone, non Casalino)
Da Visconti a Totò, da Elio Petri a Moretti fino al prossimo cinepanettone: “Natale a 5 Stelle”
Dall’egemonia
comunista di Lizzani e Visconti alle scie chimiche di Rocco Schiavone, l’audiovisivo italiano è sempre politico, se non che si filma in scala 1:1 e il rimpicciolimento della cosa pubblica dà nell’occhio. Si faceva cinema per militanza, adesione ideologica, fiancheggiamento poetico, oggi mera opportunità e semplice Zeitgeist vanno per la maggiore. Pensare che ci fu perfino l’imbarazzo della scelta: “La mortadella è comunista. Il salame socialista. Il prosciutto è democristiano. La coppa… liberale. Le salsicce, repubblicane. Il prosciutto cotto è fascista!”. All’affettatrice con Caruso Paskoski di padre polacco era trent’anni fa Francesco Nuti, l’attuale arco parlamentare richiederebbe nuovi insaccati, sebbene il cotto si difenda benissimo. Non è più tempo di Pci, la predominanza comunista sul cinema italiano, così egemonica da ascrivere chi comunista non era, da Risi a Fellini, da Rossellini a De Sica, e da permettersi il dissidio interno: non con tutti. Con Pasolini no. Ma PPP l’intellettuale borghese comunista se lo mangia in un sol boccone, anzi, per lui lo fanno – è l’allegorico corvo – Totò e Ninetto Davoli in Uccellacci e uccellini (1966).
IL PRINCIPE DE CURTISsolo tre anni prima s’era prestato a Gli onorevoli di Corbucci, mandando agli annali il “Vot’Antonio!” del monarchico La Trippa, mentre nel ’ 68 saranno Franco e Ciccio – prestatisi a uno spot elettorale della Dc – a riversare in formato famiglia l’opposizione tra Pci e Democrazia Cristiana ne I 2 deputati. Gli anni Settanta sono della militanza: dai videoteppisti teorizzati da Roberto Faenza (il saggio Senza chiedere il permesso. Come rivoluzionare l’informazione, 1975) al passo doppio di Francesco Rosi ( Cadaveri eccellenti, 1976) e Elio Petri ( Todo modo, 1976), che profetizzano l’assassinio di Berlinguer e di Moro e l’uscita di scena dei rispettivi partiti. Ma il compromesso storico sopravvive tra il partigiano co- munista sceneggiatore Rodolfo Sonego e il democristo Alberto Sordi, mica robetta.
POI, è tutto Nanni Moretti, alias Michele Apicella: ex sessantottino, ex dirigente del Pci, si fa parabola rossa di un dis-sentire comune, delegando però il riflusso ideologico al don Giulio de La messa è finita (1985).
Negli anni Ottanta sono i Vanzina, Carlo e Enrico, a farsi corrente di governo: lo yuppismo, il vacanzismo (di Natale), l’edonismo cafonal preconizzano la discesa in campo di Silvio Berlusconi, il Caimanomorettiano cui Sorrentino darà del Loro. Tramontate le ideologie, spenti gli ultimi fuochi fatui della militanza, si abbassa l’asticella artistica, e nondimeno si incespica: Il portaborse di Daniele Luchetti, con il ministro delle Partecipazioni statali Nanni Moretti, anticipa Tangentopoli. Il resto è paro- dia: inverata, come nel dittico ( Qualunquemente, Tutto tutto niente niente) di Antonio Albanese alias Cetto La Qualunque; sfatta, come in Viva l’I t al i a
( 2 01 2 ) di Max Bruno; elegante e compita, come in Viva la libertà (2013) di Roberto Andò. A prendere per i fondelli, anzi, per le ampolle dell’acqua del Po la Lega è Checco Zalone con Cado dalle nubi, mentre l’uno vale uno pentastellato si condensa nel Benvenuto presidente!, con Claudio Bisio. E sul fronte seriale? Ci sono gli excursus,
1992 e seguenti, e c’è Rocco Schiavone : terza puntata, seconda stagione, il vicequestore ( Marco Giallini) conosce il commissario della Scientifica, l’incasinata, buffa e nerd Michela Gambino (Lorenza Indovino), che lo introduce al complottismo. Dalle scie chimiche (“Alla fine ci controlleranno tutti con gli agenti psicoattivi”) all’immancabile Soros (“Perché è andato a vivere su un’isola senza rotte aeree?”), fino ai potenti (“Lei lo conosce il club dei 300, vuole sapere i nomi ?”): “Brava è brava, strana è strana”, sentenzia Schiavone, sopra tutto, è una grillina della prima ora. E spalanca una porta aperta: il 7 dicembre arriva il primo film italiano co-prodotto da Netflix, s’intitola Natale a 5 Stelle. Un cinepanettone vale un cinepanettone?
Sullo schermo Come cambia il racconto della politica nel cinema e nella fiction. Che ora si fa gialloverde