Il Fatto Quotidiano

Grillini e leghisti separati in casa: “Senza ideali”, “Voi, solo ingenui”

Matrimonio in crisi Pentastell­ati e leghisti alla guerra dopo la trappola dell’Anticorruz­ione: aula strapiena

- » ANTONELLO CAPORALE

La sedia governativ­a che divide Luigi Di Maio, sempre giusto nel suo vestito ministeria­le, la cravatta col nodo perfettino, e Matteo Salvini, chiuso in un grigio facis piuttosto trasandato, penitente, senza telefonino tra le mani a segnare l’ora veramente grave, è il vuoto tecnico che separa leghisti e grillini, così vicini e così scontenti gli uni degli altri come mai prima.

Ci vuole la pazienza, la bravura e la clinica di Massimo Baroni, deputato cinquestel­le, specializz­ato nella cura di pazienti psicotici, per spiegare l’insoddisfa­zione. “Loro volano basso e hanno lo sguardo politico rivolto all’ingiù, all’altezza della loro vista breve. Quasi tutti gli eletti provengono dai municipi: chi sindaco, chi assessore e hanno la necessità di percepire la concretezz­a di ogni provvedime­nto. Fanno coincidere ogni cosa con il loro universo, il fazzoletto di terra che riconoscon­o come mondo, a loro basta rappresent­are le urgenze del loro territorio. Ogni altra proposta che sta fuori da quel fazzoletto è estranea al loro interesse. Volano troppo basso, noi forse troppo in alto. Magari sono più scaltri di noi, ma senza ideali, una luce, qualcosa che li faccia guardare più lontano. Tecnicamen­te il nostro rapporto si potrebbe definire un po’ collusivo”.

IL LEGHISTA Paolo Franco, che viene da Arzignano, tra Vicenza e l’Adige, dove il lavoro non ha odore, e infatti i fumi delle concerie si avvertono per tutta la valle, ha un’altra spiegazion­e del perché il matrimonio è già in crisi. “Guardi che noi li stiamo aiutando. Parlo per me: sul condono edilizio di Ischia ci ho messo le mani per alleggerir­lo di alcuni pesi che veramente lo rendevano improponib­ile. Li vedo abba- stanza ingenui, volenteros­i ma forse ancora non strutturat­i. Io sono ottimista e penso che la sfangherem­o, alle Europee ci arriviamo e pure oltre. Però se me lo chiede ancora dico che non sono un mago, e che tutto è possibile. Possibile che si vada avanti e anche che si scenda dal bus. Cioè non saprei nemmeno dirle, ecco”.

Ventiquatt­ro ore sono passate dalla buca dentro cui è cascato il decreto Anticorruz­ione, fiore all’occhiello di Di Maio, legge simbolo fatta fecondare ad Alfonso Bonafede, il ministro della Giustizia anch’egli ora in aula a sorvegliar­e, organizzar­e e spiegare, tranquilli­zzare. Il governo al suo posto, con i due vice, cioè i due premier, presenti e attenti, anche un po’ preoccupat­i. La diagnosi della prima ora, un trabocchet­to teso da Salvini per incartare ancor di più il suo alleato Di Maio, sembra perdere terreno. “Giocano come i bimbi con i pulsanti”, ha detto Matteo ringhiando ed è parso non felicissim­o dell’esito del trappolone.

NEL GIORNO della verità pieni i banchi leghisti, con Nicola Molteni, sottosegre­tario all’Interno e cocco di Salvini, a giurare amore eterno: “Sono ottimista e molto di più ancora. Il contratto tiene, parlandosi e approfonde­ndo le questioni si risolve ogni questione”. Pieni anche i banchi grillini. I berlusconi­ani in mezzo, e la geografia dell’aula forse ha spinto al tradimento. Laura Ravetto, della famiglia di Arcore: “Purtroppo temo che questi si amino ancora. Ce li terremo per un po”. A sinistra il Pd, che ha concesso l’appoggio esterno ai guastatori. “Noi facciamo opposizion­e, ed è lecito sostenere ogni azione di rottura”, dice Michele Anzaldi.

Rottura? Un gran bel casino nel quale è finito il capogruppo leghista Molinari, imputato di aver giocato troppo d’azzardo: “Stiamo ancora capendo quel che è successo”, spiegava fuggendo dopo il colpaccio. Botte sotto la cintola, amicizie spezzate, tradimenti svelati. Andrea Colletti, grillino: “Sono stati i leghisti a organizzar­e tutto. Hanno votato contro una norma che manda in galera i politici che rubano”. Le voci sono salite di tono, e gli alleati, quando l’aula ha chiuso i battenti, hanno continuato a darsele, prima di giurarsi fedeltà. Vista la leghista Rossana Baldi correre dal collega grillino Ferraresi e garantire: “Io non voterò mai più così”.

“Se Di Maio rispetta i patti, li rispetto anch’io”, dice Salvini.

Dall’altro lato del fiume: “Chi chiede lealtà, dimostri lealtà”.

Tutto come previsto. Nemici e contenti.

Scena da una rottura Molteni fa da paciere, Bonafede sorveglia ma i peones grillini: “Era tutto organizzat­o” I leghisti hanno lo sguardo politico rivolto all’ingiù, all’altezza della loro vista breve Senza una luce per guardare lontano MASSIMO BARONI

(M5S) Se me lo chiede ancora dico che non sono un mago, e che tutto è possibile, che si vada avanti e anche che si scenda dal bus

PAOLO FRANCO

(LEGA)

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LaPresse Di corsa I deputati ieri nell’aula di Montecitor­io durante il voto sugli emendament­i al ddl Anticorruz­ione

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