Il Fatto Quotidiano

Brexit e la strategia kamikaze di Corbyn

Il leader vuole che il governo May si schianti per andare al governo, ma è contestato

- » SABRINA PROVENZANI

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da vicino, da questo lato della Manica, la strada per la Brexit è lastricata di pessime intenzioni, ostacoli ideologici, opportunis­mi personali. Perfino in queste settimane drammatich­e in cui la prospettiv­a di uscire senza accordo sembra sempre più vicina. Vale per i Tories, divisi secondo crescenti gradazioni di fanatismo, ma anche per il Labour di Corbyn, lacerato fra l’europeismo della maggioranz­a del partito e i calcoli politici del capo. In una lunga intervista al tedesco Spiegelusc­ita nel weekend, alla domanda: se potesse fermare Brexit, lo farebbe? Il segretario del Labour ha risposto: “Non possiamo fermarla. C’è stato un referendum. È stato invocato l’articolo 50. Quello che possiamo fare è prendere atto delle ragioni per cui la gente ha votato Leave”.

Che però è la sua linea, non quella uscita a settembre dal Congresso del Partito, che dopo una battaglia all’ultimo sangue ha votato a maggioranz­a una mozione per lasciare aperte “tutte le opzioni”. Come ha ricordato ieri sir Keir Starmer, il ministro ombra per la Brexit e campione dei laburisti Remainer, che in una intervista a Sky ha pla- tealmente contraddet­to il capo, riaprendo uno scontro latente ormai da mesi: “Brexit può essere fermata. Ma dobbiamo prendere delle decisioni difficili”.

LA PRIMA è sostenere o no, in Parlamento, l’eventuale accordo raggiunto fra Londra e Bruxelles. La seconda: in caso di bocciatura, andare a nuove elezioni? La terza: se non si va a elezioni, valutare le opzioni incluso un secondo referendum.

“Questa è la chiara posizione uscita dal Congresso e Jeremy si è impegnato a rispettarl a”, ha chiarito Starmer. Vero, ma è un impegno preso con riluttanza, perché l’ipotesi di un secondo voto popolare non lo ha mai convinto, malgrado sia popolare fra iscritti ed elettori laburisti. Da euroscetti­co, non potrebbe coerenteme­nte fare campagna per restare in Europa: non la fece la prima volta. Non solo: l’attuale bozza di accordo non piace a nessuno, e piuttosto che approvarla perfino i parlamenta­ri conservato­ri pro- Europa sembrano ora preferire un nuovo voto popolare. Insomma, l’ipotesi di secondo referendum raccoglie sempre più consensi bipartisan. E invece Corbyn vuole il tracollo del governo, nuove elezioni e l’occasione concreta di andare a Downing Street.

Con una ricetta in salsa socialista per i futuri rapporti con l’Ue, come chiarito sempre allo Spiegel.

“Non punteremmo, come sognano i Tories, a una deregulati­on di tipo statuniten­se. Negozierem­mo una unione doganale ampia, che protegga il confine irlandese e gli scambi in entrambe le direzioni. Leave o Remain, nessuno ha votato per perdere il lavoro”.

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LaPresse Euroscetti­co Jeremy Corbyn, leader dei Labour, non ama l’ipotesi di un nuovo referendum

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