Il Fatto Quotidiano

Tra le nebbie del #MeToo appaiono pure le streghe

Dopo Dick e Chandler tocca a Zimmer Bradley

- » STEFANO FELTRI

Ad alcuni succede: da vivi soffrono il ghetto della narrativa di genere, dei premi di periferia, senza mai riuscire a trasformar­e la loro scrittura in letteratur­a. Ma poi, appena morti, tutti scoprono la loro grandezza, sotto la patina dell’intratteni­mento. Philip K. Dick, H. P. Lovecraft, Raymond Chandler. E ora Marion Zimmer Bradley. Harper Collins riporta in libreria Le nebbie di Avalon, con la nuova (e ben fatta) traduzione di Fabio Santi. Il romanzone della Zimmer Bradley è diviso in due tomi, con un’elegante cover monocromat­ica così diversa dalle illustrazi­oni fumettose della storica copertina Tea. Questa meritoria operazione editoriale è preceduta dal saggio di Michela Murgia per Marsilio: L’inferno è una buona memoria, dove si spiega perché Le nebbie di Av a lo n è il romanzo che ha cambiato la vita della più impegnata delle scrittrici italiane. Che ha capito cos’era il femminismo leggendolo durante una traversata in traghetto, diretta verso una convention di giocatori di ruolo (roba nerd, niente di sessualmen­te ambiguo).

NEL 1983 Marion Zimmer Bradley, americana di Albany, nata nel 1930, manda in libreria una sua personale versione del mito di Re Artù e dei Cavalieri della tavola rotonda, che negli Stati Uniti è parte di un certo immaginari­o al punto che la “corte” di John Kennedy alla Casa Bianca era nota come “Camelot”. In Le nebbie di Avalontutt­o è visto e vissuto dalla prospettiv­a delle donne, della sacerdotes­sa Viviane, dama del Lago, di Igraine che deve immolare il suo matrimonio perché il destino le richiede di generare un re per la Britannia, e poi di Morgaine ( Morgana) e Morgause. Le donne non sono comprimari­e, sono il motore degli eventi, un motore discreto e non perce- pito da uomini che si illudono di essere gli unici protagonis­ti. Le donne parlano di amore, certo, ma sono le prime a essere consapevol­i che è anche (o forse soltanto) un mezzo per raggiunger­e il potere.

Eppure Michela Murgia coglie un punto non immediatam­ente percepibil­e al lettore (specie se maschio): le donne di Avalon sono maghe, “sanno essere potenti, ma lo sono in modo selvaggio, naturale e non culturale”. La loro forza passa attraverso la capacità di generare che consente di ri- solvere un problema che la politica degli uomini non sa affrontare: assicurare la stabilità attraverso la continuità dinastica. Per avere un erede ci vuole una madre. E qui c’è un altro livello di lettura che alla Murgia, all’epoca dirigente de ll’Azione cattolica, non sfugge: le donne di Avalon appartengo­no a un mondo sospeso, con punti di contatto con la nostra realtà ma destinato a sparire perché prodotto di una antica religione druidica spazzata via dal cristianes­imo. Gli dei muoiono quando restano senza fedeli. Eppure queste sacerdotes­se proto-femministe, che trovano la loro forza in una spirituali­tà ferina, sono anche varianti della Maria del Vangelo. Anche se rifiutano di sparire dal- la storia dopo aver partorito.

Marion Zimmer Bradley riesce quindi a essere new age (o pagana), attingendo però agli archetipi cristiani, dimostra che le donne sanno gestire il potere però riduce il potere al controllo sugli uomini attraverso l’esclusivit­à della riproduzio­ne, vuole restituire alle sue “personagge” – come le chiama la Murgia – il controllo della propria vita ma poi le inserisce in una gabbia determinis­tica di profezie e destino. E ora che viene riscoperta come autrice femminista, nell’anno della ritrovata sensibilit­à sulle molestie, è inevitabil­e ricordare anche lo scandalo postumo che ha riguardato Marion Zimmer Bradley, scomparsa nel 1999: suo marito, Walter Breen, è stato in carcere per molestie su minori.

E NEL 2014la loro figlia, Moira Grayland, ha scritto una mail poi diventata pubblica: “Walter era uno stupratore seriale, con molte vittime (ne ho indicate 22 ai poliziotti) ma Marion era molto peggio, era crudele e violenta, e sessualmen­te fuori di testa”. In un processo, interrogat­a su cosa avesse fatto per prevenire le molestie del marito, Marion si limitò a dire: “Oh, per favore”. Non credeva ci fossero adolescent­i innocenti, incapaci di fare scelte sessuali consapevol­i. E forse tutte quelle madri ragazzine di Avalon vanno viste in una prospettiv­a più fosca e meno femminista.

La saga di “Avalon”

Michela Murgia, fan del romanzo, spiega che le donne protagonis­te sono maghe, “sanno essere potenti, ma in modo selvaggio”

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Fantasy Una scena della serie tv tratta dal ciclo di Avalon

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