Riforma Coni, la rivolta di Malagò è già un flop
Il capo dell’Ente vuole salvare la cassa, ma avrà solo qualche nomina nella nuova spa
Il
Coni perderà la cassa ma può salvare qualche poltrona: la riforma dello sport firmata dal sottosegretario Giorgetti va avanti. Lega e M5s non hanno cambiato idea, determinati a ridimensionare il Coni a favore di Sport e salute spa. La maggioranza gialloverde, però, è pronta a fare qualche concessione per evitare lo scontro: al Coni può essere lasciata la possibilità di dire la sua sui vertici della nuova società. Purché Giovanni Malagò accetti che può solo contribuire alla riforma, non fermarla.
LA “BOMBA” a orologeria è nella legge di bilancio: la rivoluzione prevede la creazione di una nuova partecipata statale al posto di Coni servizi, diretta dall’esecutivo e con tutti i soldi e le competenze, e lascia al Coni appena 40 milioni su 410 per la preparazione olimpica. Significa ridare al governo (e alla politica) il controllo dello sport italiano, ponendo fine all’era del Coni (e di Malagò). Da quando il testo è stato diffuso, l’attuale n. 1 non si dà pace: vuole “trattare a oltranza”, è stato più volte da Giorgetti, ci tornerà ancora.
La riforma è troppo grande per essere intoccabile, il sottosegretario ha aperto a ritocchi. Con la collaborazione dei tecnici del Foro Italico, è in corso un censimento delle competenze dell’ente, per capire su quali lavorare. La trattativa c’è: il problema di Malagò è che non è dove lui vorrebbe. Il n.1 del Coni punta a salvare la gestione dei fondi (circa 250 milioni l’anno) distribuiti alle Federazioni sulla base di criteri non sempre chiari: un tesoro che vale la supremazia su tutte le discipline, vero epicentro di potere. Proprio il meccanismo che Lega e so- prattutto M5s (su questo il sottosegretario Simone Valente è inflessibile) vogliono smontare. Il Coni contesta che una Spa possa distribuire fondi pubblici a enti privati (col rischio di pagare l’Iva), ma Palazzo Chigi ha ricevuto rassicurazioni legali. I soldi, insomma, deve scordarseli.
Le modifiche potrebbero essere altrove, sulle nomine di Sport e Salute: secondo il testo della manovra spettano all’autorità competente, cioè Giorgetti, tagliando fuori Malagò. Al governo pensano a una formula più morbida, che invece della semplice audizione del parere del Coni preveda una forma di intesa con l’ente, che così potrebbe continuare a in- cidere nei processi decisionali (sempre però nell’ambito di forte indipendenza fra i due organismi: resterà l’incompatibilità fra cariche di vertice in Coni e Sport e salute). Magari in un Cda allargato a 5, espressione di tutte le componenti, con 2 rappresentanti al Coni e 3 al governo (non solo Palazzo Chigi, anche Ministero dell’Istruzione e della Salute).
DIPENDERÀ dai toni del confronto. Il Coni sperava nel soccorso di Thomas Bach, grande capo dello sport mondiale, che nella sua visita a Roma si è però limitato a sottolineare principi generici. C’è tempo per mediare, ma Malagò vorrebbe stoppare subito la riforma e per giovedì (scade il termine per gli emendamenti al Senato) ha convocato un consiglio straordinario, chiamando a raccolta il suo mondo. Confida in una sollevazione del movimento che lo rafforzi, ma rischia di rimanere deluso: per ora pochi presidenti e poco influenti si sono schierati. Quelli più importanti, a capo degli sport nazionali (a partire dal calcio, penalizzato dal Coni e in rotta con lui dopo il commissariamento), tacciono: giovedì alcuni potrebbero non presentarsi, altri smarcarsi. In quel caso, ridimensionato dal governo e scaricato dai suoi presidenti, a Malagò non resterebbe quasi nulla.
Nella manovra
Il governo affida a “Sport e salute” le risorse con cui il Foro italico controllava prima le federazioni