“Vitiello, è come il nostro?” Così è nato il trappolone
L’emendamento-esca per la Lega, il ruolo degli ex e la fronda dei dissidenti 5 Stelle
Un attimo prima che l’emendamento sul peculato venga messo ai voti, un imprecisato deputato della Lega si rivolge al collega del gruppo Misto, Catello Vitiello, primo e unico firmatario della norma che ha fatto andare sotto il governo: “Ma questo è come il nostro?”. “Il vostro era scritto male, io l’ho migliorato”.
Secondo l’onorevole Vitiello – espulso dal Movimento perché iscritto alla massoneria – sarebbe tutto qui, in un estemporaneo botta e risposta sui banchi di Montecitorio, il cuore della “trattativa” che martedì sera ha mandato in frantumi la maggioranza. E che, in estrema sintesi, ha permesso nel segreto dell’urna l’approvazione di una modifica cara alla Lega, che ha un discreto numero di amministratori nei guai per le inchieste sulle spese pazze dei consigli regionali.
CI AVEVANO PROVATOin commissione, i leghisti, a depotenziare il reato per cui è imputato, tra gli altri, il capogruppo del Carroccio a Montecitorio Riccardo Molinari. Ma l’hanno dovuto ritirare appena la notizia è uscita sui giornali. Però, ci ha pensato Vitiello a tornare alla carica, questa volta in Assemblea: “Probabilmente se non lo avessi fatto io non l’avrebbe fatto nessuno – spiega ora – ma sono stato mosso da ragioni puramente tecniche, la politica non c’entra: non ho presentato nessun emendamento soppressivo, e altri scritti da me sono assolutamente davighiani!”.
Pur di non finire nel calderone degli oppositori del governo (“Ho pure votato la fiducia!”), Vitiello scomoda il simbolo di Mani Pulite. E spiega di essersi affidato a un orientamento della Cassazione, secondo il quale talvolta l’uso improprio del denaro pubblico è una questione di abuso d’ufficio e non di peculato.
Eppure immaginare che quei 36 franchi tiratori siano arrivati dal nulla, è un’impresa ardua perfino per i principianti della tattica parlamentare. “È stata un’operazione concordata, e sicuramente là in mezzo ci sono anche voti nostri”, assicurano dai vertici del Movimento. “Ma se i Cinque Stelle nemmeno sapevano che cosa ci fosse scritto!”, sbotta adesso Vitiello.
Nel dubbio, ieri, le perplessità sulla gestione del gruppo grillino sono arrivate fino a Luigi Di Maio: i 25 deputati che sono anche sottosegretari, per dire, non erano stati avvertiti degli emendamenti a rischio e nessuno di loro è stato richiamato in aula, nemmeno quando i numeri hanno iniziato a traballare perfino sui voti palesi. Con emendamenti approvati con 20 voti di margine, ragionano, bisognava subito correre ai ripari.
Invece si è andati avanti alla cieca e quando è arrivato il turno di Vitiello è stata la Lega a intuire al volo che quello era “come il nostro”.
GIURA, VITIELLO, che nulla era stato discusso prima. Eppure a qualche Cinque Stelle, ieri sera, erano arrivati segnali del fatto che si viaggiasse su binari impervi. Per non parlare, raccontano altri colleghi di Parlamento, delle discussioni in cui lo stesso Vitiello, insieme al compagno di gruppo Salvatore Caiata, “segnalava” gli emendamenti su cui la maggioranza poteva andare a rotoli, chiarendo perfino che Lega e Forza Italia avrebbero sicuramente votato a favore. Ora, nessuno ignora che potesse trattarsi di pura deduzione logica. Certo prendiamo atto che a tirare velocemente le conclusioni sono bravissimi anche quelli che gli siedono a fianco.
Lo scivolone di martedì Sotto accusa la gestione del gruppo grillino: non sono stati richiamati i 25 sottosegretari