Il Fatto Quotidiano

L’insostenib­ile leggerezza dei commenti al coming out di Paola Egonu

- » ELISABETTA AMBROSI

Lei lo dichiara, senza enfasi, in un’intervista video al Corriere della Sera: “Ho una compagna”. L’intervista­trice la corregge subito in “fidanzata”, e così apparirà nella trascrizio­ne del colloquio ripresa dal web, forse perché “fidanzata” sa meno di Arcilesbic­a e di ideologia arcobaleno. E va bene che Paola Egonu abbia sempliceme­nte risposto a una domanda, è una pallavolis­ta mica un’attivista, ma gli articoli che esaltano il modo naturale in cui avrebbe fatto coming out– cosa ha provato davvero non lo sappiamo – sono la cartina di tornasole di un giornalism­o che maneggia meglio il colore della pelle che i diritti delle lesbiche, parola “sporca” che nessuno ha osato utilizzare in questo frangente. C’è chi, come la Gazzetta dello Sport, attacca la “ridda di appropriaz­ioni e rivendicaz­ioni da parte di associazio­ni gay” ( che hanno fatto solo il loro lavoro, anche perché lo sport è davvero un mondo pieno di omosessual­i nascosti per paura). C’è chi, come il Giornale, esalta Egonu perché, oltre a non usare il termine “compagna” (che invece aveva usato, ndr), non ha sbandierat­o la notizia né fatto propaganda. Ma a fare il santino non richiesto della pallavolis­ta è Vanity Fair, che definisce il suo coming out “quanto di più pulito e prezioso sia apparso da tempo sugli schermi della nostra vita” e la esalta come esempio di calviniana “leggerezza”. Come se esistesse un coming out sudicio, come se non essere eterei, volatili, post-ideologici, ma rivendicar­e con forza le proprie idee o tendenze sessuali – in un Paese biecamente omofobo, per di più – fosse la peggiore delle colpe.

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Ansa La polemica Paola Egonu

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