Telefonia e pay tv: nuove regole per poter cambiare operatore
L’Agcom ha sancito che le spese di recesso non possono essere più alte del canone mensile
Cambiare operatore del cellulare, del telefono di casa o disdire il contratto di abbonamento alla pay tv è un incubo per tutti gli utenti. Una delle tante angosce che puntellano la giungla burocratica e amministrativa con cui fare i conti ogni giorno. E questo nonostante la raffica di multe inflitte dall’Autorità garante delle comunicazioni ( Agcom) e dall’Antitrust. La realtà è, invece, costellata di telefonate insoddisfacenti ai call center, informazioni lacunose e una serie sterminata di fax (beato chi ce l’ha) o raccomandate (sempre più costose) che fanno slittare di mesi la cessazione del contratto o il passaggio al nuovo operatore. L’esito finale è noto a tutti: si rischia di subire costi imprevisti o addirittura doppie fatture, di perdere la linea per giorni, di entrare in un tunnel disseminato di disservizi che si concluderà con una mazzata finale: quella che i gestori fanno pagare per i costi di disattivazione, che altro non sono le penali abolite dalle lenzuolate di Bersani nel lontano 2007.
UNA SITUAZIONE ben nota all’Agcom che, al termine di una consultazione pubblica, ha ora approvato le nuove “Linee guida sulle modalità di dismissione e trasferimento dell’utenza nei contratti per adesione” per garantire una maggiore protezione e, soprattutto, minori spese ai consumatori. Applicando, insomma, quanto previsto dalla legge sulla Concorrenza approvata ben 14 mesi fa. Nel dettaglio, la prima novità riguarda le spese di recesso. L’Authority ha stabilito che non possono eccedere il canone mensile mediamente pagato dall’utente evitando così che gli operatori addebitino spese non proporzionate al valore del contratto. Il riferimento è agli abbonati alla telefonia fissa e mobile che non dovrebbero, quindi, più pagare oltre l’equivalente del costo di un canone mensile, mentre oggi gli operatori applicano un costo base che in media è di 50 euro per tutti.
La novità normativa non è riferita soltanto ai costi sostenuti dall’operatore per il trasferimento dell’utente, ma anche a quelli legati alla restituzione degli sconti erogati in caso di offerte promozionali e alle rate residue per i prodotti e i servizi che vengono offerti insieme. In altre parole, quando si sottoscrive un contratto, il gestore propone al cliente una scontistica ma solo se si resta abbonati per un lasso di tempo non inferiore ai 24 mesi. Un passaggio da sempre poco chiaro ai consumatori che, solo nel caso di disdetta anticipata, scoprono di dover pagare centinaia di euro perché, sostengono gli operatori, quegli sconti vanno comunque restituiti. L’Agcom ha ora, invece, chiarito che questo tesoretto dovrà essere equo e proporzionato al valore del contratto, costringendo i big della telefonia e delle pay tv a ridurlo proporzionalmente rispetto ai mesi restanti di contratto. Una misura certamente inferiore a quella attuale. Ed ancora. Quanti recedono anticipatamente dal contratto potranno anche scegliere se continuare a pagare le rate residue relative ai servizi e ai prodotti offerti congiuntamente al servizio principale (modem, cellulare, attivazione, intervento iniziale del tecnico) o pagarle in un’unica soluzione. Oggi, invece, alcuni gestori chiedono il pagamento una tantum delle rate residue, fermo restando che il pagamento dilazionato non può comunque superare i 24 mesi.
SUL FRONTE delle innumerevoli modifiche unilaterali dei contratti che consentono ai gestori, tra le altre cose, di ritoccare all’insù le tariffe semplicemente mandando un sms al cliente 30 giorni prima dell’aumento, l’Agcom ha ri- badito il diritto di recedere senza pagare nulla.
Negli scorsi giorni è però arrivata un’altra piacevole notizia: entro il 31 dicembre 2018 Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb dovranno rimborsare in bolletta i giorni sottratti in maniera illegittima agli utenti in seguito alla fatturazione a 28 giorni applicata fra il 2016 e il 2017. A stabilirlo è stato il Tar – anche se si attende lo svolgimento dell’udienza di merito fissata per il prossimo 14 novembre – che ha respinto il ricorso dei gestori. Una decisione che segue quella dell’Agcom dello scorso mese di luglio, quando ha stabilito che i rimborsi ai clienti vanno calcolati a partire dal 23 giugno 2017 fino all’inizio di aprile 2018, il mese in cui gli operatori sono stati costretti a tornare alla fatturazione a 30 giorni subendo una sanzione di 1,16 milioni di euro a testa per il calcolo della fatturazione a 28 giorni, che ha provocato un sovrapprezzo med io dell’8,6% annuo delle bollette per 12 milioni di utenti di linea fissa e 60 milioni della telefonia mobile. In pratica, va però anticipato, non solo i gestori possono ancora fare appello al Consiglio di Stato, ma quasi nessun cliente si troverà il riaccredito in bolletta: gli operatori, in via compensatoria, forniranno infatti ai clienti un numero di giorni di servizio gratuito pari a quello dei giorni sottratti con le bollette a 28 giorni.
L’altra novità Chi esce prima dal contratto può scegliere come pagare le rate residue