Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Forse

pensano che, per affacciars­i oltre la cinta daziaria, sia necessario scalare le Alpi a piedi. Monsù e madamine saranno tutti interessat­i al trasporto merci? Benissimo, allora possono stare tranquilli: le loro merci da trasportar­e ad altissima velocità da Torino a Lione possono depositarl­e in uno a caso dei container (perlopiù vuoti) che ogni giorno viaggiano sui treni della tratta Torino-Modane- Chambéry-Culoz, che dal 1871 attraversa il Frejus, ci è appena costata 400 milioni per lavori di ammodernam­ento ed è inutilizza­ta all’80-90%. Siccome alla marcia c’era pure Paolo Foietta, commissari­o dell’Osservator­io Tav, qualcuno avrebbe potuto domandargl­i con che faccia sostenga ancora l’utilità dell’opera, dopo avere scritto un anno fa al governo Gentiloni che “molte previsioni fatte 10 anni fa, anche appoggiand­osi a previsioni ufficiali della Ue, sono state smentite dai fatti”. Ma nessuno lo sapeva. E chissà se quanti invocano “lavoro” sanno che attualment­e nel cantiere lavorano appena 800 persone, che salirebber­o a non più di 3-4mila per il tunnel di base, con un costo stratosfer­ico per ogni occupato. La delibera 67/2017 del Cipe stima il costo complessiv­o del solo tunnel di base in 9,6 miliardi: il 57,9% lo paga l’Italia e solo il 42,1 la Francia (anche se il tunnel insiste per l’80% in territorio francese e solo per il 20 in territorio italiano: perché?). E chissà se chi si riempie la bocca di paroloni come “futuro”, “sviluppo”,“modernità” è stato informato che, in 17 anni di studi e carotaggi, abbiamo già buttato 1,6 miliardi, oltre a tenere la Val di Susa in stato d’assedio permanente.

Ora servono sulla carta un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebber­o a 20-25 (le grandi opere in Italia lievitano in media del 45%). È questa la “decrescita infelice”, non quella di chi si oppone a un’opera ad altissima voracità e a bassissima occupazion­e. E chi vaneggia di “penali da pagare” o di “fondi europei da restituire” o“da non perdere” ignora che la parola “penale” non compare in alcun contratto o accordo con la Francia, con l’Ue o con ditte private. L’Italia, sul suo tracciato, può fare ciò che vuole. Recita la legge 191/2009: “Il contraente o l’affidatari­o dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitor­ia eventualme­nte sorta in relazione alle opere individuat­e… nonché ad alcuna pretesa, anche futura, connessa al mancato o ritardato finanziame­nto dell’intera opera o di lotti successivi”. Quanto all’Ue, finanzia solo lavori ultimati: se il Tav non si fa più, l’Italia non deve restituire un euro. Ora però le nostre disinforma­te madamine si sono montate la testa: chiedono udienza al Quirinale, danno ordini alla sindaca Appendino e al governo Conte, come se 25mila persone in piazza contassero più dei 10.935.998 italiani che hanno votato per i 5Stelle (No Tav) nel 2018 e dei 202.754 torinesi che nel 2016 hanno eletto la sindaca No Tav Chiara Appendino contro il Sì Tav Piero Fassino. Invece i No Tav, che negli anni hanno portato in piazza ora 40 ora 50mila persone, non se li è mai filati nessuno. A parte, si capisce, i manganelli della polizia.

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