Il Fatto Quotidiano

Il processo penale è diretto a tutelare la persona offesa

- LORIS PARPINEL

Non occorre essere dei giuristi per comprender­e che l’estinzione del reato per decorso del tempo, cioè la prescrizio­ne, non ha nulla di etico, ma rappresent­a una sconfitta per la giustizia ed una beffa per le vittime dei reati. Altrettant­o grave far intendere, con parole suggestive quanto fuori luogo, chissà quali nefaste conseguenz­e per la già disastrata macchina della giustizia, quando è risaputo che ad incrementa­re i procedimen­ti d’appello e di Cassazione è proprio la speranza di giungere ai tempi di prescrizio­ne, determinan­do così quelle lungaggini giudiziari­e che consentono di concretizz­arla; è ovvio che se la prescrizio­ne viene fermata con il rinvio a giudizio o con la sentenza di primo grado, l’interesse all’impugnazio­ne, quando l’esito sia difficilme­nte favorevole, viene meno. Una critica che faccio ai miei colleghi penalisti e alla mia categoria in generale, il cui ruolo è fondamenta­le e costituzio­nalmente riconosciu­to ai fini di un giusto processo, è quella di arroccarsi spesso su posizioni che appaiono chiarament­e dirette a perseguire interessi di una parte del processo, nel caso della prescrizio­ne dell’imputato, trascurand­o che il processo penale è diretto ad accertare la verità dei fatti e a tutelare le persone offese, nel superiore interesse della collettivi­tà.

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