L’aumento degli incendi è senza fine: l’ultimo ieri in provincia di Caserta
Otto impianti dati alle fiamme in un anno, tre in un mese
Emergenza o spot elettorali? Mentre la maggioranza di governo litiga, la Terra dei Fuochi in Campania non si è mai spenta. L’ultimo rogo è di ieri pomeriggio. Ancora in provincia di Caserta, a San Tammaro, per la precisione proprio laddove dieci anni fa, in piena emergenza rifiuti, c’era una mega-discarica che doveva essere riaperta a tutti i costi prima di finire sotto sequestro.
CIÒ CHE STA accadendo in Campania sul fronte rifiuti è un’ e sc al at ion di roghi che sembra non avere mai fine. Otto impianti dati alle fiamme in un anno, tre in un mese. In quasi tutte le province campane. A inizio novembre brucia lo Stir di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e a fine ottobre un incendio divampa in un’azienda privata di Marcianise. A settembre un’ex fabbrica di rifiuti nella zona industriale di Pignatore viene avvolta dalle fiamme. In provincia di Benevento, brucia il materiale lavorato nello Stir di Casalduni. Le fiamme non risparmiano neanche la provincia di Napoli e Salerno. A luglio due impianti vengono messi sotto torchio: quelli di Caivano e di San Vitaliano. Sempre a luglio brucia la Ilside di Bellona. E poi il sito di tritovagliatura di Battipaglia, in provincia di Salerno, dove i cittadini protestano da un anno per la puzza che invade la città.
BRUCIA TUTTO in Campania. Perché? Le inchieste aperte dalle Procure nelle varie province hanno sempre i fari puntati sulla criminalità organizzata. Tanti anni fa, l’ex boss del rione Traiano di Napoli, Nunzio Perrella, quando si pentì disse: “Per noi la monnezza è oro”.
E la cronaca giudiziaria è piena di indagini e processi su camorra e rifiuti. Ma è il sindaco di Marcianise, Antonello Velardi, a dare un’altra lettura della situazione: “È andato in tilt il sistema – dice – perché ci sono micro interessi legati a quello che io chiamo il partito dei rifiuti, dove ci sono pezzi di politica, burocrazia e imprenditoria”.
Chi ha ragione? Le indagini della magistratura sono in corso e nessuno si sbilancia sulle evoluzioni. Sul fronte impiantistica, invece, la situazione è più chiara. Basta soffermarsi sul termovalorizzatore di Acerra, anello finale della ciclo dei rifiuti, dove convoglia tutta la monnezza della Campania. Ma non tutta, perché l’impianto non ce la fa a contenerla tutta. Può lavorare solo 600.000 tonnellate a l l’anno. La Campania ne produce almeno il doppio. A luglio l’inceneritore non ha lavorato a regime. Era saturo. E a gennaio prossimo si stopperà per la manutenzione ordinaria.
E ALLORA cosa succederà? Cerca di spiegarlo l’avvocato Fulvio Fiorillo, presidente della società Gisec che gestisce lo Stir andato a fuoco a Santa Maria di Capua Vetere a inizio novembre: “La Regione ha autorizzato i Comuni ad aprire piattaforme di trasferenza – dice – dove saranno depositati i rifiuti in attesa della riapertura dell’inceneritore”.
Insomma, da gennaio, ogni comune campano avrà la sua microdiscarica. Sarà ancora emergenza?