Tutti i renziani contro il Pd Intanto Renzi sonda Minniti
“Non sarò mai il capo di una corrente. Non mi ritengo quello che può dalla mattina alla sera avere l’ambizione di rappresentare una parte del partito”. Il palco di Salsomaggiore è scarno, l’incontro al Teatro Nuovo è a porte chiuse, la platea è fatta solo di fedelissimi invitati. Ma di fronte a questo zoccolo duro, Matteo Renzi si esercita di nuovo a giocare il ruolo del leader. E alla fine del suo intervento in realtà dice la verità. Il capocorrente è cosa che non è nelle sue corde. Per come l’ha sempre vista lui, o fa il capo, o niente. “Per me il partito è un mezzo e non un fine”, rincara. In fondo è stato così fin da quando decise per la prima volta di candidarsi alla segreteria del Pd contro Bersani. “Non sono cresciuto col sogno della Ditta, invece una parte di loro ha considerato prioritario riprendersi la Ditta pur perdendosi il Paese”. Ma tra l’ambizione e le possibilità effettive c’è di mezzo la realtà. “La nostalgia in politica è un sentimento importante”, dice in un altro passaggio rivelatore.
E DUNQUE, si tratta di gestire quel che c’è. E organizzarsi con metodo. Marco Minniti alla riunione di corrente non ci è venuto: presenterà a Firenze il suo libro con il senatore di Scandicci venerdì.
C’è da aspettarsi che un qualche annuncio sulla sua candidatura al congresso arrivi da lì. Ma l’altroieri i due si sono parlati. E nello zoccolo duro di Salsomaggiore si racconta che oggi ci sarà un incontro segretissimo. Almeno nelle intenzioni. Perché sul tavolo della discussione ci sarebbero alcuni posti chiave da attribuire: il tesoriere (Renzi vorrebbe lasciare Francesco Bonifazi), il responsabile dell’Organizzazione, magari un vice segretario (per Renzi potrebbe essere Teresa Bellanova). Tra Minniti che si sottrae all’abbraccio di Renzi e l’altro che cerca di intestarsi la corsa, la battaglia di nervi va avanti da settimane. Tanto è vero che il non ancora candidato liquida con un secco “Non esiste” un incontro per oggi. A prescindere da se e quando i due si vedranno, la trattativa è in corso. Come quella parallela dell’ex Ministro, che si sta costruendo una rete nel partito indipendente dall’ex segretario.
Il nuovo capitolo del renzismo decadente si scrive in una Salsomaggiore piena di nebbia. “Stamattina mi sono arrivati i video di voi che cantavate ieri sera. Finalmente lo spirito giusto”, dice Renzi dal palco. In mezzo al deserto, venerdì sera c’erano praticamente solo due punti di ritrovo: il Gran Caffè, accanto al Teatro Nuovo, pieno dei giovani della zona e il Grand Hotel, lo storico albergo tutto bianco di Miss Italia, dove erano sistemati i big renziani, che ha visto i momenti di convivialità che tanto hanno rincuorato l’ex premier. In un evento per il resto essenziale, per non dire cupo. Nel format, l’anti Leopolda.
Da una parte Alessia Morani, dall’altra Simona Malpezzi, ieri mattina Renzi è rimasto sul palco tutto il tempo. Accanto a loro, uno dopo l’altro interventi critici verso il Pd e verso la conta imminente: “Non sono entusiasta di questo congresso”, dice Luigi Marattin. “Io non ne posso più di quelli che ci chiedono di fare l’analisi della sconfitta. Facciamo invece l’analisi del 40%”, propone un’inarrivabile Silvia Fregolent. E Matteo Ricci, sindaco di Pesaro: “Nessuno ha avuto il coraggio di dire che dovevamo aspettare ottobre per fare il congresso, chiedere a Martina di gestire le Europee, e permettere poi a Matteo di ricandidarsi”. È un partito nel partito, pieno di rancore per quel che è stato considerato “fuoco amico”. E con tanta voglia di uscire.
Il problema è che prima delle Amministrative e delle Europee non si può: Renzi rischierebbe di non garantire nulla a nessuno (né posti da eurodeputati, né da amministratori).
NELLE PRIME FILE sono schierati Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Andrea Marcucci, Francesco Bonifazi. È arrivato pure Graziano Delrio. Tocca a Lorenzo Guerini l’intervento politicamente più chiaro: “Anche se ci sarà qualche mu- gugno, io nel Pd mi sento a casa. Noi portiamo la consapevolezza che senza di noi il Pd non esiste”. A Minniti: “Mi auguro che qualcuno sciolga la riserva e possa essere un interlocutore importante”. E alla fine: “Una leadership c’è, è quella di Renzi”. Non c’è bisogno di leggere neanche tanto tra le righe per capire che ci sono un piano A e un piano B. Portare Minniti alla segreteria e nel frattempo lavorare per uscire. Se vince Nicola Zingaretti di certo, altrimenti lasciarsela come possibilità. “Il mondo non finisce con il congresso del Pd”. Renzi scandisce, la platea plaude.
Trattativa
I due si sono incontrati Matteo chiede alcuni posti chiave per i suoi nel partito che verrà