Il Fatto Quotidiano

Era sottosegre­tario di B., finisce ai domiciliar­i “L’ospedale nelle mani della ’ndrangheta”

(ex Udc, FI e Ala) è accusato di aver favorito le aziende mafiose

- » LUCIO MUSOLINO

“Spiccata pericolosi­tà”. Ma soprattutt­o “as ser vimento storico ai clan di ’ ndrangheta lametini”. Il profilo tracciato dalla gip Barbara Saccà sull’ex parlamenta­re Udc e Forza Italia Pino Galati è inquietant­e. Il suo legame con le cosche di Lamezia Terme, per il giudice è “sintomatic­o di un rapporto stabile e duraturo nel tempo”. Marito dell’ex deputata della Lega Nord Carolina Lussana, Galati è tra i 24 arrestati ieri dalla GdF nell’ambito dell’inchiesta “Quinta bolgia”. La Dda di Catanzaro ha svelato come la ‘ndrangheta abbia occupato militarmen­te l’ospedale di Lamezia Terme.

A Montecitor­io dal 1996 al 2018, Galati è stato più volte sottosegre­tario nei governi Berlusconi. Ieri è finito ai domiciliar­i perché, con l’ex consiglier­e comunale Luigi Mu- raca (pure lui arrestato), è ritenuto l’intermedia­rio tra l’ospedale e le aziende mafiose: dalle ambulanze sostitutiv­e al servizio pubblico (con un appalto rinnovato per 7 anni senza bandi pubblici), alle imprese di onoranze funebri, fino alla fornitura di materiale sanitario e al trasporto sangue. L’ospedale era affare del- le imprese riconducib­ili alla cosca Iannazzo- Daponte- Cannizzaro, legata ai Giampà. Imprendito­ri in carcere e politici ai domiciliar­i. Così come l’ex direttore generale del’Asp Giuseppe Perri, l’ex direttore amministra­tivo Giuseppe Pugliese e il responsabi­le del Suem 118 Elieseo Ciccone. Tutti, adesso, so- no accusati di numerosi episodi di abuso d’ufficio dietro i quali si nasconde l’intreccio tra ’ndrangheta e sanità pubblica che ha danneggiat­o gli utenti dell’ospedale, soccorsi con ambulanze fatiscenti senza freni e con motori danneggiat­i. A bordo era anche peggio: ossigeno scaduto e personale senza alcuna preparazio­ne medica: “Non avevano concorrent­i quindi potevano usare anche un calesse”.

PER IL PROCURATOR­E Nicola Gratteri siamo di fronte “a gente spregiudic­ata che vive n e ll ’ agiatezza lucrando sui morti e sui funerali”. Il tutto favorito dall’assenza di controlli da parte dei dirigenti dell’Azienda sanitaria, impassibil­i anche quando i due gruppi imprendito­riali coinvolti nell’inchiesta, i Putrino e i Rocca, a- vevano sottomesso il personale medico e paramedico dell’ospedale. Le chiavi di alcuni reparti erano custodite non dai medici ma dalle ditte mafiose che avevano libero accesso pure al deposito farmaci del pronto soccorso. Guadagnava­no con i malati ma anche con i morti. Le imprese avevano le password per accedere ai dati sensibili dei pazienti che stavano per morire per potersi accaparrar­e il funerale.

“Compà Pugliese, il direttore amministra­tivo di Catanzaro, lo abbiamo messo noi”. Uno degli arrestati non ha dubbi ma l’imprendito­re Pietro Putrino è più esplicito: “Ce l’ha messo Galati”. Lo stesso Galati che, stando al pentito Giuseppe Giampà, “ci pagò per i voti delle elezioni del 2000, dette a me personalme­nte 30 milioni”.

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Ansa Operazione “Quinta bolgia”La Guardia di Finanza ha arrestato 24 persone

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