Il Fatto Quotidiano

Consip, gli ingressi a Palazzo Chigi che hanno incastrato Luca Lotti

Gli accertamen­ti dei pm per dimostrare che Marroni dice la verità: “Mi disse dell’indagine ”

- » VINCENZO IURILLO, MARCO LILLO E VALERIA PACELLI

L’accusa contro Luca Lotti e le altre presunte “gole profonde istituzion­ali” è partita a Napoli ma è decollata a Roma. Ora che si possono consultare le carte depositate dai pm romani per la chiusura indagine nei confronti dell’ex ministro dello Sport si può vedere il gran lavoro che è stato fatto sulla fuga di notizie “istituzion­ale” che ha bruciato l’inchiesta Consip.

Basta leggere gli atti per capire che gli elementi più forti per una, a questo punto probabile, richiesta di rinvio a giudizio sono stati acquisiti dai pm di Roma Mario Palazzi, Paolo Ielo e Giuseppe Pignatone. I magistrati di Napoli avevano in mano il verbale di Luigi Marroni, l’ex amministra­tore di Consip che ha puntato il dito contro Lotti il 20 dicembre del 2016. Però, senza gli accertamen­ti dei magistrati di Piazzale Clodio, il reato di favoreggia­mento ipotizzato per la prima volta a Napoli, sarebbe stato ben più difficile da sorreggere in un eventuale processo.

GLI ELEMENTI di riscontro nuovi e più importanti, scovati dai carabinier­i del Nucleo Investigat­ivo di Roma guidato dal maggiore Lorenzo D’Aloia, sono due: le richieste presentate da Luigi Marroni proprio a Napoli in tempi “sospetti”, cioè quando l’inchiesta sarebbe dovuta essere segreta, per conoscere la propria posizione, guarda caso, proprio davanti ai magistrati partenopei. Non solo di Roma e Firenze.

E poi gli ingressi a Palazzo Chigi dell’ex manager che dimostrano come le accuse a Lotti non si basano solo su dichiarazi­oni.

Consapevol­i di dovere giocare una partita ostica con all’attivo le parole di un testimone solo, Luigi Marroni, contro quelle di quattro indagati autorevoli come due generaliss­imi dell’Arma, Tullio Del Sette e Emanuele Saltalamac­chia, un ex ministro come Lotti, più un presidente di municipali­zzata come Filippo Vannoni, i Carabinier­i di Roma, su delega dei magistrati romani, hanno svolto un lavoro all’antica. Così i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi hanno verificato le affermazio­ni di Marroni, arrivando a una conclusion­e: anche Luca Lotti, ex ministro, ex sottosegre- tario, sempre renzianiss­imo, è tra coloro che mise in guardia il manager sull’esistenza di un’inchiesta sui vertici e di intercetta­zioni in corso. Lotti adesso è accusato di favoreggia­mento insieme al generale Emanuele Saltalamac­chia, al presidente della fiorentina Publiacqua Filippo Vannoni e all’ex comandante generale Tullio Del Sette, accusato anche di rivelazion­e di segreto.

Innanzitut­to i magistrati capitolini non hanno dubbi che Marroni sapesse dell’inchiesta.

Non lo prova solo la bonifica del proprio ufficio ordinata da Marroni a metà dicembre 2016, quando poi i carabinier­i del Noe ( che all’epoca avevano la delega a indagare) entrano su ordine dei pm di Napoli per chiedere a Marroni chi lo avesse avvertito ottenendo in risposta i quattro nomi che ora rischiano di finire a processo: Del Sette, Saltalamac­chia, Vannoni e Lotti.

La dimostrazi­one che Marroni sapesse sta nelle richieste dei suoi avvocati: a Firenze, Roma e Napoli nel 2016 – quindi prima che l’indagine finisse sui giornali – i legali fanno una richiesta ex articolo 335 del codice di procedura penale, che serve per sapere dalle procure se si è sotto inchiesta. Firenze è la città di Marroni e Roma è il suo luogo di lavora, ma perché a Napoli?

I pm pensano di farselo spiegare dall’avvocato Daniele Ripamonti, che per una decina d’anni è stato consulente legale della Consip e che tramite il suo studio fa le richieste per conto di Marroni.

“La questione venne trattata da Marroni, davanti all’avvocato Beneventi in Consip”, spiega ai magistrati che lo sentono come persona informata sui fatti il 23 gennaio 2018. Aggiunge un dettaglio: “Stranament­e l’incontro avvenne non negli uffici dell’amministra­tore delegato o della Beneventi, cosa che trovai abbastanza strana in consideraz­ione del fatto che ero loro consulente da circa 10 anni, ma nella sala di attesa al IV piano”. Per i pm la richiesta e le sue modalità dimostrano che Marroni conosceva l’esistenza delle indagini e delle intercetta­zioni su Consip a Napoli.

PER QUESTO spediva il suo legale sotto al Vesuvio e gli dava l’incarico in un luogo dove sperava non ci fossero cimici. “Marroni – continua Ripamonti – disse di aver appreso di essere sotto indagini, non ricordo bene se menzionò anche il fatto di essere intercetta­to, e concordamm­o l’opportunit­à di una richiesta di accesso ex articolo 335. Alla fine della discussion­e io proposi di fare la richiesta di 335 a Firenze e Roma, ed egli disse: ‘Aggiunge anche Napoli’”.

I pm romani hanno trovato anche riscontri sul luogo dove è avvenuto l’incontro del 3 agosto 2016, quello nel quale, secondo Marroni, Lotti gli avrebbe svelato l’es i st e nz a dell’inchiesta.

DI QUESTO si parla anche in un confronto all’americana tra Marroni e Lotti del 29 aprile 2018. L’incontro, secondo quanto racconto ai pm dal manager, “non era a Palazzo Chigi, era a Largo Colonna, negli uffici che ha la presidenza del Consiglio sopra la gal- l er ia ”. Marroni aggiunge: “Poi siamo scesi e l’ho accompagna­to a piedi quei cento metri che separano quegli uffici dagli uffici di Palazzo Chigi veri e propri”.

Il 14 luglio, Lotti ai pm dice: “Avevo la disponibil­ità di due diversi uffici, a Palazzo Chigi e a Largo Chigi. Normalment­e, anche se non esclusivam­ente, utilizzavo il primo per gli incontri istituzion­ali: non ricordo se l’incontro del 3 agosto 2016 sia avvenuto a Largo Chigi o a Palazzo Chigi, anche se è più probabile in questa’ultima sede”.

La procura delega i carabinier­i a chiarire “quali varchi della Presidenza del Consiglio del ministri è stata utilizzata, durante il mese di agosto 2016, la tessera Vip consegnata a Marroni per l’accesso del 3 agosto 2016”. Il 23 marzo Palazzo Chigi risponde: “È stata utilizzata esclusivam­ente per l’accesso presso la sede di Largo Chigi”.

Proprio come diceva Marroni, che resta così testimone mentre Lotti resta indagato.

Carabinier­i di Roma Gli atti dimostrano che le accuse all’ex sottosegre­tario non si basano solo su parole A novembre 2016 il manager mi parlò di intercetta­zioni Verificamm­o a Napoli

IL LEGALE A Largo Colonna, negli uffici della Presidenza del Consiglio arrivò la soffiata

L’EX AD I controlli

Verifiche anche sulla tessera Vip con la quale il manager andava dall’ex ministro

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