Il Fatto Quotidiano

Stupri, truffe, spaccio: i reati che la Lega vuole prescritti

Salvini difende la prescrizio­ne. Conte: “È nel contratto” (e convoca i 2 vice)

- ▶ DE CAROLIS, MILOSA, ZANCA

■Tra i delitti estinti dal fattore tempo, non solo quelli dei colletti bianchi. Ma anche quelli “di strada” agitati dai leghisti: abusi sessuali, pedofilia e omicidi colposi (da Viareggio a Rigopiano)

Alla fine sarà voto di fiducia, per blindare quel decreto Sicurezza firmato e voluto da Matteo Salvini. Perché i Cinque Stelle non vogliono i voti di Forza Italia e soprattutt­o di Fratelli d’Italia, aspiranti alleati di complement­o del governo. E poi perché non si fidano fino in fondo della Lega, con cui ieri hanno bisticciat­o forte per tutto il giorno anche sul maxi-emendament­o al decreto. Ma il testo arriverà in aula al Senato stamattina. E andrà votato in un colpo solo, come una pillola da mandare giù. Di quelle amare, per il Movimento. Però necessaria, per tenere assieme due contraenti condannati a stare assieme. E così oggi, salvo cataclismi, il dl Sicurezza passerà di forza, cioè con la fiducia, a Palazzo Madama. E non verrà votato dai forzisti e da FdI, con Giorgia Meloni che ieri già pungeva Salvini: “La ruspa del Carroccio è diventata scopa e paletta”. E molto probabilme­nte non diranno sì neanche i quattro dissidenti del Movimento, Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Elena Fattori e Matteo Mantero.

QUATTRO SENATORI con storie e obiettivi diversi tra loro, che per evitare l’espulsione dal gruppo potrebbero restare fuori dell’aula al momento del voto. Ed è il finale in cui sperano anche nel M5S: perché cacciare eletti sarebbe un lusso, nel Senato dove la maggioranz­a ha un margine di soli sei voti. Tenuto conto anche del fatto che nel Movimento è già in bilico un altro senatore, Saverio De Bonis, eletto in un collegio uninominal­e della Basilicata, e che a settembre è stato deferito al collegio dei Probiviri del Movimento, perché condannato dalla Corte dei Conti (anche in appello) a pagare circa 2.800 euro alla Regione Basilicata.

Una spada di Damocle sul capo di De Bonis, schieratos­i con toni durissimi contro il via libera al gasdotto Tap nei giorni scorsi. Ma ora conta la votazione a Palazzo Madama sul decreto. Coperto con la fiducia, anche per evitare che nei voti segreti Lega e 5Stelle potessero tirarsi brutti scherzi reciproci, da rinfacciar­si poi. E anche perché il timore dentro il Movimento era che la fronda potesse ingrossars­i, salendo ad almeno 7-8 senatori. “Questo provvedime­nto non piace a tanti di noi, è indige- ribile” assicurava ieri Fattori davanti a un cappuccino, dentro la buvette del Senato. “Anche se ci dicessero ‘vi crocifiggi­amo’ non potrei votare un testo così contro i diritti umani” giurava. E allora, cosa farà oggi? “Se ci sarà la fiducia vedrò cosa fare, vedremo cosa sarà il maxi-emendament­o, io spero fino all’ultimo che migliorino il testo”. E non ha sciolto la riserva neppure De Falco, durissimo contro il sottosegre­tario dimaiano Stefano Buffagni, che in mattinata a Circo Massimosu Radio Capital ne aveva auspicato le dimissioni in caso di no al decreto. “Gente che parla senza sapere di che cosa sta parlando, con una superficia­lità criminale” secondo il senatore.

MA IL TEMA per il Movimento è un altro. Evitare l’abbraccio della destra, sul voto a un provvedime­nto che già pende parecchio da quella parte. Per questo, e anche per dare un segnale di pace ai dissidenti dichiarati e non, il Movimento ha lavorato a correzioni al testo, da infilare nel maxi- emendament­o. E una delle principali è l’eliminazio­ne di sanzioni penali per chi blocchi strade con dei sit-in, “solo con la propria persona”, ad esempio sdraiandos­i in terra. Salvini vorrebbe renderlo un reato, punendolo con anni di carcere e con la revoca del permesso di soggiorno, mentre ora è punito solo con una contravven­zione. La soluzione elaborata dai 5Stelle, a firma del senatore e professore di Diritto civile Ugo Grassi, limiterebb­e un po’ i danni: ossia il sit-in resterebbe punibile con una semplice multa, e il permesso di soggiorno verrebbe revocato “solo” a chi, dopo ripetuti inviti a spostarsi, si facesse portare via dalle forze dell’ordine. Resta da vedere se finirà tutto nel maxi-emendament­o, che farà cadere gli altri emendament­i presentati al dl. E d’altronde proprio sul testo finale ieri M5S e Carroccio se le sono ridate di santa ragione.

UNO SCONTRO che inizia presto, con i grillini che accusano la Lega di aver consegnato loro una versione del maxi-emendament­o diversa da quella finale. E sarebbe un’altra puntata della saga delle norme che appaiono, cambiano o scompaiono nei decreti e ddl del governo. Sta di fatto che in Senato l’aria si fa presto tesa.

Ancora tensioni

Il M5S racconta di aver avuto tardi il testo finale, e vuole correzioni sui sit-in La mini fronda

I quattro “ribelli” non hanno ancora deciso, ma potrebbero uscire dall’aula

Con una parte del Movimento che vorrebbe comunque evitare la fiducia “per non mostrarci deboli”. Mentre i vertici, capitanati dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, piombano a Palazzo Madama per fare il punto. Per questo il premier Giuseppe Conte, in visita in Algeria, rinvia la decisione sulla fiducia a martedì mattina, cioè a oggi.

Deve coprire la trattativa dietro le quinte tra i suoi, parecchio irritati, e Salvini. E sempre per questo nel pomeriggio la maggioranz­a chiede e ottiene la sospension­e dei lavori in Senato, con le opposizion­i all’assalto del governo, “che deve coprire le sue difficoltà”.

MA IERI SERAil testo arriva comunque al ministero dell’Economia per la bollinatur­a, ossia la certificaz­ione della copertura economica delle varie norme. E oggi la partita a Palazzo Madama verrà chiusa con il voto finale. E con la fiducia, così motivata ieri da Luigi Di Maio, in missione in Cina: “Se ci sono opinioni contrastan­ti nella maggioranz­a, è giusto che il governo faccia una ricognizio­ne della fiducia”. Perché fidarsi è bene. Ma non fidarsi è molto meglio, tra gialloverd­i.

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La triade di governo Il premier Conte con i vice Di Maio e Salvini
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Ansa Verdi e gialli Matteo Salvini insieme al deputato Alessandro Morelli; a fianco, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte
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