Picchi, il ministro degli Esteri parallelo
Salvini da Trump, ora il sottosegretario è in Israele a preparare la visita del ministro
L’occasione
ufficiale è la Conferenza internazionale sulla cybersecurity a Tel Aviv (in programma da ieri a giovedì): ma durante il suo viaggio in Israele, il sottosegretario agli Esteri leghista Guglielmo Picchi, ha in programma visite con i rappresentanti del settore industriale, incontri con tutto lo staff di Benjamin Netanyahu e con Fiamma Nirenstein. Tra gli obiettivi: stabilire una collaborazione a lungo termine tra Leonardo e l’industria della Difesa israeliana.
In realtà è una visita preparatoria: tra qualche settimana, in Israele, ci andrà Matteo Salvini. Che, dopo Mosca, continua il suo tour nei paesi strategici per la Lega. Picchi spesso lo precede o lo segue, nelle vesti di ministro degli Esteri parallelo. Mentre Enzo Moavero va a Bruxelles e a Strasburgo, Picchi è stato in Ungheria, in Polonia, in Cecoslovacchia. A tessere rapporti con i governi considerati vicini. Non nasconde l’ambizione di fare il ministro degli Esteri in un prossimo governo Salvini. Intanto, sta studiando il russo. Ma su di lui esiste anche un altro progetto: potrebbe essere il candidato da opporre a Dario Nardella, a Firenze.
CONSIGLIERE di Salvini per la politica estera, fu lui a intervenire in aula durante il dibattito sulla missione in Siria, a inizio legislatura, dopo l’attacco di Usa, Gran Bretagna e Francia. Impostò il suo intervento lungo una direttrice molto chiara: nessuna messa in dubbio dell’Alleanza atlantica da parte della Lega, ma ferma condanna dell’assenza del mandato dell’Onu. Precisazione: “La Russia è un partner; la consideriamo parte della storia dell’Europa”. Picchi negli anni si è distinto per aver portato Salvini da Donald Trump il 25 aprile 2016. Dell’incontro a Philadelphia, a margine di un comizio elettorale dell’allora candidato repubblicano alle primarie Usa, esiste una foto. Salvini la postò immediata- mente sui social, “The Donald” qualche settimana dopo negò che l’incontro ci fosse stato. Smentita a posteriori un po’ sospetta, tanto che Salvini parlò allora della presenza di una serie di mail prepar atorie. Oggi Picchi vanta saldi rapporti con i Repubblicani. Ed è lui che gestisce i rapporti con l’ex guru di Trump, Steve Bannon.
Classe 1973, fiorentino, Master in Business A dm i ni s t ra t io n alla Bocconi, è dirigente (ora in aspettativa) di Barclays, banca d’investimenti a Londra, città centrale per ogni tela che guarda a Mosca. Eletto deputato nelle liste degli italiani all'estero per la prima volta nel 2006 con Forza Italia, è passa- to alla Lega nel 2016. All’epoca sostenitore del Remain, è però in stretto contatto con Nigel Farage e i suoi “bad boys della Brexit”. Con l’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) di cui è membro, a luglio è stato nel Donbass in Ucraina: luogo chiave per la “battaglia culturale” verso la nuova Europa. Secondo la narrazione putiniana, la rivolta del Maidan per ripristinare la Costituzione ucraina nel nome dell’indipendenza dai russi, fu un “colpo di stato”, fomentato da gruppi neo-nazisti.
Picchi, dunque, è il ponte, che va dai nuovi States alla vecchia Russia. Oggi guarda con attenzione a Bolsonaro: tra i suoi c’è Luis Lorenzato San Martino, deputato eletto in Brasile e in rapporti così stretti con il neo presidente da essere stato incaricato di fare da tramite tra il governo italiano e quello carioca. Tra le sue molteplici attività, Picchi ha pure fondato il Centro studi Machiavelli, “think tank del nuovo conservatorismo”. Organizza convegni “identitari”. Sede fisica? Nessuna. Sede legale? La casa del commercialista del sottosegretario.
Farnesina bis
A luglio è stato nel Donbass con l’Osce. Ora vola a Tel Aviv (anche per conto di Leonardo)