Grillini e leghisti separati in casa: “Senza ideali”, “Voi, solo ingenui”
Matrimonio in crisi Pentastellati e leghisti alla guerra dopo la trappola dell’Anticorruzione: aula strapiena
La sedia governativa che divide Luigi Di Maio, sempre giusto nel suo vestito ministeriale, la cravatta col nodo perfettino, e Matteo Salvini, chiuso in un grigio facis piuttosto trasandato, penitente, senza telefonino tra le mani a segnare l’ora veramente grave, è il vuoto tecnico che separa leghisti e grillini, così vicini e così scontenti gli uni degli altri come mai prima.
Ci vuole la pazienza, la bravura e la clinica di Massimo Baroni, deputato cinquestelle, specializzato nella cura di pazienti psicotici, per spiegare l’insoddisfazione. “Loro volano basso e hanno lo sguardo politico rivolto all’ingiù, all’altezza della loro vista breve. Quasi tutti gli eletti provengono dai municipi: chi sindaco, chi assessore e hanno la necessità di percepire la concretezza di ogni provvedimento. Fanno coincidere ogni cosa con il loro universo, il fazzoletto di terra che riconoscono come mondo, a loro basta rappresentare le urgenze del loro territorio. Ogni altra proposta che sta fuori da quel fazzoletto è estranea al loro interesse. Volano troppo basso, noi forse troppo in alto. Magari sono più scaltri di noi, ma senza ideali, una luce, qualcosa che li faccia guardare più lontano. Tecnicamente il nostro rapporto si potrebbe definire un po’ collusivo”.
IL LEGHISTA Paolo Franco, che viene da Arzignano, tra Vicenza e l’Adige, dove il lavoro non ha odore, e infatti i fumi delle concerie si avvertono per tutta la valle, ha un’altra spiegazione del perché il matrimonio è già in crisi. “Guardi che noi li stiamo aiutando. Parlo per me: sul condono edilizio di Ischia ci ho messo le mani per alleggerirlo di alcuni pesi che veramente lo rendevano improponibile. Li vedo abba- stanza ingenui, volenterosi ma forse ancora non strutturati. Io sono ottimista e penso che la sfangheremo, alle Europee ci arriviamo e pure oltre. Però se me lo chiede ancora dico che non sono un mago, e che tutto è possibile. Possibile che si vada avanti e anche che si scenda dal bus. Cioè non saprei nemmeno dirle, ecco”.
Ventiquattro ore sono passate dalla buca dentro cui è cascato il decreto Anticorruzione, fiore all’occhiello di Di Maio, legge simbolo fatta fecondare ad Alfonso Bonafede, il ministro della Giustizia anch’egli ora in aula a sorvegliare, organizzare e spiegare, tranquillizzare. Il governo al suo posto, con i due vice, cioè i due premier, presenti e attenti, anche un po’ preoccupati. La diagnosi della prima ora, un trabocchetto teso da Salvini per incartare ancor di più il suo alleato Di Maio, sembra perdere terreno. “Giocano come i bimbi con i pulsanti”, ha detto Matteo ringhiando ed è parso non felicissimo dell’esito del trappolone.
NEL GIORNO della verità pieni i banchi leghisti, con Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno e cocco di Salvini, a giurare amore eterno: “Sono ottimista e molto di più ancora. Il contratto tiene, parlandosi e approfondendo le questioni si risolve ogni questione”. Pieni anche i banchi grillini. I berlusconiani in mezzo, e la geografia dell’aula forse ha spinto al tradimento. Laura Ravetto, della famiglia di Arcore: “Purtroppo temo che questi si amino ancora. Ce li terremo per un po”. A sinistra il Pd, che ha concesso l’appoggio esterno ai guastatori. “Noi facciamo opposizione, ed è lecito sostenere ogni azione di rottura”, dice Michele Anzaldi.
Rottura? Un gran bel casino nel quale è finito il capogruppo leghista Molinari, imputato di aver giocato troppo d’azzardo: “Stiamo ancora capendo quel che è successo”, spiegava fuggendo dopo il colpaccio. Botte sotto la cintola, amicizie spezzate, tradimenti svelati. Andrea Colletti, grillino: “Sono stati i leghisti a organizzare tutto. Hanno votato contro una norma che manda in galera i politici che rubano”. Le voci sono salite di tono, e gli alleati, quando l’aula ha chiuso i battenti, hanno continuato a darsele, prima di giurarsi fedeltà. Vista la leghista Rossana Baldi correre dal collega grillino Ferraresi e garantire: “Io non voterò mai più così”.
“Se Di Maio rispetta i patti, li rispetto anch’io”, dice Salvini.
Dall’altro lato del fiume: “Chi chiede lealtà, dimostri lealtà”.
Tutto come previsto. Nemici e contenti.
Scena da una rottura Molteni fa da paciere, Bonafede sorveglia ma i peones grillini: “Era tutto organizzato” I leghisti hanno lo sguardo politico rivolto all’ingiù, all’altezza della loro vista breve Senza una luce per guardare lontano MASSIMO BARONI
(M5S) Se me lo chiede ancora dico che non sono un mago, e che tutto è possibile, che si vada avanti e anche che si scenda dal bus
PAOLO FRANCO
(LEGA)