Il Fatto Quotidiano

“Eurocrati”, “maestrini” e “ignoti olandesi” Tutte le proteste per le critiche da Bruxelles

Da Renzi a Berlusconi, fino ai più insospetta­bili

- » MICHELA RUBORTONE

Non è una questione di populismo o sovranismo. Le fasi alterne degli ultimi governi italiani insegnano che a ogni comunicazi­one delle istituzion­i Ue corrispond­e una reazione prevalente­mente contraria e pure fantasiosa, foriera del bestiario selezionat­o che trovate di seguito.

IL CAPPELLO. No ve m br e 2014: Lo scontro è tra il premier Matteo Renzi e il presidente della Commission­e Ue Jean Claude Juncker. “Devo dire al mio caro amico Renzi che non sono il capo di una banda di burocrati - dice Juncker -. Contro la Commission­e sento critiche superficia­li, meritiamo di meglio”. Renzi replica. “È cambiato il clima per l’Italia, in Ue non vado a dire ‘per favore ascoltatec­i’, non vado con il cappello in mano”.

IL MAESTRINO. Concetto ribadito a ottobre 2015:“Se l’Ue boccia la manovra la ripresente­remo uguale. (...) Bruxelles non è il maestro che fa l’esame, in questi anni c’è stata una subalterni­tà psicologic­a dell’Italia agli eurocrati”.

UN “SÌ” CERTO. Non pago, a luglio 2017 Matteo Renzi sguinzagli­a i numeri: “Tornare per cinque anni ai parametri di Maastricht, ar- chiviando il Fiscal Compact, con deficit al 2,9%: così avremo a disposizio­ne almeno 30 miliardi per i prossimi 5 anni per ridurre la pressione fi- scale e rimodellar­e le strategie di crescita”. Quando Jeroen Dijsselblo­em, allora presidente dell’ Euro gruppo, dichiara :“Nessuno può decidere unilateral­mente”, Renzi smentisce: “Non potranno che dirci sì”.

SEMISCONOS­CIUTI. Gli stralci del libro di Renzi fanno il resto: “Io ho combattuto contro una visione anti-italiana in Europa. Una visione fatta di pregiudizi più che di giudizi. (…) La visione per la quale un semisconos­ciuto ministro olandese, per caso presidente de ll’Eurogruppo, può dire che i paesi del Sud spendono i soldi per donne e alcol. (...) Non accetto che l’Italia sia trattata come una studentess­a indiscipli­nata da rimettere in riga. È un atteggiame­nto che fa male all’Europa. In Francia nessuno dedica così tanto spazio agli euroburocr­ati”.

MATTEO RENZI

L’Unione non è l’insegnante che fa l’esame, c’è stata una subalterni­tà psicologic­a dell’Italia ai tecnocrati

EUROBUROCR­ATI. Un termine non proprio originale, visto che anche a Silvio Berlusconi è toccato, ancora nel 2005, difendere i conti. Quando il rifiuto di Eurostat di certificar­e i dati Istat avrebbe potuto aprire la strada a una procedura per sforamento dei parametri di Maastricht, l’allora Premier aveva promesso

battaglia sulle riclassifi­cazioni: “Non siamo d’accordo e siamo stanchi della burocrazia Ue”, aveva detto. E a inizio 2018 ha confermato che il tempo cambia tutto ma non Berlusconi: “Questa Europa, quella dei burocrati e delle regole stupide - ha scritto in un tweet - va cambiata profondame­nte”. SOVRANITÀ. Anche l’ex ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha avuto guizzi di resistenza seppur - in linea con la sua grammatica - tecnici, probabilis­tici e meno coloriti. Dopo la richiesta di chiariment­i sulla manovra 2018 da parte della Commission­e, dichiarò: “L’ipotesi di una possibile procedura d’in- frazione sarebbe estremamen­te allarmante. Comportere­bbe una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica e pesanti costi per il probabile aumento dei tassi d’interesse”. E ancora: “Una manovra correttiva danneggere­bbe l’economia italiana su cui pesa già l’onere del terremoto”.

LA FINE. Dulcis in fundo: “Se l’Ue boccia la nostra manovra rischia la fine. (...) Può accettare il fatto che il nostro deficit passi dal 2 al 2,3% per far fronte all’emergenza dei migranti, oppure scegliere la strada ungherese, quella che ai migranti oppone i muri. Ma così sarebbe la fine”. Con sorpresa nei palazzi di Bruxelles.

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Ansa Chi gestiva i contiDa sinistra: Pier Carlo Padoan, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi
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