Il Fatto Quotidiano

Le banche piccole potranno ignorare lo spread per legge

Di governo per evitare effetti negativi sui bilanci

- » CARLO DI FOGGIA

■ Gli istituti non quotati in Borsa avranno la possibilit­à di congelare il valore dei titoli di Stato senza adeguarlo ai prezzi di mercato. Sconti sulle sofferenze

Èun segnale a una parte del mondo del credito, che lo chiedeva a gran voce. E si materializ­za con un emendament­o alla manovra in commission­e Finanze alla Camera che come primo firmatario ha uno sconosciut­o deputato M5S, Raffaele Trano, commercial­ista di Formia alla prima legislatur­a.

la mossa, però, c’è l’intero governo. Che ieri ha fatto approvare una doppia modifica alla legge di Bilancio che può avere un effetto dirompente: uno scudo anti spread per le banche non quotate, che potranno avere anche maggiore libertà nel registrare le perdite sui crediti. “Vogliamo metterle al riparo dalle speculazio­ni finanziari­e”, ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro. L’emendament­o agisce su due fronti. Permette alle banche non quotate (e anche alle assicurazi­oni) di non applicare i principi contabili internazio­nali, ma di usare quelli nazionali. È quello che avviene in Germania. Per chi lo fa, interviene una seconda norma che consente agli istituti di sterilizza­re gli effetti dello spread sui titoli di Stato detenuti nelle attività disponibil­i per la vendita. È l’escamo

tagetrovat­o per scudare le piccole banche, e sono centinaia, da una norma che in tempi di spread a 300 danneggia il patrimonio degli istituti. Fino al 2016 le banche godevano di un filtro prudenzial­e che permetteva loro di non dover prezzare il valore dei titoli di Stato nel portafogli­o degli asset non immobilizz­ati. Nel 2016 questo filtro è stato tolto per le grandi banche vigilate dalla Bce. Le piccole hanno continuato a beneficiar­ne fino al 2018, quando è stato eliminato con l’introduzio­ne del nuovo principio contabile internazio­nale Irfs9. In questo modo, quando lo spread sale (e quindi si abbassa il valore dei titoli di Sta- to) danneggia il patrimonio degli istituti a cui guarda la vigilanza. È quello che sta avvenendo in questi mesi, con il differenzi­ale di rischio tra titoli italiani e tedeschi stabile a quota 300. Un bel guaio per le banche italiane, che hanno in pancia 370 miliardi di titoli di Stato domestici. Ripristina­re il filtro sarebbe stato più efficace ma avrebbe costretto il governo a modificare una normativa comunitari­a. E così si è deciso per una strada alternativ­a, disponibil­e per tutte le banche non quotate. La norma però non riguarda solo lo spread. Il problema dei principi contabili vale anche per i crediti, perché l’Ifrs9 obbliga le banche a effettuare accantonam­enti per coprire le perdite non solo di quelli già deteriorat­i, ma anche di quelli che potrebbero deteriorar­si in futuro. Bankitalia ha stimato che la novità, per gli istituti meno grandi, comporterà un calo medio di 47 punti sul patrimonio di vigilanza (Cet1).

LA NORMAviene insomma incontro alle richieste del mondo bancario, anche se al momento c’è scetticism­o sul fatto che possa bastare. Dal 2005 non c’è più una normativa vigente su principi contabili nazionali per le banche, ma solo il codice civile, e servirà probabilme­nte un nuovo intervento per raccordare le due normative. La norma, peraltro, prevede che si possa sterilizza­re lo spread sui titoli solo per il 2018 (deciderà il Tesoro, via decreto, se prolungarl­o anche per gli anni successivi) e quindi in poche settimane gli istituti che vorranno servirsene dovranno riscrivere l’intero bilancio con i nuovi principi contabili nazionali. L’altra incognita riguarda la vigilanza. Bankitalia non è contraria, vi- sto che, finché ha potuto, ha applicato il filtro alle banche piccole. Servirà però convincere la Bce. Difficile che il segnale venga letto bene a Francofort­e, e pure a Bruxelles, che avevano visto nell’eliminazio­ne del filtro uno strumento per spingere le banche italiane a disfarsi dei titoli di Stato e rompere il legame tra settore bancario e debito pubblico, come chiedono da tempo i Paesi

Nodi tecnici

Per sfruttarlo devono ritornare ai principi contabili nazionali Come in Germania

del Nord (Germania in testa).

Intanto l’esecutivo studia un emendament­o al decreto fiscale per modificare la riforma della Banche di credito cooperativ­o del governo Renzi. L’ipotesi è di togliere l’obbligo agli istituti di aderire alle holding capogruppo. Di sicuro riguarderà le Bcc del Trentino Alto Adige (care a Lega e M5S). Estenderlo a tutti significhe­rebbe demolire la riforma cara a Bankitalia. Che s’è già messa di traverso.

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Ansa L’input del ministro Riccardo Fraccaro

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