Hunter Killer mette d’accordo russi e ucraini
L’action Usa che parla del rapimento del capo del Cremlino censurato in entrambi i Paesi
Abissi profondi e gelidi solcati da un sottomarino nucleare. Dentro ci sono i Navy Seals che devono liberare il presidente russo preso in ostaggio dal suo ministro della Difesa. È in atto un colpo di Stato a Mosca. La missione degli americani è la solita: salvare il mondo ed evitare la terza guerra mondiale. Per farlo ci mettono due ore: più o meno è questa la trama del film “Hunter killer” di Donovan Marsh che i russi non vedranno mai.
L’OCCH IO del controllo del Cremlino è sempre aperto. Stavolta non è stata la censura, ma il ministero della Cultura a bloccare l’uscita del film in arrivo da oltreoceano: agli archivi di Stato “non risulta traccia della licenza di proiezione”, che invece la casa di distribuzione Megogo aveva fornito in anticipo. La vera causa, scrivono stampa, produttori e distributori, è un’altra: Hollywood ha tentato di sminuire l’immagine del presidente – quello vero, Putin – con una trama che ne minaccia la forza.
Doveva essere un successo di inizio novembre al botteghino: ghiaccio e fuoco nel mare di Barents, razzi che fanno saltare in aria montagne di neve, milioni spesi in effetti speciali, ma in Russia è stato l’intero film a essere silurato. Come in Caccia a Ottobre Rosso, il protagonista è un capitano: Gerard Butler. Mentre urlava “ai posti di combattimento!”, sonar, periscopi e scene iper-realistiche hanno fatto dimenticare all’attore che si trattava di finzione: “Mi sembrava davvero di comandare un sottomarino”. Questo perché i sommergibili ci sono davvero: quelli della serie Virginia dell’esercito a stelle e strisce, per la prima volta usati al cinema. Alla produzione del film ha partecipato la Marina militare americana, gli equipaggi eseguono veri protocolli e procedure di manovra, replicati fedelmente dalla prima all’ultima scena. Simulazione troppo realistica per il ciclope della censura di Mosca in perenne veglia.
Ma nella saga della Guerra Fredda dei cinema questo è solo il capitolo tre. A inizio anno il film satirico del britannico Iannucci, Morto Stalin se ne fa un altro è stato vietato in Russia perché bollato come atto di “guerra psicologica, estremismo”. Matilda, il film russo sull’amore dell’ultimo zar Ro- manov con una ballerina, ha causato attacchi di molotov alla casa del regista e un attentato di estremisti religiosi a un cinema di Ekaterinburg. Hunter killer invece in sala non arriverà neppure.
Dimitry Gutkov, membro dell’opposizione russa, ha det- to che “Putin non si può spodestare nemmeno per finta”. Se Mosca non è pronta a questo ipotetico scenario neppure nel buio delle sale e traccia una linea, l’Ucraina mette un punto. È un gioco di schermi ma anche di specchi: per sinergie opposte, il risultato è il medesimo. Anche Kiev non trasmetterà Hunter killer nelle sale “per una legge del ministero della Cultura che vieta di trasmettere opere che parlino bene delle forze di sicurezza russe”, dice Kinomania, l’azienda che doveva distribuire il film nel territorio di guerra, dove il film è stato ribattezzato “Salvate il soldato Putin”. E questo gli ucraini non vogliono farlo nemmeno a cinema.