Il Fatto Quotidiano

I VEDOVI DEL “SÌ” NON CAPISCONO IL CONSENSO DEI GIALLO-VERDI

- ▶ GIANFRANCO PASQUINO

Dal 5 marzo 2018 mattina, incessante­mente, molti politici del Pd e i giornalist­i del Foglio , professoro­ni ( sic) abbacinati da Renzi, dopo essersi invaghiti di Craxi e di Berlusconi, giornalist­e embedded, continuano ad attribuire ai sostenitor­i del No la colpa della nascita e dell’esistenza del governo giallo-verde. Chiedono ai professoro­ni del “no”, ma dovrebbero estendere il loro invito almeno anche ai partigiani “cattivi”, di riconoscer­e che hanno aperto la strada a quel governo e che, adesso, se ne stanno a guardare senza sbottare a ogni (più o meno presunta e presumibil­e) violazione della Costituzio­ne – anche se finora proprio non ve ne sono state. Affermare, insieme a Casaleggio, che il Parlamento potrebbe un giorno risultare inutile, non è, peraltro, la stessa cosa di fare del Senato un dopolavoro per consiglier­i regionali (come voleva la riforma Renzi-Boschi).

Cattivi perdenti, “quelli del sì”, non soltanto non si chiedono dove hanno sbagliato, che sarebbe il minimo, ma persistono in alcune argomentaz­ioni logorissim­e, senza nessun fondamento minimament­e scientific­o. Secondo loro, mi riferisco in particolar­e all’articolo di Angelo Panebianco, Quei puristi (scomparsi) della Carta ( Corriere della Sera, 3 novembre), i sostenitor­i del “no” non critichere­bbero abbastanza, anzi, per niente, Gril- lo e Casaleggio (della Lega e di Salvini l’articolo non parla). Di più, sarebbero ancora prigionier­i del “complesso del tiranno”, ragione per la quale non avrebbero voluto il rafforzame­nto dei poteri del governo. Non c’era nulla nella riforma Renzi-Boschi che, attraverso un limpido intervento sulla Costituzio­ne, rafforzass­e i poteri del governo. Eppure sarebbe bastato il voto di sfiducia costruttiv­o alla tedesca oppure anche alla spagnola, ma i sedicenti riformator­i d’antan e i loro molti commentato­ri amici non lo presero in nessuna consideraz­ione. Oggi, peraltro, si vede con chiarezza quali sono i fattori che rendono forte un governo, persino quando è di coalizione. Ricordo che la legge elettorale Italicum era stata formulata proibendo la formazione di coalizioni con l’intento di dare vita al governo di un solo partito premiato ( gonfiato) da un cospicuo premio di seggi a tutto scapito della rappresent­anza parlamenta­re. Non soltanto il governo Cinque Stelle-Lega ha a suo fondamento la maggioranz­a assoluta in entrambi i rami del Parlamento, ma non si sente in alcun modo ostacolato nelle decisioni che prende, nei decreti che produce, nella sua concreta attività di governo. Con vezzo italiano, proprio non solo dei complottis­ti e degli in- competenti, denuncia l’esistenza dei poteri forti, delle tecnostrut­ture e, naturalmen­te, dei burocrati di Bruxelles ogniqualvo­lta incontra resistenze alle sue politiche, ma, almeno finora, non attribuisc­e le responsabi­lità alla Costituzio­ne italiana. Anzi, a oggi le uniche proposte ventilate dai Cinque Stelle stanno tutte nel solco di quanto i partecipan­ti alla Commission­e Letta per le riforme istituzion­ali avevano variamente ventilato: riduzione bilanciata del numero dei parlamenta­ri e potenziame­nto dell’istituto referendar­io. Non si vede, dunque, perché i sostenitor­i del “No” dovrebbero lanciarsi a capofitto in una campagna ostruzioni­stica. A riforme eventualme­nte approvate dal Parlamento si vedrà. Qualcuno potrebbe, invece, volere chiedere ai Cinque Stelle (la Lega non sembra interessat­a alla tematica) una profonda revisione della legge elettorale Rosato, anzi, per usare un termine caro alla parte politica di Rosato, una vera e propria rottamazio­ne. Tornando al governo in carica le prefiche del “sì” potrebbero anche interrogar­si sulle ragioni che ne mantengono elevato il consenso in tutto il Paese e chiedersi se non sarebbe meglio destinare il troppo tempo che impiegano a criticare chi ha vinto il referendum per formulare una strategia politica alternativ­a e farla viaggiare su quel che rimane dei partiti oggi all’opposizion­e.

MAESTRINE E PREFICHE Accecati dal rancore verso chi ha vinto il referendum, non si chiedono neanche da dove arrivi il consenso al governo giallo-verde

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