Il Fatto Quotidiano

Viareggio, Genova L’Aquila, Eternit: parlano le vittime

- FERRUCCIO SANSA

“Pernoi è tardi, la prescrizio­ne farà cadere alcune accuse per la strage di Viareggio. Ma non si fa una battaglia pensando solo al proprio orticello. Bisogna guardare anche al futuro”. Daniela Rombi è una delle anime dell’associazio­ne ‘Il mondo che vorrei’. Quel giorno perse la figlia Emanuela. Era il 29 giugno 2009, morirono 33 persone. Ricorda Daniela Rombi: “Mia figlia rimase tra la vita e la morte per 42 giorni. Poi si arrese”. Da allora cominciò un’indagine che ha richiesto anni. Poi il processo, altrettant­o complesso, visto il numero e il peso degli imputati. Il 31 gennaio del 2017 è arrivata la sentenza di primo grado con le condanne. Nei prossimi giorni a Firenze comincerà l’appello. Marco Piagentini – che rimase gravemente ferito e perse due figli e la moglie – avverte: “Resteranno in piedi le accuse di disastro ferroviari­o. Mentre l’incendio e forse le lesioni sono destinate alla prescrizio­ne. Ma l’incognita è l’aggravante di incidente sul lavoro che è stata riconosciu­ta in primo grado (e garantisce termini di prescrizio­ne più lunghi). Se l’appello non dovesse riconoscer­la, sarebbe spazzato via anche l’omicidio colposo plurimo”. I familiari delle vittime lo hanno sempre spiegato: “Per noi è un dolore. Non per l’entità della pena, ma perché vogliamo tutta la verità. Senza che parte della tragedia e delle responsabi­lità siano cancellate”. Aggiunge Rombi: “Durante il processo abbiamo assistito a manfrine e tentativi di allungare i tempi. Se io fossi innocente, vorrei un processo rapido. Altrimenti la prescrizio­ne diventa negazione della verità”.

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In lotta Daniela Rombi ha perso la figlia nella strage di Viareggio del 2009

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