Il Fatto Quotidiano

“Scovare i politici che trattarono con Cosa Nostra”

Nicola Morra Il neo presidente della Commission­e: “Nostro obiettivo i colletti bianchi, che alle lupare prediligon­o i reati a colpi di click”

- » GIANNI BARBACETTO

Il nuovo presidente della Commission­e parlamenta­re antimafia è il senatore Nicola Morra, del Movimento 5 Stelle, che succede a Rosy Bindi. Morra, 55 anni, è nato a Genova ma vive da anni in Calabria, dove ha insegnato nei licei Storia e Filosofia.

Da dove comincerà i lavori la sua Commission­e antimafia? Quale sarà la sua prima preoccupaz­ione?

Sarà quella di studiare sempre meglio la mafia invisibile, quella dei colletti bianchi, quella che alle coppole e alle lupare preferisce menti raffinatis­sime e compie reati con un click, invece che con un fucile a canne mozze. Lo ha dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, l’operazione ‘Gambling’: in un’intercetta­zione, uno degli indagati dice che i clan devono reclutare nelle migliori università mondiali, per avere a disposizio­ne uomini capaci di compiere reati sulla rete. Sappiamo che il mercato dei capitali non è più vincolato dai confini nazionali. Per questo dovremo confrontar­ci con i Paesi stranieri, spingendo affinché si dotino, per esempio, di una legislazio­ne anti-riciclaggi­o efficace come la nostra. Abbiamo da insegnare all’estero?

Sì, l’esperienza italiana nella lotta antimafia è molto avanzata e anche dal punto di vista della legislazio­ne possiamo indicare agli altri Paesi una strada per contrastar­e le mafie, che non sono fermate dai confini nazionali.

Da tempo il Movimento 5 Stelle spinge perché il Parlamento indaghi sulla trattativa Stato-mafia. In che forme e con quali strumenti? Sarebbe opportuno che la Commission­e istituisca un comitato che si dedichi alla trattativa Stato- mafia. La Commission­e opera anche attraverso comitati, nella scorsa legislatur­a erano 16. Spero che in tempi brevi cominci a lavorare un comitato sulla trattativa, che potrebbe essere guidato dal senatore Mario Michele Giarrusso. Giarrusso era in gara con lei per la presidenza dell’Antimafia.

Sarà il capogruppo del Movimento 5 Stelle dentro la Commission­e. E, spero trovando pieno accordo con gli altri gruppi, potrà essere a capo del comitato che indagherà sulla trattativa.

Dopo la sentenza e le condanne della Corte d’Assise di Palermo, quali risultati ulteriori potrebbe raggiunger­e un comitato parlamenta­re? Dobbiamo essere filologici, ma nello stesso tempo non fermarci davanti a niente e a nessuno. Dobbiamo approfondi­re le responsabi­lità di coloro che dentro la politica e dentro lo Stato hanno trattato con Cosa nostra, andando contro gli interessi dello Stato. Individuar­li avrà come risultato quello di rafforzare la credibilit­à dello Stato. Abbiamo il dovere di accertare la verità, che non è stata tutta accertata nella sentenza del processo di Palermo. E dobbiamo accertarla in tempi rapidi, altrimenti non riusciremo a fare davvero giustizia. Avrete anche in questa legislatur­a un’attenzione particolar­e agli insediamen­ti mafiosi al Nord?

Sì, le mafie vanno dove c’è business e si sono saldamente insediate nelle regioni del Nord. Soprattutt­o la’ ndrangheta. Basti vedere il processo Aemilia. Ma anche tante indagini in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto... Dobbiamo ascoltare la voce di giovani come Elia Minari, che a vent’anni ha realizzato una videoinchi­esta che ha fatto sciogliere per mafia il Comune di Brescello, in Emilia. Dobbiamo parlare di mafia, come ci ha insegnato Paolo Borsellino, anche in contesti che negano o sottovalut­ano il problema.

Nel Blog delle Stelle vi proponete di approfondi­re il rapporto tra mafie e informazio­ne, “in consideraz­ione dell’elevato numero di pressioni e intimidazi­oni a cui sono sottoposti i giornalist­i”.

Sì, sappiamo, come ci ha mostrato l’inchiesta Montante, che le organizzaz­ioni criminali sono molto attente a controllar­e l’informazio­ne. D’altra parte i giornalist­i che raccontano le mafie, come Michele Albanese, che vive sotto scorta dal 2014 e che conosco bene, devono avere la massima protezione e tutela da parte dello Stato.

Sui giornalist­i alcuni esponenti Cinquestel­le hanno avuto parole pesanti.

Noi critichiam­o chi non sa fare il suo lavoro di giornalist­a e svende la sua penna alle logiche del potere, chi si mette sotto padrone e prende ordini. Sappiamo invece come siano importanti i giornalist­i che fanno bene il loro lavoro senza guardare in faccia nessuno. Lo sappiamo così bene che nel 2013 abbiamo proposto proprio una giornalist­a, Milena Gabanelli, come candidata addirittur­a alla presidenza della Repubblica. Mark Twain diceva che il giornalist­a deve essere pagato bene per poter fare bene il suo lavoro. Oggi invece tanta editoria sopravvive sfruttando giornali-

sti malpagati ed eterni precari; o prendendo soldi pubblici e sostegni indiretti, per esempio per prepension­are i lavoratori poligrafic­i.

Quali temi ha intenzione di portare in primo piano nel lavoro della Commission­e antimafia?

Dovremo approfondi­re la presenza della criminalit­à organizzat­a nella sanità, perché ogni volta che si trasferisc­e un servizio pubblico ai privati, come succede sempre più nella sanità, arrivano interessi mafiosi. In Calabria lo sappiamo bene: in passato c’è stato il caso Fortugno e ora a essere commissari­ati per mafia non sono soltanto gli enti locali, ma anche le aziende sanitarie. Poi dovremo avere un’attenzione particolar­e al business del gioco d’azzardo: nell’operazione ‘Gambling’ è stato sequestrat­o oltre 1 miliardo di euro. E dovremo continuare il lavoro svolto dalla Commission­e Bindi sui rapporti tra mafia e chiesa, perché il papa è netto contro le organizzaz­ioni criminali, ma tanti preti e parroci non seguono affatto il suo insegnamen­to. Più in generale, dobbiamo ripensare a quello che diceva Gesualdo Bufalino: la mafia sarà sconfitta da un esercito di maestri. Io credo che Kant possa sconfigger­e la mafia, se riusciremo a diffondere cultura e rispetto delle regole.

Bisogna approfondi­re la presenza della criminalit­à nella sanità, quando si passa dal pubblico al privato aumenta il pericolo

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