Bergamin, il sindaco che delira su gay e cavalli
Il leghista è ossessionato dalle unioni omosex e dai migranti (fa le ronde da solo in città)
La
politica, a volte, è ingiusta. Ieri le piazze se la sono presa con Simone Pillon, da mesi sui giornali per le sue esternazioni – e il suo ddl – in tema di diritti civili, ma c’è un altro leghista che nell’ombra piccona senza sosta contro unioni omosessuali, migranti e tutto ciò contro cui può prendersela un salviniano.
All’anagrafe è Massimo Bergamin, ha 54 anni, è iscritto alla Lega e dal 2015 fa il sindaco di Rovigo.
Più che per meriti politici, i più attenti lo ricorderanno per le prese in giro di Maurizio Crozza o per quelle sue uscite a metà tra Lorenzo Fontana e Mario Adinolfi. Sulle unioni omosessuali, per esempio: “Mai e poi mai celebrerò un matrimonio tra due persone dello stesso sesso. E se un bel giorno si presentassero in tre? E se qualcuno viene qua con un cavallo e vuole sposare quello?”
Finirà che vostra moglie scapperà con la serva, si diceva nella Prima Repubblica. Bergamin, fedele al partito, amministra Rovigo con l’ossessione della sicurezza e col pallino dell’immigrazione. Ogni tanto, per sua stessa ammissione, va in giro di notte a fare le ronde da solo, “per verificare che sia tutto a posto”. Evidentemente non soddisfatto, tempo fa aveva sollecitato l’ex ministro Angelino Alfano a mandare l’esercito per le strade della città – nel frattempo divenuta Bronx d’Italia senza che nessuno se ne accorgesse – paventando persino l’ipotesi di chiedere aiuto a Vladimir Putin.
PER FORTUNA non ce n’è stato bisogno. Rovigo è sopravvissuta senza scomodare i caschi blu dell’Onu, ma le ansie di Bergamin non si sono placate. Con tutti quegli immigrati, d’altra parte, c’era poco da star tranquilli: “In giro solo clandestini (Bergamin deve saperli distinguerli alla vista dagli immigrati regolari, ndr). Bici senza fanali, cuffiette, abiti firmati, pancia piena, cellulare in mano, sorriso a 32 denti”. Chissà se non avessero sorriso, cosa avrebbe pensato. Bergamin aveva pure escogitato una soluzione drastica per risolvere la faccenda: “Propongo che chi è ospitato nei nostri territori venga controllato giorno e notte con strumenti elettronici all’avanguardia che consentano alle forze dell’ordine di rintracciarlo in tempo reale”. Un braccialetto elettronico? O, perché no, un microchip sottopelle? Le vie di Bergamin sono infinite, l’importante è essere intolleranti con l’illegalità. Solo quella degli altri, però, perché lui qualche strappo alle regole se lo concede. Anni fa, per esempio, si è vantato di non aver mai pagato il canone Rai in vita sua, ché tanto “serve solo a mantenere la casta”.
Gaffe a parte, gli va riconosciuto di aver saputo scegliere il cavallo giusto in politica. Leghista ormai da più di dieci anni, si era avvicinato al partito grazie all’amicizia con Antonello Contiero, storico esponente del Carroccio locale e suo ex collega alla Polesine Bus, la società di trasporti di Rovigo in cui Bergamin ha lavorato prima in biglietteria – era stato assunto senza patente – e poi come autista. Nel 2013 Flavio Tosi, nel tentativo di prendersi il partito veneto, fece piazza pulita degli oppositori interni: Bergamin decise di non seguirlo e fu espulso finché due anni dopo, con Tosi fuori dai giochi, la vecchia Lega si riprese in mano la segreteria locale e in sessanta giorni Bergamin passò da essere un reietto ad avere la fascia tricolore sul busto.
ORA IL SINDACOha mani libere sulla Lega locale, a maggior ragione che l’ex amico e factotum Contiero è stato cacciato anche a causa degli screzi con Bergamin. Potente, imprevedibile, sicuro di sé: meglio averlo dalla propria parte, uno così. Anche solo per evitare brutte sorprese durante le ronde notturne in solitaria.