Peculato, ora Conte tenta di rimediare a fine anno
Dovranno andare avanti così, voto dopo voto, nell’aula che pare una botola pronta a inghiottirli. Anche se non si fidano l’uno dell’altro, anche se si accusano di opposti tradimenti e sono fragili. Perché il Quirinale e il presidente della Camera, Roberto Fico, hanno spiegato a Lega e Cinque Stelle che non c’era altro modo di ripartire dopo il martedì in cui il governo è inciampato alla Camera, per mano di 36 franchi tiratori nel voto segreto. Non c’era rimedio possibile nei regolamenti, all’emendamento sul peculato approvato a Montecitorio. Quello che ha “macchiato” il disegno di legge Anticorruzione, che per il M5S era un gioiello di famiglia e ora pare un quadro imbrattato di vernice.
E ALLORA se non si farà male prima, la maggioranza dovrà approvare in prima lettura il ddl così com’è. Entro oggi, secondo i piani. Poi bisognerà correre in Senato, per approvarlo entro 15 giorni e tornare poi alla Camera per la terza e ultima lettura, a ridosso o subito dopo Natale. Un gioco dell’oca a cui sono appese le sorti dell’esecutivo. E che prende forma subito dopo che la commissione europea ha confermato il no alla manovra. Per questo, soprattutto il M5S tra martedì notte e ieri mattina ha cercato in ogni modo una scorciatoia, per eliminare l’emendamento e approvare lo spazzacorrotti in “purezza”. Praticamente impossibile, a scorrere norme e prassi. Eppure ci provano anche tramite il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che martedì sera chiama il Colle chiedendo il parere su una soluzione d’emergenza. “Avremmo pensato a un decreto legge” butta lì il premier.
Ma il Quirinale risponde con un no, cortese ma chiaro. Non si può forzare adesso, con l’Italia in conflitto sui conti con la Ue, ragiona il presidente della Repubblica: che sulla manovra coltiva parecchi dubbi, ma non vuole comunque intervenire. Anche se il numero due della Lega, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, auspicherebbe il contrario. Nel frattempo i gialloverdi sondano anche Fico. E gli prospettano varie possibilità, tra cui un emendamento che corregga quello sul peculato.
Ma il presidente di Monte- citorio scuote la testa: “Mi dispiace, non si può”. Non vuole strappi, dopo aver già lavorato di fino per consentire l’inserimento nel ddl dell’emendamento sulla prescrizione, vitale per l’accordo di maggioranza. E allora i partiti di governo si arrendono. Ne prende atto anche Luigi Di Maio, che di prima mattina riunisce tutti i suoi parlamentari: “Il voto di martedì voleva affossare il ddl Anticorruzione. Ma noi non siamo stati, quando abbiamo qualcosa da dire contro non ci nascondiamo con il voto segreto”. Ed è una botta ai leghisti che sembravano una caserma, a fronte del M5S con i dissidenti. Poi ale 11 è vertice a tre a Montecitorio tra Di Maio, un plumbeo Matteo Salvini e Conte. E l’accordo è rapido: tappe forzate sull’Anticorruzione per approvarlo entro fine anno. “Prima del termine originario del 20 gennaio”.
MA È TREGUA armata, perché Di Maio e Salvini devono restare sui banchi del governo a presidiare. E intanto trattano. Con il Carroccio che ottiene l’accantonamento di alcuni emendamenti sulle cause di non punibilità per corruzione. E in serata sparisce dal testo l’obbligo di arresto in flagranza per lo stesso reato. Però il tema è il Salvini ferito, da quei 36 in gran parte della Lega. “È stato Giorgetti” accusano dal M5S. In tanti sospettano del sottosegretario che “dice sempre l’inverso di Matteo quando lui non c’è”. Contrario al reddito di cittadinanza, quindi assai critico sulla manovra. E il voto segreto di martedì, è la lettura diffusa, varrebbe proprio come un’esortazione a modificare la legge di Bilancio. E c’è chi racconta di un Salvini che martedì sera avrebbe urlato contro il suo numero due, a margine del vertice a Chigi.
DI CERTO c’è il nervosismo del segretario del Carroccio, che ieri ha chiesto ai commessi di fermare i cronisti che volevano seguirlo nel cortile interno di Montecitorio. È consapevole del momento, e martedì sera lo ha detto di fronte a Conte e Di Maio: “Devo accettare questa merda che mi è capitata contro”. Intanto il suo decreto Sicurezza è slittato a lunedì. E a occhio verrà blindato con un voto di fiducia. Perché i gialloverdi hanno paura di sbandare.
Anticorruzione Il Movimento e la Lega dopo essere finiti in minoranza chiedono di rimediare con un decreto. Il Colle e il presidente della Camera: “Niente scorciatoie” Obiettivo Natale Oggi il ddl dovrebbe avere il sì della Camera Ma poi bisognerà cambiarlo al Senato Guerra nel Carroccio
Il sottosegretario leghista accusato per i franchi tiratori: “È un segnale sulla manovra”