La battaglia sulla pelle di Tim Voto al buio per la scelta dell’ad
Amemoria d’uo mo non c’è stata una vicenda così assurda nella storia del capitalismo. Dentro il consiglio d’amministrazione di Tim – e sulla pelle della rete telefonica, cioè del Paese – si è aperta una miserabile contesa per la poltrona di amministratore delegato. Senza un soprassalto di senso di responsabilità, al cda convocato per domenica prossima per la scelta del successore di Amos Genish vincerà chi, tra i due pretendenti Luigi Gubitosi e Alfredo Altavilla, otterrà più voti. Una farsa a metà strada tra X Factor e il congresso del Pd.
IL CASO È ESPLOSO ieri mattina, quando si è riunito il “comitato nomine” di Telecom Italia (formato da 5 dei 15 consiglieri) per istruire la pratica per il cda di domenica. A riunione in corso un’agenzia di stampa ha lanciato una notizia falsa: “Tim: Gubitosi nuovo Ad”. Altavilla, già designato dai consiglieri che avevano votato il siluramento di Genish, si è comprensibilmente infuriato e la riunione si è chiusa con un nulla di fatto. Ma il fatto è certo: Gubitosi ha avviato una campagna elettorale privata e sotterranea convincendo alcuni consiglieri. Adesso è rissa tutti contro tutti.
Riavvolgendo la pellicola si vede un film dell’orrore. Il 4 maggio scorso l’assemblea de- gli azionisti ha tolto agli uomini della francese Vivendi (primo azionista con il 24 per cento) il controllo di Tim, lasciando al gruppo di Vincent Bolloré 5 consiglieri ed eleggendo i 10 della lista del fondo americano Elliott. È stato confermato come amministratore delegato Genish, espresso da Bollorè. Ma nei mesi seguenti l’in- soddisfazione per il manager israeliano è cresciuta fino a esplodere martedì scorso, quando il cda ha votato a maggioranza la cacciata. L’operazione è stata condotta dal presidente Fulvio Conti che ha personalmente confezionato un capo d’imputazione articolato su tre punti sostanziali: cattivi risultati industriali e fi- nanziari e insoddisfacente realizzazione del piano DigiTim; pessima scelta dei manager, con cacciata degli esperti e assunzioni discutibili come quella del direttore commerciale Pietro Scott Jovane, scelto e spedito via in pochi mesi; assenteismo. L’ultimo punto è il più incredibile: anche qui, a memoria d’uomo non si ricorda un cda che abbia rimproverato all’amministratore delegato di non esserci mai.
Mentre tesseva l’accordo tra i 10 consiglieri eletti da Elliott, Conti ha anche creduto di gestire l’intesa sul successore, apparentemente trovata sul nome di Altavilla, braccio destro di Sergio Marchionne che nel luglio scorso, alla morte del capo, l’azionista di controllo della Fiat John Elkann ha scartato come successore.
Sia Altavilla che Gubitosi fanno parte della squadra di consiglieri Elliott e Conti ha creduto che non ci fossero problemi, anche perché l’ex direttore generale della Rai in questo momento è impegnato sulla disperata crisi Alitalia. Invece, non appena convocato il comitato nomine per l’indicazione del nuovo Ad, Gubitosi ha riproposto la sua candidatura con un’inedita questua dei voti. Ieri sera il borsino dava 6 consiglieri a suo favore e due a favore di Altavilla. In queste condizioni Gubitosi rischia di diventare Ad con 6 voti su 15.E rischia di dover trattare la complessa questione della nazionalizzazione della rete telefonica con Luigi Di Maio subito dopo averlo messo nelle peste con l’Alitalia, andandosene a inseguire una poltrona più remunerativa. IL COLPO DI SCENA finale potrebbe essere che i cinque consiglieri espressione di Bolloré, tra cui lo stesso Genish, abbandonino la linea del popcorn per votare in blocco Altavilla, che a quel punto vincerebbe 7 a 6. Con il voto di Genish che risulterebbe decisivo nella scelta del suo successore. Se va così questa nobile schiatta di manager magari sfascerà Tim, ma un Oscar lo vince sicuro.
Cose mai viste
Il primo conta su 6 voti, il secondo su 2 E così Vivendi sarà l’ago della bilancia