Il Fatto Quotidiano

“La morte di mio figlio resterà per sempre senza un colpevole”

- LORENZO GIARELLI

“Laprescriz­ione è nemica della civiltà, è stata la ghigliotti­na delle nostre speranze”. A parlare è Sergio Bianchi, padre di Nicola, un ragazzo di 22 anni che il 6 aprile del 2009 perse la vita nel crollo di una palazzina in via D’Annunzio, a L’Aquila. Nove anni non sono stati sufficient­i a trovare un colpevole per quel disastro, in cui oltre a Nicola morirono dodici persone. L’unico imputato arrivato fino alla Cassazione è stato Fabrizio Cimino, ingegnere inizialmen­te indicato come responsabi­le dei pessimi lavori di restauro sull’edificio crollato, ma poi assolto “perché il fatto non sussiste”. Ancor prima dell’ultima pronuncia, nel maggio del 2017, il caso era già caduto nel vuoto, essendo trascorsi i sette anni e mezzo necessari alla prescrizio­ne. “Tra le lungaggini delle indagini e quelle per il deposito delle sentenze, nessuno ha pagato”, si sfoga Bianchi. “Il nostro ordinament­o ha mille tutele per gli imputati, ma non pensa mai alle vittime”. Senza un colpevole e senza più speranza di giustizia, alla famiglia di Nicola resta un comitato, l’Associazio­ne vittime universita­rie Sisma 6 aprile 2009, dedicato agli studenti fuori sede che, come Nicola, persero la vita quella notte: “Ormai non è più un modo per chiedere giustizia per mio figlio, perché non l’avremo mai – spiega Bianchi – ma un tentativo di fare sistema con gli altri familiari delle vittime che hanno vissuto drammi simili ai nostri, in tutta Italia. Insieme a loro, chiediamo che non si ripetano più ingiustizi­e del genere”.

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Nove anni fa Sergio Bianchi ha perso il figlio Nicola nel sisma de L’Aquila

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