Il Fatto Quotidiano

Depistaggi­o su via D’Amelio: in aula pm, investigat­ori e 007

Caltanisse­tta Domani inizia il dibattimen­to per i poliziotti accusati di aver indotto Scarantino ad auto incolparsi e a mentire sulla strage

- » GIUSEPPE LO BIANCO E SANDRA RIZZA

Ci sono l’ex ministro Nicola Mancino e l’ex vicecapo della Polizia Luigi Rossi, l’ex numero tre del Sisde Bruno Contrada( poi condannato per mafia) e l’ex capocentro di Palermo Andrea Ruggieri, e c’è anche il defunto Luigi De Sena, dall’85 al ’92 al Sisde in qualità di direttore dell’Uci, che comunque nel Borsellino quater aveva già rilasciato deposizion­i definite dai pm “lacunose”: scomparso nel 2015, è stato citato (per una svista) dall’avvocato Giuse ppe Seminara, difensore degli ispettori di polizia F ab ri zi o Matt ei e Michele Ribaudo, imputati con il funzionari­o Mario Bo nel processo per il depistaggi­o di via D’Amelio che si apre a Caltanisse­tta domani. Obbedendo agli ordini del loro capo, il superpoliz­iotto Arnaldo La Barbera (morto nel 2002), i tre poliziotti avrebbero “indotto” Vincenzo Scarantino, con minacce e pressioni, a fingersi uno stragista e a interpreta­re il ruolo del pentito- chiave dell’inchiesta Borsellino.

LE LISTE TESTI depositate in cancelleri­a da accusa e difesa preannunci­ano la sfilata in aula dei vertici dei Servizi dell’epoca, ma anche di ufficiali dei carabinier­i ( Giovanni Arcangioli, l’uomo della foto con in mano la borsa di Borsellino), di funzionari di polizia ( Vincenzo Ricciardie Salvatore La Barbera) e di pm protagonis­ti dell’inchiesta che avallò il falso pentimento di Scarantino: da Anna Palmaa Nino Di Matteo, da Roberto Saieva (oggi procurator­e generale a Catania) a Paolo Giorda- no, a Carmelo Petralia, che ha raccontato di un pranzo all’hotel “San Michele” su invito del procurator­e di allora, Gianni Tinebra, in cui si chiacchier­ava amichevolm­ente degli sviluppi dell’inchiesta con Contrada e altri 007. “C’erano battute – ha detto Petralia –, c’era molta familiarit­à”. A salire sul pretorio sarà anche l’ex direttore del carcere di Pianosa, Vittorio Cerri, chiamato dalla difesa di Bo a dire se è vero che al primo colloquio investigat­ivo con Scarantino, nel giugno ’94, era attesa Ilda Boccassini, poi sostituita dallo stesso Bo. E infine, oltre allo stesso Scarantino, e ai pentiti giudicati invece attendibil­i, de- porranno in aula anche i 40 poliziotti che fecero parte, come gli imputati, della squadra “Falcone-Borsellino”, il gruppo istituito nel ’93 con un decreto ad hoc, per indagare sulle stragi.

È POSSIBILE che i tre uomini in divisa oggi accusati del depistaggi­o siano stati solo esecutori – sia pure consapevol­i – di ordini illegittim­i, ma, dai nomi presenti nelle liste testi, il nuovo processo sembra puntare più in alto: in aula si dovrà verificare se (come ipotizzato dal gip) chi depistò lo fece con l’obiettivo di proteggere i veri autori della strage, e dunque se dietro l’invenzione della marionetta Scarantino vi fu un interesse specifico degli apparati (o di altri soggetti) alla “copertura” dei committent­i occulti di via D’Amelio. Anche per spiegare, attraverso le testimonia­nze, il condiziona­mento di un’indagine che, fin dai momenti successivi all’esplosione, appare infarcita di inspiegabi­li veline del Sisde, coinvolto contra legem’ dalla Procura nissena fin dalle prime battute dell’inchiesta.

Prima fra tutte quella del Centro di Palermo che il 13 agosto ’92, assai prima della comparsa sulla scena investigat­iva di Salvatore Candura e dello stesso Scarantino, comunicò alla direzione di Roma che la polizia aveva acquisito “significat­ivi elementi informativ­i” su l l’a ut obomba di via D’Amelio, comprese “indicazion­i per l’identifica­zione degli autori del furto dell’auto”. Una circostanz­a definita dai giudici della Corte d’assise del Borsellino quater “del tutto inspiegabi­le”.

Al centro del mistero, ancora una volta, c’è il fantasma di Arnaldo La Barbera, l’asso dell’antimafia, che nell’86 e ’87 risultava a libro-paga del Sisde con il nome in codice di “Rutilius”. È lui, secondo la ricostruzi­one della Procura nissena, il regista del depistaggi­o che vede Contrada e i servizi tra i protagonis­ti dell’inchiesta farlocca che trasformò il piccolo spacciator­e Scarantino in un mafioso di rango, amplifican­do la sua parentela con il boss Salvatore Profeta. Ed è per questo che il legale di Salvatore Borsellino, l’avvocato Fabio Repici, ha chiesto la citazione dell’anziano 007 condannato per mafia (la cui pena è stata cancellata dalla Corte europea dei diritti umani) a deporre “sulle interlocuz­ioni da lui e/o da altri funzionari del Sisde eventualme­nte avute con il dr. Arnaldo La Barbera e/o con altri investigat­ori incaricati delle indagini sulla strage di via D’Amelio e/o con funzionari gerarchica­mente sovraordin­ati allo stesso La Barbera’’.

L’inchiesta alla sbarra La Procura ha ricostruit­o il ruolo del gruppo guidato da La Barbera, scomparso nel 2002

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Ansa 19 luglio 1992 Uccisi Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta

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