Il Fatto Quotidiano

Le montagne Verdi di Massimo Mila dalla musica classica al Kilimangia­ro

Trent’anni dalla morte tornano gli scritti sull’alpinismo del critico, che amava la cultura quanto la natura

- » PAOLO ISOTTA

Massimo Mila è stato uno dei grandi storici della musica e critici musicali. La vastità della sua cultura, la sua curiosità culturale erano tali che basta pensare ai suoi corsi universita­ri torinesi per comprender­lo. Invece che in angustie burocratic­he, Mila spaziava dai polifonist­i del Quattrocen­to alla musica contempora­nea, trascorren­do per il Don Giovanni di Mozart, Brahms, Verdi: sul quale ha scritto pagine memorabili. Per lui insegnare voleva dire in primo luogo imparare ciò che doveva passare agli altri. Ciò fa parte della storia.

DI GRANDI scrittori ne esistono; assai meno, grandi scrittori che siano stati grandi uomini. Mila possedeva una straordina­ria generosità, intellettu­ale e umana; era un uomo simpaticis­simo, aperto alle amicizie, deliziosam­ente conviviale; e dotato d’un’ironia e d’un senso dell’umorismo che rendevano indimentic­abili le ore con lui trascor- se. Insomma, solo chi lo ha conosciuto ed è stato onorato dalla sua amicizia può fino in fondo comprender­e chi fosse. Lo dice Italo Calvino; persino io rientro nel novero. È stato uno dei grandi amici della mia vita.

Era alpinista, e la sua passione della montagna, coltivata dall’infanzia, era diventata la sua seconda ragione di vita. Quattro anni dopo la sua morte (1988), la Einaudi aveva pubblicato la raccolta degli Scritti di montagna. Adesso la principale silloge di tali scritti viene riedita dal Club Alpino Italiano, ma con un bellissimo titolo attribuito­gli dalla vedova, Anna Giubertoni: I due fili della mia esistenza. A spiegare tale titolo, vale una citazione posta in esergo al volume: “le due facce della mia persona, i due fili della mia esistenza: la vocazione alla cultura, necessaria­mente sedentaria, e l’amore dell’avventura alpina.”.

Mila è stato uno dei pochi autentici antifascis­ti preQuarant­atré. Venne incarcerat­o a diciannove anni, per aver aderito a un manifesto in onore di Croce. Dal 1935 si è poi fatto cinque anni a Regina Coeli. In questo nuovo libro sono stati inseriti racconti della prigionia: il loro straordina­rio ductus è fatto di quella qualità che in inglese si dice understate­ment, ossia – la parola è intraducib­ile se non per perifrasi – sottovalut­azione di se stesso, fatta per eleganza e autoironia. Di nuovo, in questa pubblicazi­one ci sono anche rare foto alpine fornite dalla Giubertoni e ricavate dall’archivio di Mila.

A leggere le pagine Massimo (se posso chiamarlo così) si ritrova intero. Se esplica la montagna intesa quale filosofia di vita, ironizza su quelli che affermano che in vetta si sentono vicini a Dio. Se illustra scientific­amente la letteratur­a alpinistic­a, la sua umanità trionfa anche nei dettagli tecnici. Ed espone una sua idea originale, desunta da un noto passo di Vico (“verum et factum reciprocan­turr seu […] convertunt­ur”): che nel culto della montagna l’uomo si fa pari a Dio, perché la teoresi si tra- sforma in azione restando se stessa “il vero e il fatto divengono una cosa sola”.

OLTRE CHE IN EUROPA, Mila fece ascensioni in Caucaso, sul Naro Moru in Kenya, sul Kilimangia­ro, sul Machu Picchu. E leggere le pagine sul Parco Nazionale procura a noi una profonda tristezza. Egli parla del modo esemplare in che è tenuto, della sopravvive­nza di tantissime specie animali. Oggi gli elefanti, i leoni, le tigri, i rinoceront­i, gli ippopotami, le giraffe, e moltissime altre razze, sono quasi estinti. I bracconier­i imperano, e uccidono i coraggiosi che tentano di opporsi. Tutti si girano dall’altra parte per non vedere. Assassinia­mo la Natura, e moriremo con lei. Povero, grande Massimo, meno male che te ne sei andato trent’anni fa, e questo ti è stato risparmiat­o.

www.paoloisott­a.it

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LaPresse Sulle Alpi“I fili dell’esistenza: la cultura e l’amore dell’avventura”

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