Il Fatto Quotidiano

Tre indagini sulla maxicondot­ta della discordia

Sulla portata dell’impianto, sull’impatto paesaggist­ico, sugli ulivi espiantati

- M. C. F.

Sono

tre le indagini penali sul contestati­ssimo gasdotto Tap che porterà il gas dall’Azerbaijan sulle spiagge del Salento. Quella sull’inquinamen­to delle falde acquifere è l’ultima. La prima ipotizza la truffa e la violazione della direttiva europea Seveso sugli impianti a rischio di incidente rilevante. Entro il 18 novembre sarà depositata la superperiz­ia che stabilirà se il terminale di ricezione di 12 ettari di Tap e il tratto di gasdotto della Snam, che sorgeranno a 400 metri dalle prime abitazioni, siano da considerar­si un’unica opera e se vadano classifica­ti come uno stabilimen­to che modifica temperatur­a e pressione del gas o come un impianto più semplice.

SE SI TRATTA di uno stabilimen­to, come lo chiamano ben 28 volte gli stessi documenti Tap secondo un’inchiesta de ilfattoquo­tidiano.it, la direttiva Seveso va applicata, con l’obbligo conseguent­e di garantire la messa in sicurezza e la consultazi­one popolare prima dell’inizio dei lavori. Al centro dell’indagine c’è il quantitati­vo di gas previsto, originaria­mente ben oltre la soglia delle 50 tonnellate fissata dalla direttiva Seveso. Erano 100, ora sono 48,6. La direttiva era indicata come obbligator­ia nella Valutazion­e di impatto ambientale (Via) ma poi è stata eliminata dalla conferenza dei servizi nel 2014, con il benestare di tre ministeri, grazie a un parere della Commission­e europea la cui traduzione è piuttosto contestata. In seguito Tar Lazio e Consiglio di Stato hanno dato ragione a Tap. L’indagine è stata riaperta dopo l’esposto di otto sindaci salentini, supportati dalle perizie di ingegneri che denunciano “rischi estremamen­te rilevanti di esplosioni e incendi” per i 30 mila residenti. Tra gli indagati, oltre al country manger di Tap Michele Mario Elia e alla rappresent­ante legale Clara Risso, coinvolti anche nell’ultimo filone di indagine, c’è il direttore generale per la sicurezza dell’a p pr o v vi g i on amento e delle infrastrut­ture energetich­e del ministero dello Sviluppo economico, Gilberto Dialuce.

Ma non è tutto. C’è anche un’altra indagine sulla presunta violazione dei vincoli paesaggist­ici nel cantiere in contrada “Le Paesane”, sotto sequestro probatorio dal 27 aprile scorso. Ancora Clara Risso risponde del reato di opere eseguite in assenza di autorizzaz­ione, distruzion­e e deturpamen­to di alberi e abusivismo in aree vincolate. Il gip di Lecce Cinzia Vergine ha rigettato la richiesta di dissequest­ro avanzata da Tap che in quell’area intende posare un tratto di condotta. Si indaga anche sulla possibilit­à che l’eradicazio­ne di 477 ulivi sia avvenuta fuori dal tempo prestabili­to. Restano però le multe da migliaia di euro comminate a centinaia di cittadini che si opposero alla movimentaz­ione degli alberi nel 2017.

SUL VERSANTE amministra­tivo, invece, oltre al giudizio chiesto da Tap e atteso per il 5 dicembre sull’ordinanza che blocca i lavori per l’inquinamen­to delle falde acquifere di cui è stata negata la sospensiva, restano il ricorso contro Tap sulle prescrizio­ni (obbligator­ie da Via) A36 e A55 sulla presunta mancata impermeabi­lizzazione del cantiere e quello contro il ministero dell’Ambiente per la prescrizio­ne A5, che riguarda il microtunne­l di Tap non assoggetta­to a Via. Quest’ultimo interferir­ebbe con la posidonia, un’alga protetta. La battaglia per fermare l’opera è tutta giudiziari­a. Con la politica che si è ormai fatta scudo con i risarcimen­ti miliardari che sarebbero dovuti senza la prospettiv­a di un arbitrato internazio­nale, i cittadini che si oppon- gono all’opera puntano tutto sulla magistratu­ra.

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Ansa Proteste Una delle manifestaz­ioni contro l’espianto degli ulivi per far posto al Tap

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