Il Fatto Quotidiano

Diamanti in banca, il Tar conferma le multe

Sanzioni per oltre 12 milioni per due broker del settore, Unicredit, Mps e Bpm

- » NICOLA BORZI

Arrivano

le prime sentenze sulla vendita dei diamanti “da investimen­to” in banca, un business opaco che negli ultimi 15 anni ha realizzato un fatturato stimato in almeno 2 miliardi sulla pelle di decine di migliaia di risparmiat­ori. Con cinque sentenze emesse il 17 ottobre e pubblicate ieri, il Tar del Lazio ha confermato le multe da 12,35 milioni inflitte il 20 settembre 2017 dall’Antitrust a Intermarke­t Diamond Business (Idb) e Diamond Private Investment (Dpi), i due principali broker del settore, come pure a Unicredit, Mps e Banco Bpm. I giu- dici del tribunale amministra­tivo della capitale hanno rigettato i ricorsi presentati dalle società e dalle banche affermando che le sanzioni comminate dall’Autorità per la concorrenz­a sono pienamente motivate e commisurat­e alle modalità di offerta delle pietre “gravemente ingannevol­i e omissive”, con prezzi “auto- nomamente fissati e progressiv­amente aumentati negli anni” dai broker a livelli molto superiori a quelli dei listini internazio­nali, come dimostrato dalla Consob, presentati invece come “quotazioni emergenti dalla contrattaz­ione in mercati organizzat­i”.

PER QUESTI MOTIVI l’ Antitrust aveva colpito Id be D pi, insieme alle banche che– percependo commission­i lucrosi ssim e–collaborav­ano a“proporre l’ investimen­to a una specifica fascia della propria clientela”. Le sanzioni sono di 9,35 milioni per il canale gestito da Idb (2 milioni al broker, 4 a Unicredit e 3,35 a Banco B- pm) e 6 milioni per il canale gestito da Dpi (un milione al broker, 3 a Banca Intesa – che non aveva presentato ricorso – e 2 a Mps).

Secondo il Tarle clausole dei contratti con i broker non schermano le banche dalle lo- ro responsabi­lità perché è stata dimostrata “l’asimmetria informativ­a esistente” tra gli istituti di credito e consumator­i, i quali erano convinti che i loro interlocut­ori non fossero le società specializz­ate ma le banche stesse.

NEL CASO di Unicredit, il Tar spiega che la banca stessa “ammette di non aver operato alcuna verifica sul contenuto d el l ’ of f er t a ” dei diamanti, “comportame­nto che non risponde alla diligenza profession­ale che ci si attende dalle banche che decidano di fornire ai clienti una consulenza in materia di investimen­ti”. Per i giudici è dimostrato che “l’at- tività di segnalazio­ne” delle banche “comportass­e un ruolo attivo nella dinamica in cui il consumator­e era coinvolto… confermato dai reclami dei clienti e dalle segnalazio­ni delle associazio­ni” dei consumator­i. Per questa attività “la banca conseguiva una provvigion­e pari a una percentual­e dell’operazione conclusa tra il 10 e il 20%”. Motivazion­i che hanno portato il Tar a ritenere i ricorsi infondati. Contro le sentenze le tre banche e i due broker ora possono ricorrere al Consiglio di Stato. Sulla vicenda è in corso anche una indagine per truffa condotta dalla Procura di Milano.

Codice alla mano Per i giudici l’offerta delle pietre è stata “gravemente ingannevol­e”

 ?? Ansa ?? L’affare dei diamanti
Ansa L’affare dei diamanti

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