C’è la torre, tutto fermo: 35 milioni sprecati da Fs
Stop della Soprintendenza all’interporto nella zona industriale a causa della struttura medievale
Le Ferrovie dello Stato stanno investendo 35 milioni di euro per costruire un terminal a Pomezia che probabilmente non servirà mai a nulla. Chiariamo subito: non si tratta della solita opera inutile, al contrario. Con i suoi 775 metri di binari in grado di ospitare i supertreni merci di 40 vagoni, il terminal di Pomezia servirebbe parecchio, considerato che intorno a esso sorge l’unica vera area industriale del Lazio con aziende del calibro di Johnson & Johnson, Procter and Gamble, Abb, Angelini, Fiorucci. Proprio in considerazione delle esigenze di queste importanti realtà industriali e di quelle di una fascia più vasta del Centro Italia, il Comune di Pomezia nel suo Piano regolatore ha qualificato come industriale l’area del terminal mentre nel 2015 il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha inserito Pomezia-Santa Palomba tra i 15 nuovi grandi interporti strategici italiani. Da allora, però, il progetto pontino non solo non ha fatto passi avanti, ma ne ha fatti parecchi indietro.
UN ANNO fa la Soprintendenza dell’area metropolitana di Roma ha bloccato tutto. In quell’area si trova una torre medievale, Tor Maggiore, una delle centinaia, forse migliaia di torri medievali che caratterizzano il paesaggio italiano. Secondo la Soprintendenza quella torre, che svetta assediata da una sfilza di depositi di carburante, vale più di tutto. Più del Piano regolatore di Pomezia, più degli investimenti milionari delle Fs per il terminale, più degli interessi economici di grandi imprese e di un’intera area industriale, più dei mille posti di lavoro che nascerebbero con l’interporto per gestire gli scambi ferroviari, i piazzali di movimentazione dei mezzi su gomma, le aree per gli stoccaggi, i magazzini di lavorazione delle merci, gli uffici, la dogana, le officine, i bar. La superficie dedicata all’interporto sarebbe di 150 ettari al massimo, ma per evitare fraintendimenti la Soprintendenza ha posto il vincolo su un’area molto più vasta, 2.200 ettari. Con una velocità insolita per un ente pubblico, appena otto giorni dopo la Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti (Pd) ha condiviso e ribadito il vincolo della Soprintendenza aggiungendo che quell’area contrappuntata da insediamenti industriali e civili a iosa, è territorio “agrario di rilevante valore” e “paesaggio dell’insediamento sto- rico diffuso”.
In questa vicenda le date sono importanti. Il 7 luglio 2015 il Consiglio dei ministri approva il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica e il terminale di scambio intermodale di Pomezia-Santa Palomba è uno dei 15 nodi nazionali previsti. Due anni dopo, il 18 maggio 2017, la Soprintendente dell’Area metropolitana romana, Alfonsina Russo, propone il vincolo. Il 26 maggio la Regione Lazio lo ribadisce e il 25 novembre il ministero dei Beni culturali di- retto da Dario Franceschini (Pd) ci mette il timbro sulla Gazzetta ufficiale. Una settimana dopo lo stesso ministro promuove Alfonsina Russo nominandola Soprintendente dell’Area archeologica più importante d’Italia e forse del mondo, quella del Colosseo, con uno stipendio adeguato al rilievo della carica: 145 mila euro l’anno più i premi di risultato.
NEL FRATTEMPOcrescono a Nord di Roma iniziative fuori da ogni programmazione pubblica e da ogni logica di gestione ordinata dei trasporti, sorta di interporti fai da te, chiamati anche “piastre logistiche” intorno ad aree molto meno industrializzate rispetto alla zona pontina. Una piastra è spuntata in collegamento con il porto di Civitavecchia che però non movimenta merci, ma i turisti delle crociere. E un interporto cresce dove già si è piazzato il gigante Amazon intorno a Passo Corese, grazie a un’intesa tra la Regione Lazio (in minoranza) e Maccaferri. Cioè il gruppo impegnato con Luca Cordero di Montezemolo nella Manifatture Sigaro Toscano e ben ammanicato con i politici, soprattutto di area emiliana, a cominciare proprio dall’ex ministro Franceschini.