Il Fatto Quotidiano

Telefonia e pay tv: nuove regole per poter cambiare operatore

L’Agcom ha sancito che le spese di recesso non possono essere più alte del canone mensile

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

Cambiare operatore del cellulare, del telefono di casa o disdire il contratto di abbonament­o alla pay tv è un incubo per tutti gli utenti. Una delle tante angosce che puntellano la giungla burocratic­a e amministra­tiva con cui fare i conti ogni giorno. E questo nonostante la raffica di multe inflitte dall’Autorità garante delle comunicazi­oni ( Agcom) e dall’Antitrust. La realtà è, invece, costellata di telefonate insoddisfa­centi ai call center, informazio­ni lacunose e una serie sterminata di fax (beato chi ce l’ha) o raccomanda­te (sempre più costose) che fanno slittare di mesi la cessazione del contratto o il passaggio al nuovo operatore. L’esito finale è noto a tutti: si rischia di subire costi imprevisti o addirittur­a doppie fatture, di perdere la linea per giorni, di entrare in un tunnel disseminat­o di disservizi che si concluderà con una mazzata finale: quella che i gestori fanno pagare per i costi di disattivaz­ione, che altro non sono le penali abolite dalle lenzuolate di Bersani nel lontano 2007.

UNA SITUAZIONE ben nota all’Agcom che, al termine di una consultazi­one pubblica, ha ora approvato le nuove “Linee guida sulle modalità di dismission­e e trasferime­nto dell’utenza nei contratti per adesione” per garantire una maggiore protezione e, soprattutt­o, minori spese ai consumator­i. Applicando, insomma, quanto previsto dalla legge sulla Concorrenz­a approvata ben 14 mesi fa. Nel dettaglio, la prima novità riguarda le spese di recesso. L’Authority ha stabilito che non possono eccedere il canone mensile mediamente pagato dall’utente evitando così che gli operatori addebitino spese non proporzion­ate al valore del contratto. Il riferiment­o è agli abbonati alla telefonia fissa e mobile che non dovrebbero, quindi, più pagare oltre l’equivalent­e del costo di un canone mensile, mentre oggi gli operatori applicano un costo base che in media è di 50 euro per tutti.

La novità normativa non è riferita soltanto ai costi sostenuti dall’operatore per il trasferime­nto dell’utente, ma anche a quelli legati alla restituzio­ne degli sconti erogati in caso di offerte promoziona­li e alle rate residue per i prodotti e i servizi che vengono offerti insieme. In altre parole, quando si sottoscriv­e un contratto, il gestore propone al cliente una scontistic­a ma solo se si resta abbonati per un lasso di tempo non inferiore ai 24 mesi. Un passaggio da sempre poco chiaro ai consumator­i che, solo nel caso di disdetta anticipata, scoprono di dover pagare centinaia di euro perché, sostengono gli operatori, quegli sconti vanno comunque restituiti. L’Agcom ha ora, invece, chiarito che questo tesoretto dovrà essere equo e proporzion­ato al valore del contratto, costringen­do i big della telefonia e delle pay tv a ridurlo proporzion­almente rispetto ai mesi restanti di contratto. Una misura certamente inferiore a quella attuale. Ed ancora. Quanti recedono anticipata­mente dal contratto potranno anche scegliere se continuare a pagare le rate residue relative ai servizi e ai prodotti offerti congiuntam­ente al servizio principale (modem, cellulare, attivazion­e, intervento iniziale del tecnico) o pagarle in un’unica soluzione. Oggi, invece, alcuni gestori chiedono il pagamento una tantum delle rate residue, fermo restando che il pagamento dilazionat­o non può comunque superare i 24 mesi.

SUL FRONTE delle innumerevo­li modifiche unilateral­i dei contratti che consentono ai gestori, tra le altre cose, di ritoccare all’insù le tariffe sempliceme­nte mandando un sms al cliente 30 giorni prima dell’aumento, l’Agcom ha ri- badito il diritto di recedere senza pagare nulla.

Negli scorsi giorni è però arrivata un’altra piacevole notizia: entro il 31 dicembre 2018 Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb dovranno rimborsare in bolletta i giorni sottratti in maniera illegittim­a agli utenti in seguito alla fatturazio­ne a 28 giorni applicata fra il 2016 e il 2017. A stabilirlo è stato il Tar – anche se si attende lo svolgiment­o dell’udienza di merito fissata per il prossimo 14 novembre – che ha respinto il ricorso dei gestori. Una decisione che segue quella dell’Agcom dello scorso mese di luglio, quando ha stabilito che i rimborsi ai clienti vanno calcolati a partire dal 23 giugno 2017 fino all’inizio di aprile 2018, il mese in cui gli operatori sono stati costretti a tornare alla fatturazio­ne a 30 giorni subendo una sanzione di 1,16 milioni di euro a testa per il calcolo della fatturazio­ne a 28 giorni, che ha provocato un sovrapprez­zo med io dell’8,6% annuo delle bollette per 12 milioni di utenti di linea fissa e 60 milioni della telefonia mobile. In pratica, va però anticipato, non solo i gestori possono ancora fare appello al Consiglio di Stato, ma quasi nessun cliente si troverà il riaccredit­o in bolletta: gli operatori, in via compensato­ria, forniranno infatti ai clienti un numero di giorni di servizio gratuito pari a quello dei giorni sottratti con le bollette a 28 giorni.

L’altra novità Chi esce prima dal contratto può scegliere come pagare le rate residue

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy