Il Fatto Quotidiano

Truffe, stupri, spaccio La prescrizio­ne ‘salva’ i reati odiati da Salvini

A piede libero stalker, abusivi, chi raggira gli anziani e chi scatena le risse: l’autogol della Lega, che è contraria alla riforma

- » DAVIDE MILOSA

Prescrizio­ne stoppata dopo il primo grado e in attesa dell’appello. Tempo e termini fermi. Obiettivo: evitare di perdere per strada processi e sentenze. Il Movimento 5 Stelle ci crede, vuole l’emendament­o nel ddl Anticorruz­ione. Si sostiene: strumento giusto per evitare che “i furbetti della mazzetta” si salvino sempre in corner. Fa muro, invece, l’alleato Matteo Salvini. Il vicepremie­r leghista, trincerand­osi dietro al rischio dei processi infiniti, boccia tutto. Fumata nera ancora ieri, con il premier Conte che però conferma: “La prescrizio­ne è nel contratto di governo”. Eppure questa battaglia politica rischia di far perdere a Salvini consensi sul territorio mandando assolti gli autori di quei reati sui quali da sempre Salvini e la Lega tutta fa campagna elettorale. Dallo stupro alle risse per strada, dallo spaccio alle truffe agli anziani, e poi stalking, omicidi colposi, abusivismo. Insomma un brutto autogol. Escluso il reato di violenza sessuale con prescrizio­ne fino a 15 anni, gli altri non superano i sette anni e mezzo, un periodo di tempo che con la lentezza dei processi italiani rischia di mettere la parola fine a decine di procedimen­ti. Soprattutt­o quelli cavalcati in questi anni dal Carroccio

PARTIAMO ALLORA dal reato più grave, quello che apparentem­ente dovrebbe essere fuori dal rischio prescrizio­ne. E invece sono diversi ed eclatanti i casi di stupro finiti con una drammatica prescrizio­ne. Ultimo in ordine di tempo, quello di Venezia. È il 21 ottobre 2017 quando un uomo che per oltre vent’anni, secondo il giudizio di primo grado, ha abusato della figlia, esce dal tribunale senza un giorno di galera alle spalle e una prescrizio­ne sonante. I fatti risalgono al 1995, quando la figlia ha appena 8 anni. Violenze ripetute. L’uomo separato tiene la figlia durante i fine settimana. La stupra e la fa stuprare dagli “amici del bar”. Dieci anni la condanna di primo grado. Che non sarà mai confermata in appello perché una sentenza della Cassazione su un reato simile avvenuto in provincia di Napoli ha accorciato i tempi della prescrizio­ne eliminando le cosiddette “aggravanti a effetto speciale”. Nello stesso anno, un altro caso di stupro prescritto scuote l’opinione pubblica. Avviene a Torino. E qui più che la prescrizio­ne può la lentezza e la poca attenzione della macchina giudiziari­a. Si tratta di un caso andato a sentenza in primo grado dopo ben quattro anni nonostante il giudizio fosse in abbreviato. Dopodiché, era il 2007, il fascicolo si perde per essere ripescato fuori tempo massimo e senza poter evitare la prescrizio­ne. Protagonis­ta una ragazzina che dopo aver subito violenze dal padre ne subisce altrettant­e nella comunità dove fu mandata. Solo nel 2002 denunciò il suo inferno. Sempre a Torino in una vicenda simile i magistrati della Corte d’appello furono costretti a “chiedere scusa al popolo italiano”.

STALKING E TRUFFE agli anziani sono altri due reati sui quali il rischio prescrizio­ne resta comunque alto. Per entrambi i tempi di annullamen­to del reato sono di sette anni e mezzo. In particolar­e per lo stalking va detto che si proce- de a querela di parte. In via generale, questo tipo di reato viene perseguito dalle forze dell’ordine molto velocement­e. Certamente, però, tutto dipende dalla difficoltà dell’inchiesta e comunque l’iter dei tre gradi di giudizio con una prescrizio­ne sostanzial­mente poco più alta del minimo previsto di sei anni non allontana il rischio. Lo stesso vale per le truffe agli anziani. Un reato che in molti, nelle forze dell’ordine, paragonano a una violenza sessuale. A pesare in questo caso è anche la denuncia della vittima, a volte ritardata, spesso assente a causa delle vergogna di ammettere di essere stata truffata. Al Tribunale di Bologna si è registrata anche una prescrizio­ne per lesioni aggravate. Il contesto è di tipo politico e riguarda il pestaggio di un ragazzo da parte di quattro persone dell’area antagonist­a. Pestaggio avvenuto nel 2008 con processo fissato nel 2012. Cinque anni dopo, nel 2017, la stessa Procura chiese l’ar chiv iazi one per prescrizio­ne. Questo reato, infatti, si prescrive in sette anni. Ed è un reato tipicament­e da allarme sociale. Insomma risse e scazzottat­e, che spesso coinvolgon­o persone non comunitari­e. Come anche lo spaccio di droga, altro elemento preso a bandiera da Salvini per scagliarsi contro il degrado sociale. Succede nelle grandi città come Roma e Milano. E rientra nella fattispeci­e dell’articolo 73 comma 4 e 5. Si tratta dello spaccio delle cosiddette droghe leggere. Pene fino a sei anni e prescrizio­ne breve. Questo vale anche se si viene trovati in possesso di qualche chilo di marijuana.

A CAMPOBASSO uno spacciator­e è stato prescritto, dopo che una interpreta­zione delle Sezioni Uniti della Cassazione ha fatto valere la linea della modica quantità. Il pusher aveva venduto più dosi anche a un minore, il quale però era vi- cino ai 18 anni. Altro elemento questo tenuto in consideraz­ione dai giudici. C’è poi l’omicidio colposo, reato antipatico quando è declinato alle morti dei lavoratori in ambienti inquinanti. A questo si aggiunge spesso quello di disastro colposo. Esattament­e le accuse rivolte agli indagati per la strage dell’hotel Rigopiano in Abruzzo (29 morti) durante il terremoto del gennaio 2017 e che ora, a indagine ancora aperta, rischia la prescrizio­ne. Nel caso poi della Fibronit di Broni, il reato di disastro ( i n qu i n a m en t o di amianto) per tutto l’ex Cda era caduto per la prescrizio­ne. Vi è, infine, il reato di abuso edilizio. In questo settore le prescrizio­ni arrivano a pioggia, ma, come spiegato dalla Cassazione, se il reato si prescrive, non si prescrive mai la demolizion­e della struttura abusiva.

Disastro colposo Anche Rigopiano rischia di essere archiviato, come accaduto per l’amianto della Fibronit

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Ansa Tragedie e giustiziaA Rigopiano nel 2017 morirono in 29. In alto, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede
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