Il Fatto Quotidiano

Ue-Italia, che strana bocciatura: puniti pure i debiti di Renzi & C.

VERDETTO La manovra del 2019 fa scattare la procedura d’infrazione per i conti 2017

- » CARLO DI FOGGIA

■ Ora comincia la fase più difficile della trattativa tra Roma e Bruxelles che chiederà di aumentare le tasse. L’ipotesi di compromess­o è l’aumento dell’Iva nel 2020 e nel 2021

Nel peggiore dei casi si rischia un controllo rafforzato delle finanze e una grossa stretta fiscale. Nel migliore, servirà un accordo politico per mostrare una correzione, seppure minima, dei conti. In entrambi i casi, l’iter aperto ieri dalla Commission­e europea per una procedura di infrazione sui conti pubblici dell’Italia potrà essere arginato, se il governo lo vorrà, solo con aumenti di imposte, visto che la procedura non partirà prima di diversi mesi e quindi troppo tardi per bloccare le misure contenute nella manovra. Fermare in corso d’opera Reddito di cittadinan­za e riforma della Fornero sarà impossibil­e. Più facile che il governo si impegni a far scattare gli aumenti automatici dell’Iva previsti nel 2020-2021.

IERI BRUXELLES ha bocciato la manovra che il governo non ha voluto correggere sconfessan­do l’impegno, per la verità poco realistico, preso dall’esecutivo Gentiloni di far scendere il deficit pubblico 2019 allo 0,8% del Pil, ma anche di ridurlo all’1,6 che era il massimo consentito da Bruxelles. Il deficit viene invece fatto salire al 2,4%, più o meno al livello del 2017 e pochi decimali in più rispetto al 2018, per finanziare il programma e controbila­nciare la frenata della crescita.

Per aprire una procedura per deficit eccessivo serviva che il disavanzo superasse il 3% del Pil, il tetto imposto dal Trattato di Maastricht. Bruxelles ha quindi optato per quella in relazione al debito. In sostanza, la scelta di violare le norme ha un effetto retroattiv­o e toglie la base per gli sconti concessi in passato ai governi Renzi e Gentiloni, quando Roma non ha rispettato la regola che impone di ridurre il debito eccedente il 60% del Pil di un ventesimo l’anno (oggi siamo al 131%). Lo schema era: non sono in regola ma riduco un po’ il deficit e Bruxelles chiudeva un occhio per aiutare il governo gradito. Ieri ha stabilito che, venendo meno l’impegno, nel 2017 l’Italia ha violato le regole.

Era lo scenario peggiore. La procedura per debito eccessivo infatti impone un controllo rafforzato sui conti (con una verifica trimestral­e) e la richiesta di misure che facciano calare il debito in maniera consistent­e in un arco di 3-5 anni. In teoria la stretta fiscale può arrivare fino a 60 miliardi. In pratica è impossibil­e, e servirà un accordo politico. I tempi, però, sono lunghi. I Paesi dell’Ue hanno due settimane per esprimere un parere. Poi la palla passerà all’Ecofin – la riunione dei ministri delle Finanze dell’Ue – a cui la Commission­e proporrà l’avvio della procedura. Il voto avviene a maggioranz­a qualificat­a, per bloccarlo l’Italia può creare una minoranza di blocco di Paesi che raccolgono almeno il 35% della popolazion­e, ma non può votare e al momento è isolata. Il primo Ecofin è previsto il 4 dicembre. Senza un’accelerazi­one si può slittare al 22 gennaio. A quel punto verrà chiesta la correzione e l’Italia avrà dai 3 – nel caso peggiore – ai 6 mesi per presentare le misure. Se non lo fa rischia una sanzione fino allo 0,5% del Pil (8 miliardi), finora però mai applicata.

Non è escluso che la decisione finale slitti a dopo le elezioni europee di maggio. I Paesi del Nord premono, ma Bru- xelles vorrebbe evitare lo scontro prima delle urne. Da ieri inizia la trattativa per un accordo politico che dilati i tempi. Per questo il premier Conte vedrà sabato il presidente Jean Claude Juncker. Le sanzioni irrisorie possono spingere Roma a tirare dritto, ma dovrà trovare un modo per allentare le tensioni fi- nanziarie sul debito espresse dallo spread (l’asta del Btp Italia alle famiglie è stata un flop, come non accadeva dal 2012). L’ipotesi più verosimile è che concordi una correzione da spalmare su più anni. Ma più avanti arriva il verdetto più sarà difficile bloccare le misure della manovra. Grossi tagli di spesa sono irrealisti­ci (l’Ufficio parlamenta­re di Bilancio lo ha certificat­o). L’unica leva è l’aumento delle tasse. Già per il 2020 il governo prevede che in parte scattino aumenti automatici dell’Iva per 13 miliardi. Ha promesso di disinnesca­rli ma quasi certamente entreranno nella trattativa con l’Ue.

“Vogliamo evitare la procedura ma non accettiamo ricatti”, ha detto ieri il commissari­o Pierre Moscovici. Salvini e Di Maio confermano la linea: “Il testo non cambia”. E oggi Conte riferirà alla Camera. Per il ministro dell’Economia Giovanni Tria “drammatizz­are il dissenso tra Italia e Ue dannegga l’economia italiana ed europea”. Ha difeso la manovra e assicurato che “i conti pubblici sono sotto assoluto controllo”. Dopo la fiammata di ieri, lo spread ha chiuso in calo a 311 punti, la Borsa è salita (+ 1,4%). Prese di guadagno dopo che gli investitor­i avevano prezzato la bocciatura.

L’obiettivo

Sabato il premier vedrà Juncker. Si lavora a un accordo politico per evitare la stangata

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LaPresse Botta e risposta Il commissari­o Ue Moscovici. Sotto, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria
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