Manovra, l’incognita pensioni
Assegni tagliati fino al 30% per chi lascia il lavoro prima
Oggi il governo deve rispondere alla Commissione europea nel tentativo di evitare una procedura di infrazione per debito eccessivo innescata dalla legge di Bilancio. Missione ancora più ardua dopo che ieri le prime audizioni parlamentari sul testo hanno confermato molti dei rilievi avanzati da Bruxelles. Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, l’autorità indipendente sui conti pubblici, ha spiegato che secondo i suoi calcoli il vero deficit atteso per il 2019 “è al 2,6 per cento del Pil”, più alto del 2,4 stimato dal governo, anche se più basso del 2,9 che ha calcolato invece la Commissione. Quanto agli anni successivi, per la prima volta non è previsto alcuno sforzo di tenere sotto controllo i costi: le misure che in teoria dovrebbero ridurre il deficit sono soltanto le clausole di salvaguardia, cioè aumenti automatici dell’Iva e delle accise, 13,7 miliardi nel 2020 e 15,6 miliardi nel 2021. Ma poiché finora tutti i governi hanno “disinnescato” tali clausole in deficit – è il messaggio dell’Upb – è inutile fingere che quelle risorse si troveranno mai. Il deficit quindi salirà ancora.
A LEGGERE il documento de ll ’ Upb si trovano argomenti per rafforzare le perplessità di chi in queste settimane ha criticato la manovra. La prima riguarda le coperture: eliminare l’Iri e l’Ace, due agevolazioni fiscali, scaricherà sulle imprese 6,1 miliardi di nuove tasse nel 2019 (il calo di 0,5 miliardi arriva soltanto nel 2020). E questo avrà un impatto negativo sulla crescita. Le partite Iva vedranno invece migliorare la propria condizione di parecchio: il 75 per cento dei lavoratori autonomi, con la nuova “mini flat tax” avrà benefici di 5.700 euro. C’è però un problema: per come è costruita l’aliquota agevolata, chi sfora il tetto dei 65.000 euro annui di un solo euro si trova a pagare 5.900 euro di tasse in più e chi supera di un euro i 100.000 ne paga 4.300 aggiuntivi. Un effetto soglia che può determinare una “trappola della povertà”.
La parte dell’analisi Upb che ha suscitato più polemiche è quella che riguarda la riforma delle pensioni: 437.000 beneficiari potenziali della quota 100, come somma di età anagrafica (62) e contributiva (38). Se andassero in pensione tutti subito, la spesa per lo Stato Il nome è Progressisti di Sardegna, anche se non sono pochi i dettagli ancora da definire nello schieramento ampio del centrosinistra che dovrà fronteggiare l’onda gialloverde nell’isola in vista delle Regionali di febbraio 2019. E ora c’è anche il leader: il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, che non nega più di essere pronto alla discesa in campo, anche se per l’annuncio ufficiale occorre superare alcuni passaggi delicati. Uno su tutti: le regole sulle primarie di coalizione.
“BISOGNERÀ chiudere nei prossimi giorni”, ammette ora coi giornalisti. “Stiamo facendo le ultime valutazioni. Le primarie? Ci si siede e si ragiona sulle regole condivise e su come organizzarle, al di là dei nomi in campo”. È probabile, quindi, che Zedda entri in sarebbe di 13 miliardi all’anno dal 2019. Ma non succederà, anche perché ora che le pensioni sono in gran parte contributive, rinunciare ad anni di contribuzione taglia parecchio l’assegno: chi anticipa di un anno perde il 5 per cento, ma chi smette di lavorare quattro anni prima di quanto avrebbe dovuto perderà il 30 per cento. Una sorpresa positiva nella relazione dell’Upb c’è: gli enti locali hanno 22 miliardi di risorse disponibili ( avanzi campo a giorni, raccogliendo l’invito di oltre 130 sindaci sardi pronti a sostenere la sua candidatura in un’iniziativa ufficiale che sta prendendo corpo in queste ore. Zedda, ex Sel poi approdato nel pantheon dei sindaci arancioni, è di bilancio) che ora potranno spendere grazie alla manovra che recepisce una sentenza della Corte costituzionale, risorse che “potrebbero essere utilizzate con maggiore rapidità rispetto alle ipotesi governative”, perché i progetti sono già pronti e già finanziabili.
L’ISTAT, nella sua audizione, ha fatto il punto sul reddito d i c i t t a d inanza per il quale la legge di Bilancio stanzia 9 miliardi di euro all’a nno: “Se co ndo le simulazioni, il Pil registrerebbe un aumento dello 0,2 per cento rispetto allo scenario base. Questa reattività potrebbe essere più elevata, e pari allo 0,3 per cento, nel caso in cui si consideri l’impatto del Reddito di cittadinanza come uno choc diretto sui consumi delle famiglie”. Un impatto significativo, all’altezza delle aspettative della componente Cinque Stelle del governo che ha voluto la misura.
I dettagli, però, sono ancora oscuri, non c’è alcuna traccia di bozze, soltanto indiscrezioni. E perfino in area M5S qualcuno inizia a preoccuparsi, come il sottosegretario Stefano Buffagni, braccio destro di Luigi Di Maio, che a Quarta Repubblicadi Rete4 dice: “Controllare per esempio che 102 mila famiglie milanesi, la platea potenziale del reddito, vadano ai centri per l’impiego e si impegnino a cercare un lavoro è davvero una cosa difficile”.
Sulla manovra interviene in modo inusuale perfino la C o nf e r en z a episcopale italiana: “Se si sbagliano i conti non c’è una banca di riserva che ci salverà: i danni contribuiscono a far defluire i nostri capitali verso altri Paesi e colpiscono ancora una volta e soprattutto le famiglie, i piccoli risparmiatori e chi fa impresa”, dice il cardinale Gualtiero Bassetti.
Ma in questo campo l’unica assoluzione che conta è quella dei mercati. E ieri lo spread è tornato sopra quota 300. Non un bel segnale.
La mini-flat tax
Per le imprese sale il carico fiscale di 6,1 miliardi, tutti i benefici alle partite Iva I danni contribuiscono a far defluire i nostri capitali verso altri Paesi e colpiscono ancora una volta e soprattutto le famiglie, i piccoli risparmiatori e chi fa impresa
GUALTIERO BASSETTI