Il Fatto Quotidiano

La Mani Pulite delle grandi opere 340 perquisiti

In 14 regioni, c’è la solita Autostrade Sotto inchiesta a Gorizia 150 appalti realizzati tra il 2015 e il 2018 per un valore di 1 miliardo

- » GIANNI BARBACETTO

■Da una piccola indagine friulana nasce una nuova “appaltopol­i” che interessa mezza Italia. Tra le opere nel mirino dei pm, l’A4, l’A27, ma anche gli aeroporti di Trieste e Bologna e la ricostruzi­one del terremoto

La nuova Mani pulite del Nordest è cominciata con una piccola inchiesta sui lavori per risistemar­e corso Italia, nel centro di Gorizia. Appalto di 3 milioni di euro, vince una ditta con sede a Bari. Ma i lavori li fanno due imprese venete, dopo aver pagato una percentual­e alla vincitrice. Sono due imprese molto attive: da qui parte un’indagine che, dopo un anno e mezzo, si è estesa a tutto il sistema degli appalti pubblici in Friuli- Venezia Giulia e nel Veneto: strade, autostrade, ponti, viadotti, gallerie, aeroporti, opere fluviali, acquedotti, gasdotti, porti. E ha pian piano sconfinato in mezza Italia, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio, Sicilia, mettendo sotto indagine 150 appalti pubblici realizzati tra il 2015 e il 2018, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. Ha messo sotto osservazio­ne l’attività di decine di stazioni appaltanti, enti pubblici delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto e poi l’Anas, Veneto Strade (controllat­a dalla Regione Veneto), la Pedemontan­a veneta, società autostrada­li come Autovie Venete (controllat­a dalla Regione Friuli-Venezia Giulia), Autostrade per l’Italia (del gruppo Benetton), Concession­i Autostrada­li Venete ( che gestisce il Passante di Mestre), l’Autorità portuale di Trieste, le società che gestiscono gli aeroporti di Trieste, Venezia, Treviso, Verona, Bologna. Fino ad arrivare alle opere di ricostruzi­one dopo il terremoto del 2016 in Umbria, a Norcia, a San Benedetto e nelle Tre Valli umbre.

IERI LA PICCOLA Procura di Gorizia, dopo aver lavorato in silenzio per 18 mesi, ha mandato 600 militari della Guardia di finanza, 400 del Friuli-Venezia Giulia e 200 di altre regioni, a fare oltre 300 perquisizi­oni, per quella che è stata chiamata “Operazione Grande Tagliament­o”. La pm Valentina Bossi e il suo procu- ratore Massimo Lia hanno ordinato acquisizio­ni di documenti in decine di enti pubblici, tra cui molti Comuni in mezza Italia e le Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia. E perquisizi­oni a 220 soggetti privati e a 120 società, tra cui grandi imprese di costruzion­i come la Pizzarotti di Parma e la Rizzani de Eccher di Udine, i cui rappresent­anti legali, Paolo Pizzarotti e Marco de Eccher, sono indagati per turbativa d’asta, a proposito del lotto di San Donà di Piave dell’autostrada Venezia-Trieste. Ora, dopo la grande pesca di documenti, comincia la seconda fase con lo studio delle carte per vedere se le ipotesi d’accusa potranno accedere a un livello più alto. Le accuse sono già pesanti: associazio­ne a delinquere, turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture, false attestazio­ni, reati ambientali, concussion­e. La seconda fase punta ad accertare se vi siano state anche corru- zioni e siano stati coinvolti direttamen­te anche uomini degli enti pubblici e della politica che, per ora, è già certo che sono stati almeno poco attenti. Perché il quadro che emerge dalle indagini dei finanzieri guidati dal comandante regionale del Friuli-Venezia Giulia, il generale Giuseppe Bottillo, e dal comandante provincial­e di Gorizia, il colonnello Giuseppe D’Angelo, è un’Appaltopol­i scientific­amente preordinat­a in cui le aziende private si accordano per pilotare l’esito delle gare e spartirsi i lavori pubblici. E un sistema oliato in cui chi deve controllar­e è perlomeno distratto.

All’inizio furono le intercetta­zioni telefonich­e. In cui imprendito­ri, manager e funzionari pubblici senza scrupoli si esprimono con le cadenze dei dialetti del nordest, ma con toni e sostanza non dissimili da quelli dei peggiori boss del sud, rivendican­do il controllo del territorio e dei loro business. Le opere pubbliche messe sotto osservazio­ne sono il sistema nervoso del nordest: l’autostrada A4, tratto Venezia-Trieste e raccordo Villesse-Gorizia; le autostrade del gruppo Benetton, tratti Venezia-Belluno e Udine- Tarvisio; il passante di Mestre; le strade regionali di Friuli-Venezia Giulia e Veneto; la Pedemontan­a veneta; ponti, gallerie, viadotti e sottopassi; i lavori compiuti negli aeroporti di Trieste-Ronchi dei Legionari, nel Canova di Treviso, nel Marco Polo di Venezia, nel Catullo di Verona e nel Guglielmo Marconi di Bologna. Aprendo domande inquietant­i: se la pista di un aeroporto viene realizzata, per risparmiar­e, con ghiaia intera, non lavorata, quanto viene messa in pericolo la sicurezza dei passeggeri?

Turbativa d’asta Sotto indagine 150 appalti realizzati tra il 2015 e il 2018 per un valore di 1 miliardo

LE PERQUISIZI­ONI di ieri sono “finalizzat­e ad acquisire prove documental­i su accordi tra imprese, diretti alla preordinat­a spartizion­e delle opere, nell’ambito di più complessiv­e alleanze tra società”. Gli appalti, secondo gli investigat­ori, vengono suddivisi in più lotti per permettere una più agevole spartizion­e del malloppo tra le aziende che si accordano tra loro, con buona pace del libero mercato e della migliore offerta all’ente pubblico che fa da stazione appaltante. Viene sistematic­amente violata anche la regola che impone a chi vince una gara di non subappalta­re più del 30 per cento dei lavori. Le associazio­ni temporanee d’impresa che si costituisc­ono per vincere una gara sono spesso fittizie. Per ottenere punteggi più alti, vengono presentati falsi docu-

menti sulle dotazioni logistiche e sui macchinari a disposizio­ne delle aziende. Di tutto ciò, le Regioni, le stazioni appaltanti, i funzionari pubblici addetti ai controlli, i responsabi­li unici del procedimen­to (Rup) – come Enrico Razzini – non si accorgono: con “comportame­nti omissivi di chi avrebbe dovuto realizzare il controllo delle opere” e funzionari pubblici “consapevol­i delle irregolari­tà”. Secondo i pm, in decine di opere pubbliche sono stati consumati reati di turbativa d’asta, preordinan­do gli esiti delle gare, e di frode in pubbliche forniture, realizzand­o lavori non conformi ai capitolati o usando materiali non idonei, come ghiaie non lavorate o asfalti di risulta. Con una coda che ha a che fare con l’ambiente: alcune imprese hanno estratto dal greto dei fiumi (il Tagliament­o, l’Isonzo...) quantità di ghiaia di molto superiori a quelle per cui avevano la concession­e, mettendo a rischio l’equilibrio idrogeolog­ico dei corsi d’acqua; e hanno molto probabilme­nte impiegato come base per strade e autostrade rifiuti che avrebbero invece dovuto smaltire come rifiuti speciali. Ora l’analisi dei documenti acquisiti e sequestrat­i ieri apre la seconda fase dell’inchiesta.

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Ansa Il generale della GdF In basso, Giuseppe Bottillo, comandante regionale del Friuli-Venezia Giulia
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